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Ops!… ero convinto di no… ma se lo dici tu mi fai venire i dubbi
Che umiliazione…Che tristezza…Ti sto deludendo…
Allora non sono normale, sono proprio scemo
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Nessuno è scemo. Cosa vuol dire per te essere “scemo”? Prima di agire, prova a osservare in te cosa ti ha infastidito dell’atteggiamento di tuo figlio tanto da non poterti trattenere e dovergli dire che è scemo (cosa che, siamo certi, non pensi veramente).
“Lo so che non lo hai fatto/detto volontariamente”.
“Che cosa non ti è chiaro? Che cosa non hai capito?”.
“Vuoi che te lo ripeta?” (cerchiamo di mettere in discussione la nostra comunicazione al posto della sua capacità di capire o non capire).
Aiutalo a risolvere invece di giudicarlo.
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2° “Scommettiamo che non ci riesci?”
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Se inizi così proprio tu che dovresti darmi fiducia…
Non credi in me e quindi non valgo nulla, non sono capace…
Se lo dici tu, ti credo, non ci riuscirò
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Perché non dovrebbe riuscirci?
“Riprova ancora… con calma… dai che ce la fai”
“Uhm… secondo te cosa è andato storto? Come potresti fare per riuscirci?”
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Ma stavo giocando! Non è un disastro! Pensavo fosse creatività!
Che vergogna!… che umiliazione! E io che pensavo… e io che ero così felice di provarci!
Non bisogna osare e tentare di fare cose nuove, sbagliare non va bene e fare “disastri” neanche.
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Davvero hai messo al mondo un disastro? Disastro è una bomba nucleare, i bambini in Bolivia che lavorano in miniera, un politico italiano è un disastro, l’inconsapevolezza e l’infantilismo degli adulti possono essere un disastro ma di certo non una scatola di pennarelli caduta a terra, un bicchiere rotto, dell’acqua rovesciata, un disegno, vestiti e capelli sporchi di fango, ecc.
“Come possiamo pulire?”, “come possiamo rimediare?”.
“Ti sei divertito? Adesso vieni e ti dò i vestiti puliti”.
“Quanti sono questi pennarelli! Raccoglili/raccogliamoli tutti”.
“Ti piace rovesciare l’acqua eh?! Sul tavolo non è il massimo, vieni che ti dò una bacinella e dei bicchieri di plastica”.
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4° “Lascia, basta… faccio io che facciamo prima”
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Ops… sono troppo lento…Non sono capace…Gli sto facendo perdere tempo…
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“Prova… riprova… non ti preoccupare… io aspetto” (se non hai tempo trovalo o inizia prima a fare le cose – l’organizzazione e l’anticipo dei tempi sono la prima arma ninja che ogni genitore dovrebbe conoscere). Se invece come spesso accade, capita proprio quando il tempo non è ben organizzato, possiamo garantirti che qualche minuto in più speso per accordarti ai tempi di tuo figlio non comporta un reale ritardo o viene presto recuperato successivamente).
“Mentre riprovi io finisco di far partire la lavatrice, se hai bisogno mi chiami”.
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Davvero?… Non credevo… Ma se lo dici tu… Non sono capace.
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Perché questo pregiudizio? Magari ha solo bisogno del tuo aiuto.
“Secondo te come mai non riesci?”.
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6° “No! Fermo! Non si fa così!… Ma chi ti ha insegnato?!… Dammi qua…. Così si fa no?!”
(con un tono giudicante e infastidito)
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Veramente volevo provare… Stavo per farcela…
Volevo capire… aspetta!… Volevo riprovare…
Va beh… forse bisogna essere più veloci, subito pronti, io proprio non sono capace allora…
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Lascia che il più possibile possa sperimentare da solo. Se vuoi correggerlo perché quello che sta facendo è pericoloso valuta la possibilità di farlo con lui riducendo il pericolo o di mostrargli virtualmente le conseguenze senza paura, sgridate o spaventi.
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I miei tempi (e quindi io) non vanno bene a mamma e papà…
Non vado bene…Non sono efficace… Li deludo = non sono degno di essere amato.
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Fai il possibile per adattarti ai suoi tempi. Soprattutto nel primo ciclo settennale (0-7 anni) dove abbiamo il massimo della sperimentazione. Potrai iniziare successivamente una sorta di svezzamento quando ti accorgerai che inizia a prendere in considerazione i bisogni degli altri.
Se invece bisogna proprio andare e non c’è tempo: “Tesoro dobbiamo proprio andare… lo so che ti dispiace… finisci di legarle in macchina le scarpe… vieni” (se non ti segue, puoi prenderlo in braccio con dolcezza e portarlo con te).
Se ti capita di non avere i tempi allineati con tuo figlio nella quotidianità, ricordati che lui non ha responsabilità e non c’è nessun motivo per sollecitarlo ad affrettare i tempi. Sei tu l’adulto “esperto” di vita che hai bisogno di conoscere i suoi tempi fisiologici e migliorare l’organizzazione famigliare.
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8° “Non riesco a cavar niente di buono da lui”
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Bhè io in me ci credo… in teoria… ma tu la sai più lunga… in teoria… quindi mi devo ricredere… e poi non voglio contraddirti… farò in modo di non deluderti, di confermare quanto dici e di diventare un mediocre.
Ok. Da ora in poi mi autosaboterò per confermarti che hai ragione!
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Se possibile, evita di dire questa frase.
Fai un elenco di tutte le qualità che gli riconosci e concentra la tua attenzione solo su quelle per un po’ di tempo.
Domandati da dove arriva la tua frustrazione (forse temi come genitore di non aver saputo far suonare in armonia le sue corde?) Le sue azioni toccano tue ferite aperte? Forse la tua svalutazione? Forse la tua insicurezza?
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9° “Stavo così bene quando non c’eri… avevo più tempo… Nessuno che mi chiamava ogni secondo…”
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Come per la frase precedente, prova a essere al posto di tuo figlio e domandati come potresti sentirti anche tu.
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Se stai pensando che è inutile metterti nei suoi panni, che non sarebbe la stessa cosa perché in fondo dici queste parole che ogni tanto ti scappano perché davvero se le merita, davvero occupa con insistenza ed egoismo tutto il tuo tempo e senza motivi seri…. Bhè… ti suggeriamo di domandarti innanzitutto qual è la tua frustrazione che si nasconde dietro (forse eccessiva stanchezza, bisogno di staccare o di evadere, delusione perché immaginavi diverso il ruolo di genitore, delusione perché ti credevi un genitore migliore, più paziente e accogliente, ecc.) e di cercare di risolvere quella. In più ti suggeriamo di approfondire attraverso gli altri nostri testi il tema dell’egocentrismo e del soddisfacimento dei bisogni. Potranno aiutarti a gestire meglio la relazione, a capire meglio tuo figlio senza dover toccare livelli limite che ti portano poi a dire frasi di questo tipo a cui magari non credi veramente. Se invece davvero ti sei reso conto che un figlio era meglio non averlo, adesso c’è e non possiamo piangere sul latte versato o delegare a lui la responsabilità del nostro malessere. Affronta il tuo disagio personale senza coinvolgerlo o accusarlo.
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