I sioux hanno vinto: l’oleodotto non si farà
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In questo momento il petrolie viene trasportato via rotaia. L’oleodotto cosi come era stato proposto nel 2014 avrebbe dovuto attraversare il North Dakota, South Dakota, lo Iowa, e poi finire nella citta’ di Patoka, nell’Illinois. Da qui, una ragnatela di altri oleodotti avrebbero dovuto trasportare il petrolio in tutta la nazione. Dicono che l’oleodotto servira’ a decongestionare il trasporto su rotaia ed a renderlo meno pericoloso, e dunque a salvare l’ambiente. Arrivano i costruttori a realizzare questo DAPL – Dakota Access Pipeline. La ditta si chiama proprio come l’oleodotto, Dakota Access ed e’ una filiale della Energy Transfer che gia’ controlla 114mila kilometri di oloeodotti USA. Indovinate con chi fa affare questa Dakota Access e questa Energy Transfer? Con il futuro presidente Trump! Ad ogni modo, la costruzione del DAPL e’ iniziata verso Aprile 2016, dopo essere stata approvata da vari enti degli enti statali interessati, e dopo anche vari espropri di terre di privati. Piu’ o meno siamo ora all’87% del tracciato gia’ completato. Doveva essere tutto finito entro il 1 Gennaio 2017. Ma ci sono di mezzo gli indigeni, gli indiani d’America che protestano da due anni almeno. Non vogliono l’oledotto. Punto. Questo perche’ prendono l’acqua dal fiume Missouri e sono preoccupati di eventuali perdite che potrebbero inquinarla, e poi come detto sopra, perche’ l’oleodotto si snoderebbe fra terre a loro sacre, siti archeologici e cimiteri. Soprattutto, dicono di non essere mai stati interpellati nella progettazione di questo oleodotto. Le proteste si sono intensificate nell’estate del 2016: quando quelli della Dakota Access i intestardiscono e decidono di non voler cedere nemmeno su un particolare tratto dell’oleodotto. E’ un tracciato particolare, sotto il Lake Oahe, particolarmente prezioso ai Sioux e a 800 metri dalla loro riserva. I permessi qui devono essere dati da vari enti. Gia’ a Settembre 2016 l’amministrazione Obama aveva dato il suo no al cosiddetto DAPL. La palla passava appunto a questo Army Corps of Engineers».
Chi sono costoro?
«E’ un corpo fondato circa 200 anni fa per studiare ed approvare a livello centrale strade, canali, ferrovie ed altra infrastruttura di “importanza nazionale” che magari comprendono piu’ stati e che in qualche modo interessano l’approvvigionamento idrico nazionale. Per esempio, quando venne approvato il Clean Water Act, sotto Nixon nei primi anni ’70, questi dell’Army Corps furono incaricati di sorvegliare tutte le infrastrutture idriche nazionali per far si che i controlli all’acqua potabile venissero eseguiti secondo la nuova legge e che i limiti di inquinamento venissero rispettati. L’Army Corps deve dunque dare il suo nulla osta a tutti i progetti che in qualche modo intaccano o hanno la possibilita’ di intaccare la rete e le sorgenti idriche nazionali. E doveva darlo – e l’ha dato – anche per il Dakota Access Pipeline. Le cose pero’ si complicano quando di mezzo ci sono gli indiani d’America, maltrattati da 500 anni. Gli indiani hanno un attaccamento profondo alle loro terre, e in teoria le riserve in cui vivono sono oggi sotto la propria giurisdizione. Sulle riserve per molte cose hanno l’autonomia e possono decidere da se. C’e’ pero’ una imporante considerazione: durante la conquista del west le tribu’ indigene vennero spesso spostate dalle loro terre ancestrali verso altri siti, che oggi sono diventate le riserve indiane. In molti casi queste riserve nulla hanno a che fare con i siti storici. Cimiteri, aree archeologiche e altre zone che gli indiani considerano sacre non sempre (e anzi quasi mai!) sono dentro i confini delle riserve. Semplicemente a suo tempo le riserve vennnero disegnate a tavolino altrove, senza preoccuparsi di metterci dentro l’area X perche’ non ci pensarono o perche’ era impossibile farlo. L’Army Corps riconosce tutto cio’ e quindi ogni volta che devono approvare un progetto nelle vicinanze di siti di indiani d’America sono sotto l’obbligo di fare tutto il possibile per identificare siti archeologici o storici di speciale importanza per le tribu indiane vicino a tali progetti, e soprattuto che gli indiani debbano essere interpellati prima che le loro ex-terre diventino qualsiasi altra cosa. E in questo caso non e’ successo».