In meno di dieci anni il numero delle fattorie in Europa è diminuito di un quarto. A dirlo è l’ultimo rapporto Eurostat
Agriculture, forestry and fishery statistics pubblicato lo scorso 21 dicembre. Secondo il report, che analizza il fenomeno dal 2005 al 2013, la superficie di terra coltivata è rimasta sostanzialmente stabile ma
sono diminuite le aziende agricole. I risultati sono: la concentrazione della terra in meno fattorie di grandi dimensioni e la
perdita delle piccole e piccolissime imprese agricole, basate sul lavoro famigliare e sulla
diversificazione della produzione.
Il rapporto indica anche come le piccole aziende agricole, sia in termini di superficie che in termini economici, preferiscano scegliere produzioni miste: allevamento di diversi animali, coltivazione di più varietà e allevamento unito alla produzione agricola. Una delle sezioni del rapporto si concentra sull’impatto ambientale dell’agricoltura. Viene sottolineato il rischio per la fertilità e la salubrità dei suoli, dovuto all’uso diffuso di fertilizzanti e pesticidi, soprattutto nelle coltivazioni intensive. L’aumento della produzione e della produttività hanno dominato per lungo tempo l’attività agricola in Europa e adesso il bilancio è negativo.
Una delle possibili soluzioni che in molti cominciano a proporre è quella dell’agroecologia, di cui il rapporto non parla esplicitamente, benché tratti di indicatori che ad essa si avvicinano e che sollecitano la coniugazione tra Politica Agricola Comune e Strategia di Sviluppo Sostenibile europea.
Gli indicatori citati da Eurostat dovranno valutare l’impatto dell’agricoltura sull’ambiente, influenzare decisioni politiche e illustrare le relazioni tra l’agricoltura e l’ambiente a contadini e società civile. Produzione e produttività, quindi, non sono più gli unici principi, acquisiscono sempre più importanza l’equilibrio ecologico e l’uso sostenibile delle risorse naturali. Il rapporto fornisce un’analisi dettagliata ma è solo un punto di partenza per le possibili soluzioni alle problematiche indicate.
Di agroecologia ormai parlano ricerche accademiche e su questo fronte si assiste al moltiplicarsi di iniziative e soggetti che parlano esplicitamente di transizione verso l’agroecologia.
Il nuovo paradigma che coniuga ecologia e agricoltura, infatti, sembrerebbe riuscire a rispondere a molte sfide. In primo luogo rafforza il tessuto produttivo delle piccole imprese agricole, rendendole autonome dall’ingerenza della grande distribuzione; in secondo luogo si basa sul collante della comunità e infine propone nuove tecniche agricole sostenibili e durevoli.
All’inizio del mese di dicembre a Bruxelles, nel cuore dell’Unione Europea, si è svolta una due giorni dedicata alle pratiche e alle politiche agroecologiche: Agroecology in Action. L’iniziativa belga è nata dal lavoro di 15 tra associazioni, ong e sindacati che hanno voluto riunire in un Forum contadini, ricercatori universitari, sindacati, produttori, attivisti e semplici consumatori. Il risultato è stato un manifesto accompagnato dall’elaborazione di proposte concrete per una transizione verso la produzione agroecologica e un cambiamento del sistema alimentare.
Tra le proposte emerse durante il forum, ad attrarre l’attenzione maggiore dei partecipanti è stata quella della creazione di un’assemblea permanente della società civile che abbia funzioni consultive in materia agricola e di politiche alimentari, in grado di fornire pareri al governo. Ha avuto un ruolo centrale negli interventi di Agroecology in Action la necessità di democratizzare il sistema del cibo, in mano a sempre meno soggetti, sempre più forti. Primo sostenitore di questo concetto è stato Olivier De Schutter, già relatore speciale per il diritto al cibo delle Nazioni Unite. Le tante soluzioni che nascono localmente, secondo De Schutter, cercano di dare risposta a quello che le governance globali non sono in grado di modificare nel sistema alimentare e agricolo attuale.
L’appuntamento belga di Agroecology in Action si lega alla recente esperienza del Nyeleni Forum, l’incontro europeo per la sovranità alimentare, che ha avuto luogo in Romania nel mese di ottobre. Il secondo forum internazionale dei movimenti sociali ha visto la nascita di un’alleanza tra produttori, associazioni di consumatori e ricercatori universitari a sostegno della sovranità alimentare. Uno dei pilastri indicati dal movimento di Nyeleni è proprio l’agroecologia, come alternativa a sistemi monopolisti e alla concentrazione terriera e delle sementi.
L’agroecologia rappresenta, infatti, un sistema alternativo completo che coinvolge economia, cultura, politica e società, oltre alla produzione. Come sostenuto dal movimento di Nyeleni e dal forum Agroecology in action alla base dell’agroecologia c’è la necessità di cambiare un sistema nel suo complesso, coinvolgendo tutti i settori della società, non solo quello della produzione agricola. Il sistema, infatti, tiene conto di tanti aspetti: i territori, le comunità, l’ambiente naturale, l’accesso alle risorse, il rapporto con il consumatore e il mercato.
Tornando alla situazione descritta nel report 2016 di Eurostat, le piccole aziende agricole europee sono anche quelle che assumono più lavoratori, spesso appartenenti alla comunità e alla famiglia. La costante sparizione di queste fattorie, quindi, rappresenta un problema sociale per interi territori che vivono di piccole o piccolissime aziende. Non sono solo i movimenti sociali a indicare la strada della transizione; anche il mondo accademico si sta organizzando per inserire l’agroecologia nell’agenda europea dello sviluppo agricolo e del sistema alimentare dell’unione. All’inizio del 2016, infatti, è nata Agroecology Europe, un’associazione che riunisce scienziati e accademici di tutta Europa che si propongono di diffondere le conoscenze e condividere le azioni per la transizione verso un sistema basato sull’agroecologia.
Oltre alle iniziative, ai forum e alle associazioni, l’agroecologia si moltiplica sul terreno, tra gli agricoltori che vogliono uscire da un sistema che li stritola. Sono sempre più numerosi, infatti, i contadini europei che scelgono di essere autonomi nella trasformazione, nella distribuzione e nell’intero ciclo economico della loro azienda. Sono sempre più diffuse le piccole fattorie che diversificano la loro produzione, che non si occupano solo di allevamento, che rinunciano all’uso di pesticidi e fertilizzanti.
Il proliferare di queste realtà e iniziative non corrisponde però a un cambiamento delle politiche, anche se a livello nazionale alcuni paesi si stanno muovendo per chiedere leggi sull’agricoltura contadina. Secondo molti dovremo ancora aspettare per vedere l’agroecologia tra le priorità dell’agenda europea.
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