Perù: ritorna il progetto della famigerata ‘strada della morte’ promossa da un prete italiano. Insorgono le associazioni indigene.
La strada – che correrà per 270 km nelle aree protette a più alta biodiversità dell’Amazzonia – dovrebbe essere approvata a breve dal Congresso del Perù.
Survival International ha
presentato un’Istanza alle Nazioni Unite, denunciando l’impatto catastrofico che il progetto avrà sugli Indiani incontattati e sollecitando il governo peruviano a porre il veto.
Nell’area vivono 3.000-4.000 persone, di cui circa l’80% sono indigeni. La maggior parte di loro sono contrari alla strada.
“Rifiutiamo categoricamente questa strada. Noi indigeni non avremo benefici, li avranno solo i taglialegna, i minatori, le compagnie petrolifere e i narcotrafficanti” ha detto Emilio Montes, presidente dell’organizzazione indigena FECONAPU, con sede a Puerto Esperanza. “La strada minaccia le vite dei nostri parenti isolati, come i Mashco Piro. Distruggerà i nostri animali e le piante. Dovrebbero rispettare i nostri territori ancestrali. Abbiamo sempre vissuto qui, e i nostri figli devono poter continuare a farlo. Lo sviluppo che serve è un altro, capace di gestire le nostre risorse in modo sostenibile: per vivere bene e per il nostro futuro.”
“Se la strada avrà il via libera, le tribù incontattate saranno distrutte, e il loro presunto ‘sviluppo’ avrà fine, per sempre. Survival ha combattuto per decenni contro l’apertura di strade in questa parte dell’Amazzonia” ha dichiarato il Direttore generale di Survival Stephen Corry. “Chi dovrebbe beneficiarne? Se il Perù ha un minimo di rispetto per i fondamentali diritti umani e per la legge, deve fermare immediatamente questi progetti.”