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Grazie a Ivo rinasce un borgo in Piemonte

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Chasteiran, borgo montano abbandonato e sperduto sulle Alpi Cozie in Piemonte, dal 2008 ha ripreso  a vivere come le campane della chiesa che ogni domenica a mezzogiorno  Ivo Negro  fa suonare come avveniva quando le 13 frazioni del Bourset erano abitate.
Nel  1910-11 vi vivevano circa 630 persone. Fino al 1930, gli abitanti, costruendo con fatica  terrazzamenti  sui pendii della montagna, riuscivano a coltivare  creando una economia abbastanza autosufficiente, poi iniziò il fenomeno dell’abbandono del villaggio culminato con  l’emigrazione negli anni ’60, in cui tutta la popolazione lasciò la borgata per cercare lavoro nelle  fabbriche in pianura.
Sono passati 60 anni da allora e il vallone e le frazioni sono rimaste in stato di totale abbandono fino a quando Ivo ha scelto di tornarvi per ridare vita alla montagna che tanto ama e  con le campane trasmettere alla valle quel senso di appartenenza ai monti scomparso con l’emigrazione.
Aveva 18 anni, quando abitante nei pressi di Torino,  a piedi per il ripido sentiero che da Roure (Torino) nell’alta Val Chisone  si snoda nel Vallone di Bourcet  fino alle pendici del Becco dell’Aquila, raggiunge questo  borgo deserto. Colpito dalla bellezza e dal silenzio del luogo se ne innamora  e acquista una casa di pietra diroccata  bruciata durante la rappresaglia nazifascista nel 1943.  Capace di lavori di edilizia, nel tempo l’ha ricostruita mantenendo la struttura delle case in pietra tipiche di queste valli.
Incline a scelte alternative e controcorrenti,  Ivo qualche anno fa  si trasferisce a Chasteiran per dimostrare  che la vita in questo luogo abbandonato  è ancora possibile, recuperando tutto quel patrimonio di saperi, usanze e antiche tradizioni contadine della vita a Bourcet per oltre settecento anni.  “Desidero  di nuovo  portare la montagna ad essere viva come in passato quando si coltivava e a promuoverne gli eccellenti prodotti. In Piemonte manca questa cultura, ci sono poche esperienze” racconta.
Ora Ivo, con il suo cane e qualche gallina, è  l’unico abitante fisso di questo posto “il custode del borgo”:  deserto d’inverno e ripopolato d’estate. Le sua giornate  trascorrono  seguendo i ritmi della natura e l’alternanza dei periodi di semina e raccolto. Senza energia elettrica, utilizza pannelli fotovoltaici e si scalda e cucina con la stufa a legna. I momenti di solitudine, sopratutto  invernali quando le nevicate  gli impediscono di scendere a valle, sono animati dalle avventure e  dai doni  che la natura e la vita  montana gli portano quasi ogni giorno: “mi è già successo di tutto” racconta” dall’aquila che mi mangia il pollo, all’attraversamento di 40 cervi che passano sugli orti  perché hanno spaccato i fili, al passaggio notturno del lupo. Mi è capitato di trovare una salamandra a gennaio sulla neve”.
Non possiede terra, ma, spiega “affitto  ad un Consorzio che qui gestisce  terreni di privati  altrimenti  lasciati incolti.  In altre zone, infatti, la coltivazione in montagna viene ostacolata dai proprietari di terra; ora si sta valutando una proposta di legge regionale per la nascita di Consorzi che gestiscano le terre affinché siano coltivate. Sarebbe una maturazione culturale-prosegue-  Sarebbe bello vedere tutti questi muretti in pietra rifatti. Sono anni e anni di fatica che noi stiamo buttando via di gente che ha sputato sangue. Terreni non coltivati non serviranno a nessuno, mentre usandoli per pascolo e coltivandoli tornano in vita, acquistano un valore anche economico ma sopratutto producono prodotti sani e buoni”.
Ma di cosa si può vivere a 1560 mt? Nonostante il detto di queste valli “tre mesi d’inverno e sei mesi d’inferno”, grazie al buon microclima di questa zona, Ivo vive coltivando, vendendo i suoi prodotti. Ancora incrementa le entrate  con  lavori di edilizia, ma il suo obiettivo  è diventare autosufficiente e nel tempo aprire un agriturismo. 
