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Cresce la spesa militare in Italia

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La spesa militare italiana nel 2017 si attesta su 23,3 miliardi (1,4% del PIL), in aumento rispetto al 2016 e soprattutto rispetto all’anno 2006 (+21%). Francesco Vignarca ed Enrico Piovesana hanno presentato “MIL€X 2017” il primo rapporto annuale dell’Osservatorio sulle spese miliari italiane (scaricabile in pdf in fondo all’articolo).
È un vero e proprio boom quello della spesa in armamenti (+10% nel 2017, +85% rispetto al 2006), sempre più a carico del MISE e finanziata con mutui onerosissimi (tassi del 30-40%, 310 milioni di interessi nel 2017). Secondo i dati forniti dall’Osservatorio, aumenta anche la spesa per le missioni militari all’estero: 1,28 miliardi nel 2017 (+7 per cento dall’anno precedente).
Il rapporto è scaricabile in pdf in fondo all’articolo.
«Le discutibili giustificazioni dell’aumento delle spese militari sono la lotta al terrorismo, il contrasto all’immigrazione e alla criminalità – spiegano Vignarca e Piovesana –  Intanto i conflitti del futuro saranno informatici, ma la cyber-difesa italiana è appena agli albori e i pochi finanziamenti, secretati, sono per l’intelligence. I due “scivoli” (a carico dell’erario) previsti dal Libro Bianco per ammortizzare il taglio di personale sono: finta privatizzazione del supporto logistico e creazione di una forza di riserva. Sostanzialmente, in vent’anni sono stati spesi 30 miliardi di euro per migliaia di corazzati (usati in pochissime unità e solo a scopo di marketing) a solo vantaggio dell’industria nazionale (vedi scelta Freccia su programma europeo Boxer)».
Poi ci sono voci come la Forza NEC, il mega-programma da 22 miliardi per la digitalizzazione dell’Esercito, un miliardo solo per la fase di sviluppo (conclusione: 2021). «Budget in aumento (14mld) e dettagli dei nuovi contratti per l’F-35, l’aereo “a sovranità limitata” indigesto per gli industriali e sproporzionato per i militari: le alternative possibili finora “censurate”. E ancora: i dettagli tecnico-economici e i retroscena politici del Programma Navale della Marina da 5,4 miliardi: retorica umanitaria e reticenze per nascondere una seconda portaerei altre sette fregate».
«Una democrazia è in pericolo se non riesce a controllare l’influenza “sia palese che occulta” della macchina industriale e militare di difesa, correndo il rischio di finire con l’esserne controllata – spiegano Vignarca e Piovesana –  Una macchina che, se lasciata operare senza limiti e senza controlli, riesce a far prevalere i suoi interessi (il profitto dei produttori di armamenti e il potere dei vertici militari) su quelli della collettività e a danno della collettività stessa (sovradimensionamento delle spese militari a danno di quelle civili, politiche militariste e interventiste che minacciano la pace, la sicurezza, il benessere e la libertà). La storia insegna come questi interessi siano stati più volte in grado di prevalere spingendo governi, anche democratici, a scatenare guerre inutili quanto catastrofiche per l’umanità, ma infinitamente profittevoli per l’industria bellica (e per il sistema bancario al quale, in ogni guerra, gli Stati sono costretti a fare ricorso).

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