Vi presentiamo un testo scritto “di pugno” di Chiara Scarselli, che da pochi mesi ha deciso di far parte dell’ecovillaggio in costruzione Torre di mezzo. La semplicità e l’autenticità delle sue riflessioni donano l’opportunità al lettore di calare l’ideale dell’ecovillaggio nella vita reale, nella concretezza dei piccoli cambiamenti e nella profondità di questo tipo di scelta.
“Perché sei venuta a stare qui?” La capo scout bionda mi guarda curiosa da dietro la montatura nera dei suoi occhiali. “Era l’unica cosa che aveva veramente senso fare” le rispondo.
“Qualche giorno fa abbiamo fatto un cerchio con gli scout, venuti a visitare la comunità e l’ecovillaggio in costruzione in cui vivo. Abbiamo condiviso racconti di storie di vite diverse. La giovane ragazza disse che era rimasta colpita dalla mia affermazione. Stamani il cielo è grigio e nella pausa tra un lavoro e l’altro mi fermo e ripenso alla risposta che le ho dato. La risposta è uscita fuori dalla mia pancia. Ma perché le ho risposto così?
Ho avuto bisogno di qualche giorno per capirlo.
La prima cosa che mi è tornata in mente è il mio primo incontro RIVE: alla Comune di Bagnaia, nel 2014.
Si respirava armonia, fiducia nella vita, voglia di crescere e di farlo insieme.
Ho incontrato centinaia di persone diverse, fiere nell’accettarsi e nel sentirsi accettate dall’altro, nel portare la diversità come un dono prezioso.“Hey! Allora non sono pazza, oppure ci sono tanti altri pazzi come me! Evviva!!! Finalmente non sono sola!” pensavo travolta da quelle sensazioni. “Centinaia di folli che credono si possa cambiare, costruire, creare una società, un mondo, basato su principi diversi da quelli della ricchezza economica, del potere, della superficialità e della competizione. Un mondo basato sull’amore, la ricerca, l’armonia, la profondità, la leggerezza, la verità, l’amicizia…”
Dopo anni di partecipazione ai movimenti politici, dagli anarchici italiani agli autonomi transgender berlinesi, incontrare tutto questo è stato un sollievo. In passato mi sentivo fuori posto perché ogni cosa veniva etichettata, perché sentivo di dover indossare una “divisa” per rappresentare l’ideale che portavo nel mondo. E a me le divise non sono mai piaciute. Mi sentivo soffocare dai ritrovi solo per giovani, o solo comunisti, o solo anarchici, o queer, o anti-israele, o solo vegan. Questo modello mi “andava stretto”, mi domandavo a cosa servissero le nostre iniziative se continuavamo “a raccontarcela” fra noi che, tra l’altro, sapevamo già quello che raccontavamo.
Alla RIVE si, ci sono gli “hippie”. Ma ci sono anche lavoratori agricoli, piloti dell’aeronautica, ingegneri, professori, artisti, mamme, panettieri, operai, bambini, artigiani, ricercatori, adolescenti, bagnini, nonne… E tutti si siedono insieme, in cerchio, e si ascoltano. Condividono, ridono e a volte piangono. E piangono le donne e piangono gli uomini.
Già. Ho visto uomini piangere liberamente davanti al cerchio, insieme al cerchio. Mi sono detta che la RIVE è un luogo speciale, che crea le condizioni in cui, finalmente, gli uomini si permettono di calare quella maschera “da duri” che hanno dovuto portare per anni.
Durante il raduno ho ascoltato i racconti dei rappresentanti degli ecovillaggi che fanno parte della RIVE. E mi sono stupita della coscienza profonda, la tolleranza e la compassione che trasparivano dalle loro parole. Percepivo la “strada” che avevano percorso fino a qui e quanto la loro percezione sulla vita fosse amplia e articolata, a prescindere dall’età o la provenienza. Avevo davanti qualcosa di bello e “miracoloso”.
A questo punto so perché ho dato quella risposta alla capo scout. Anche io voglio fare parte di questo movimento. O meglio, anche io come gli ecovillaggi e con loro, voglio provare a cambiare la mia vita e questo mondo. Credo sia possibile vivere in modo differente: lentamente, insieme, rispettando, amando, sentendo, discutendo, faticando, condividendo, sognando, ridendo, cadendo, volando.
Certo, a parole è facile. Poi bisogna fare il salto.
Decidere di lasciare il vecchio modello di vita e lanciarsi senza paracadute nell’ignoto. Scommettere sulla mia scelta, dare fiducia a quella voce che dentro di me da tre anni mi dice che è la strada giusta da percorrere anche se, o proprio perché, non ho le sicurezze di una vita vissuta in un monolocale e con un lavoro a contratto indeterminato.
E scommettere su me stessa, che sarò in grado di portare avanti la mia scelta, di trasformare i miei lati “oscuri” insieme agli altri, di accettare di sbagliare e avere il coraggio di ricominciare.
E adesso? Chiudo gli occhi e vedo la scena di due giorni fa, mentre cammino con una zappa sulla spalla, sulla strada sterrata che da casa porta al paesello di Montecuccoli: è la scelta che ho fatto, vivere dentro di me collegata a quello che ho intorno. Insieme a due “comunarde”, Francesca alla pala e Adriana al piccone, ci siamo prese cura della vita attraverso la cura del territorio intorno a noi, col nostro semplice ripulire le canaline della strada e tappare qualche buca. Niente ci obbliga a farlo e nessuno ce lo impedisce. Lo faccio perché mi sento responsabile di quello che c’è intorno a me. Ne faccio parte, come un unico organismo. E non ho bisogno di lamentarmi col Comune che non ripristina la strada. Lo posso fare io, riappropriandomi dei piccoli gesti quotidiani di cura. Questo già cambia tante cose.
E vivendolo, sono ancora più convinta che l’Ecovillaggio sia l’unica cosa che ha veramente senso fare per me”.
Chiara Scarselli
E per te, lettore, che cosa ha senso fare? In quali azioni senti che stai attuando il cambiamento? Che cosa ha Valore nelle tue attività quotidiane? Che cosa impedisce la creazione di sinergie tra i diversi aspetti della tua vita? Se hai voglia di condividere scrivi a ecovillaggiecohousing_at_gmail.com
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