Vecchio e nuovo si alternano a Chasteiran.  “Guardo indietro per guardare avanti sperimentando; utilizzo modalità che usavano nel passato- spiega-senza stressare il terreno con antichi attrezzi: ruoto le coltivazioni, non uso pesticidi e così ho  un prodotto ottimale nel rispetto della natura”.  La terra viene arata con un aratro rotatorio tirato da un piccolo motocoltivatore. L’aratro ruota e butta sempre la terra verso monte, poiché la pendenza  dei terreni farebbe scendere giù la terra che andrebbe riportata su. Raccoglie i 140 quintali di patate tutti a mano con il “biciar”, un attrezzo con  due punte utile nel terreno roccioso e buono per non danneggiare le patate. Da poco ha  iniziato a seminare anche  orzo, segale e  grano saraceno. Come un tempo i balconi di Chasteiran, una volta all’anno tornano ad essere  colmi di covoni di grano che asciugano dopo essere stati mietuti a mano.  Una volta trebbiato, però, il grano viene  trasportato a valle per essere macinato non più a spalle lungo gli impervi sentieri come facevano i montanari nel passato (“Qui non esisteva l’asino” racconta Ivo appassionato della storia e  cultura del luogo “ perché  avrebbe mangiato la poca erba destinata alle mucche;  pochi campi venivano coltivati a foraggio”), ma in modo più agevole con l’auto che consente ad Ivo di vendere i suoi prodotti  a mercatini, ristoranti e privati.
Se coltivare in montagna può sembrare più arduo per i terreni in pendenza, il rischio di invasione dei cervi, dei caprioli e talvolta dei camosci, il clima rigido, Ivo ne sottolinea  i vantaggi. “In montagna al contrario della pianura non ci sono problemi di insetti: la ciliegia non ha il verme perché non c’è la mosca, la fragola si sviluppa molto bene, diventa carnosa, non è necessario usare antimuffa. E’ tutto naturale, non devi inventarti niente di più di ciò che ti chiede la natura: buttare giù il seme, dargli una zappata e lasciare che cresca”.
I prodotti hanno qualità eccezionali, le patate di Ivo, che vende giù in valle o attraverso un sito internet, sono diventate famose come “patate del Burcet”. Ne coltiva otto varietà:  dalla patata classica del passato “La Piatlina”, a quella viola  “Vitellot” con  ottime caratteristiche organolettiche;  e poi quelle commerciali “La Spunta”, “l’Agria” “Penelope” e  una patata a buccia rossa e pasta gialla.
Accanto alle patate la coltivazione di circa 4500 piantine di fragole rifiorenti,  che quest’anno hanno dato frutti dolcissimi fino a metà novembre.
Sempre nell’ottica di unire il vecchio ed il nuovo e diventare autosufficiente, ora sta preparando coltivazioni  innovative:  un topinambur, piccoli frutti quali lamponi, mirtilli, una mora e dei ciliegi, alcune piante officinali quali genepy ed iperico. Produce già alcuni liquori e marmellate di lamponi.
Da una settimana Ivo ha iniziato anche a fare una filiera con un panificio per produrre il pane con le patate già bollite e pelate che lui stesso gli  consegna.  Un tipo di pane anche come simbolo di una tradizione di montagna, riprendendo una ricetta del passato in cui il pane veniva fatto mettendo il 30% di patate,  più facilmente coltivabili del grano.
Il desiderio di far conoscere il passato lo ha portato infine ad un progetto di recupero della storia del sentiero che porta a Bourcet con la realizzazione di un cd del documentario “La scelta di Ivo” andato in onda su RaiTre nella trasmissione Geo&Geo a dicembre 2015. La vendita servirà  “a creare una cartellonistica lungo il tragitto nei luoghi delle pose dove ci si fermava a riposare quando si scendeva in paese o si saliva in borgata carichi di materiale. Per fare questo coinvolgerà una signora di 85 anni nativa dei luoghi che ha percorso il sentiero molte volte”.
Ivo ha anche un sito www.patatedimontagna.it nonché un profilo facebook.

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