La beatificazione di Madre Teresa di Calcutta ha fornito l’occasione per la pubblicazione di un bel libro di Gloria Germani, filosofa ed esperta di Oriente. Si tratta di Madre Teresa e Gandhi. L’etica in azione, con una prefazione e uno scritto di Tiziano Terzani (Mimesis, Milano 2016, pp. 262, euro 20). Riportiamo la recensione di Marco Vannini.
La beatificazione di Madre Teresa ha fornito l’occasione per la ripresentazione di un fortunato libro di Gloria Germani, la cui prima comparsa è nel 2000 (Il pensiero di Teresa di Calcutta. Una mistica tra Oriente e Occidente, ed. Paoline, con una nuova edizione riveduta e ampliata nel 2003, e traduzioni in inglese, portoghese, ecc. ). Il tempo trascorso non ha tolto niente al rilievo di quel libro, che si ripropone oggi con una importante prefazione dell’autrice, nella quale si sottolinea come gli avvenimenti di questi ultimi anni abbiano reso drammaticamente evidente la necessità di una svolta etica, nel senso indicato dalla vita e soprattutto dall’esempio di Madre Teresa e di Gandhi. Il messaggio fondamentale del libro è che queste due grandi figure dimostrano che solo la contemplazione, il distacco dalla propria egoità, rendono possibile non solo una carità operante, ma anche e soprattutto una azione davvero positiva, capace anche di esiti politici del più alto livello. Ciò è tanto più rilevante, in quanto il nostro tempo vive prevalentemente il primato individualistico della azione, del successo mondano, dal quale scaturiscono conseguenze negative, sia a livello individuale, sia a livello sociale e politico, finanche planetario.
Come rileva finemente l’autrice, Il mondo moderno vive infatti di un grosso mito, che è quello di essere la civiltà più evoluta – mito costituito da alcune idee di base che, citando Raimon Panikkar, possono essere riassunte così: il tempo è lineare, la storia riveste la massima importanza, l’individualità è l’essenza dell’uomo, la democrazia è un assoluto, la tecnologia è neutrale e la competizione sociale è la legge del progresso. Di conseguenza, ne viene l’idolatria del progresso, nella forma dello sviluppo economico, e, al suo servizio, il primato del pensiero scientifico, pensato ingenuamente come un assoluto. In proposito, ancora Panikkar afferma senza mezzi termini che “il pensiero scientifico è una forma particolare e ristretta di pensiero: la scienza non è neutrale, né universale”. In realtà la polemica del filosofo indo-catalano, condivisa dall’autrice, è contro un tipo di scienza, quella ottocentesca, la cui origine remota viene posta, con un’interpretazione peraltro discutibile, nel pensiero cartesiano e newtoniano, mentre la scienza contemporanea, in particolare la fisica quantistica, avrebbe smentito quel paradigma. È chiaro, comunque, che non si deve cadere neanche nella esaltazione della scienza contemporanea, soggetta come la precedente al divenire storico, non assoluta, bensì anch’essa “portatrice di una particolare cosmologia”, e dunque anch’essa suscettibile di “diventare il cavallo di Troia che destabilizza l’intimo tessuto della cultura in cui penetra, producendo una distruzione simbolica paragonabile a un genocidio culturale” – per usare ancora le parole di Panikkar.
Non è questo il luogo per sviluppare una riflessione e un dibattito che, comunque, l’Autrice ha il merito di porre in primo piano, anche per le sue implicazioni pratiche: pensiamo ad esempio all’impostazione delle nostre scuole ed Università, con tutto quel che ne consegue.
Il pregio maggiore del libro è comunque, a nostro parere, quello di cogliere l’essenza profonda della religione di Madre Teresa, che la accomuna ai grandi mistici d’Occidente e d’ Oriente: quello che chiama, con terminologia indiana, il non-dualismo (advaita), ovvero la profonda unità tra uomo e Dio, tra il particolare e l’universale. Non v’è dubbio che Madre Teresa la abbia riscoperta in India, come era accaduto anche a Henri Le Saux-Abhishiktananda, per cui, paradossalmente, fu in India che essi – la monaca missionaria albanese e il benedettino francese – divennero davvero cristiani. Nella cultura e nella religione dell’Occidente, infatti, la consapevolezza dell’unità del tutto è presente fin dagli inizi, da Eraclito che affermava : “Ascoltando non me ma il Logos, è saggio convenire che tutto è Uno”, fino ad Hegel, per il quale “Il vero è l’intero”, e la mistica lo ha sempre saputo. È vero però che la paura del panteismo, nel senso della perdita della distinzione tra uomo e Dio, tra Dio e mondo, ha sempre fatto prevalere nel cristianesimo un certo dualismo, tanto da rendere sospette alla ortodossia figure di grandi mistici, come Margherita Porete e Meister Eckhart. Molto opportunamente, perciò, l’ ultima parte del libro tratta proprio de “Il pensiero di Madre Teresa e la mistica”, ed è questa la giusta chiave di lettura dell’intera opera.