La politica della consapevolezza
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Arnold e Amy Mindell
Il process work nasce dalla consapevolezza che gli esseri umani hanno bisogno di apprendere nuovi modi per relazionarsi e aiutarsi, non solo nel rapporto uno a uno o in piccoli gruppi, ma anche in gruppi molto ampi. Il process work si serve di saggi (elders) e facilitatori in grado di sfruttare la loro capacità empatica a beneficio di tutte le parti coinvolte in un conflitto, a favore di una comprensione reciproca.
La democrazia ha a che fare con il potere equamente condiviso tra i cittadini, ma di per sé il potere condiviso non ci insegna come rapportarci meglio gli uni con gli altri. La democrazia profonda è un’equa distribuzione del potere in superficie a cui però segue, a un livello più profondo, la capacità di sentire e comprendere l’essenza della parte opposta. Significa sapersi distanziare un po’ dalla nostra mente ordinaria e collegarsi all’universo.
I leader prendono potere quando molti cittadini sentono il bisogno e la speranza di essere protetti; ma poi queste guide perdono la loro consapevolezza, diventano arroganti, spesso correndo e facendo correre ad altri rischi non necessari. Dimenticano come relazionarsi con le persone intorno a loro e con coloro che si oppongono. Diventano abusivi e, nonostante le buone intenzioni iniziali, la maggior parte finisce con il ricreare proprio i meccanismi che cercava di combattere. Questi sono schemi che si ripetono in tutte le culture e in tutti i tempi.
La nostra attuale politica globale è basata prevalentemente sulla contrapposizione di punti di vista diversi. Il senso di questa frase è che non possiamo fermarci a questo. Dobbiamo trovare la forza necessaria non solo per prendere la nostra posizione, ma anche per mettere a frutto la nostra consapevolezza e sentire ciò che è l’altro a un livello più profondo e cosa ha da dirci. Successivamente potremo percepire ciò che ci lega, quanto abbiamo in comune, e infine lasciarci muovere da esso.
Un posto in cui possiamo realmente operare per cambiare il mondo è la scuola. Quando i bambini litigano mentre giocano, invitateli a fare in modo che ognuno comprenda il proprio ruolo e quello delle altre persone coinvolte nel conflitto. Procedete piano e con prudenza, finché i bambini non si capiscono l’un l’altro. Insegnando ai bambini a usare il proprio potere, senza delegarlo e proiettarlo in qualcosa fuori di loro, senza abusarne, comprendendo insieme che ci sono molti modi per affrontare i conflitti, si può influenzare la politica. Più i nostri figli cresceranno consapevoli del loro rango e del loro potere, meno dittatori avremo nel mondo.
Gary Reiss
Ogni conflitto, compreso quello tra palestinesi e israeliani, si può affrontare su molti livelli. Il process work ne identifica tre: la realtà consensuale, la terra del sogno e l’essenza. Nel livello della realtà del consenso possiamo facilitare su argomenti inerenti a fatti concreti, come per esempio le negoziazioni sui temi della terra e dell’acqua. Nel livello del sogno ci concentriamo sulle emozioni e sui ruoli, portando alla luce anche quelli nascosti, che chiamiamo fantasmi. Nel livello dell’essenza cerchiamo di portare i gruppi a fare esperienza dell’essere Uno, seppur nella diversità, con l’obiettivo di riconoscere i valori e i sentimenti comuni.
Se un membro della nostra famiglia è passato attraverso l’olocausto, quel trauma permane nel sistema familiare e ha bisogno di esser elaborato. Se tutti ci prendessimo più cura delle relazioni tra le mura domestiche, quotidianamente, l’energia del conflitto a livello socio-politico non sgorgherebbe così potente. Questo tipo di lavoro sulle relazioni, dal basso, può contrastare l’idea secondo cui una persona da sola non può far nulla per cambiare le cose: ognuno di noi, nell’occuparsi del proprio sistema familiare, contribuisce alla pace nel mondo, anche in Palestina.
Il meccanismo oppresso-oppressore ha la tendenza a ripetersi. Sostenendo ogni paese nella guarigione delle tacite agonie della storia, potremo essere poi capaci di muoverci liberamente verso il futuro. Un paese i cui abitanti si sentono terribilmente in colpa per il loro passato ha una grandissima probabilità di rialzarsi e umiliare qualcun altro. Aiutando le persone ad accogliere gli aspetti dell’esser vittime e dell’essere dittatori e di tutti i sentimenti che ne conseguono, facilitiamo ogni parte a liberarsi dalla storia passata, processandola prima e prendendosene poi la responsabilità, in modo da poter lavorare insieme a una nuova storia, più umana.
Vassiliki Katrivanou
Comprendo che al di là dell’esser nel giusto o nello sbagliato, della differenza di opinioni, esistono dei ruoli, sia nel mio partito che in quello opposto. In questa situazione ciò che conta è creare uno spazio per il dialogo, piuttosto che focalizzarsi solo su chi vincerà. Mi occupo principalmente di diritti umani. Ciò che faccio quotidianamente è connettermi profondamente alle realtà in cui lavoro, così da costruire rapporti di fiducia e ascoltare le voci di tutti.
Ogni volta che posso porto consapevolezza sul tema del potere e dell’uso che ne facciamo. È un compito molto difficile in un ambiente dove ogni programma polarizza il campo in posizioni vincitore/perdente. Così mostro l’abuso di questo meccanismo, sostengo la creazione di nuove forme di relazione piuttosto che riproporre ciò di cui ci lamentiamo. In questo lavoro continuo, è importante non perdere il collegamento dal basso, con i movimenti, per non diventare solo un pezzo della macchina.
In Grecia, dopo il grande movimento di Occupy, molte persone sono nuovamente senza speranza. Manca la fiducia nei politici e c’è tanta rabbia per le condizioni di miseria in cui molti si sono ritrovati a vivere. Più che provare a motivare la gente, possiamo imparare a comprendere la situazione in cui si trovano, costruire una relazione sincera e disinteressata, e forse da lì può nascere un coinvolgimento. Nello spazio che si crea dall’ascolto profondo, le cose accadono.