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Parti ipermedicalizzati e violenti: #bastatacere

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La campagna sui social che invitava le donne a denunciare l’assistenza impropria, eccessivamente invasiva e ipermedicalizzata durante il parto è sfociata in una proposta di legge che propone l’introduzione del reato di violenza ostetrica.
Il parto, momento della nascita, evento intenso e che permette alla donna di esprimere la propria forza, può diventare violento e drammatico se l’assistenza e la struttura “remano contro” e non rispettano la donna stessa. 
Contro questo stato di cose è iniziata una mobilitazione, partita con una campagna social basata sull’hashtag #bastatacere, che invitava le madri a raccontare le loro esperienze di abuso e mancanza di rispetto nell’assistenza alla nascita, ma che ora ha portato anche alla presentazione di una proposta di legge ad hoc in Parlamento. Tutto promosso dalle mamme battagliere di Human Rights in Childbirth in Italy, insieme a decine di altre associazioni, che in realtà proseguono una serie di iniziative che vanno avanti addirittura dal 1972, anno della prima campagna “Basta Tacere” e che ora hanno anche costituito un Osservatorio sulla violenza ostetrica (OvoItalia).
Se la campagna ha prodotto oltre 1.100 storie, con quasi 22mila like sui social, per la norma scritta dal deputato Adriano Zaccagnini (Sinistra Italiana), col titolo “Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico”, la strada verso l’approvazione è ancora molto lunga. Proprio il promotore ha lanciato un appello alla maggioranza parlamentare e alla Ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, a “prendere in considerazione” la proposta, come “primo passo per responsabilizzare il personale medico e rafforzare le linee guida dell’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) sul parto fisiologico”. 
La proposta di legge ha già suscitato (guarda caso!) una levata di scudi da parte delle associazioni di ginecologi e anestesisti, anche se è stato lo stesso Zaccagnini a precisare che il progetto di legge non può “essere inteso come un attacco alla categoria medica, in quanto la protezione dei diritti fondamentali della donna e del bambino sono requisiti imprescindibili per erogare una cura rispettosa e di qualità, anche nell’interesse del personale sanitario coinvolto”.
Il disegno di legge prevede l’introduzione del reato di «violenza ostetrica», che è basato su una dichiarazione dell’OMS del 2014, in cui si evidenziano tutta una serie di trattamenti inadeguati che le donne possono subire durante il ricovero per il parto: si va dall’abuso fisico diretto a quello verbale, dalle procedure mediche senza consenso (che possono includere perfino la sterilizzazione) alla mancanza di riservatezza, dal rifiuto di offrire una terapia adeguata per il dolore fino alla “detenzione delle donne e dei loro bambini nelle strutture dopo la nascita, connessa all’impossibilità di pagare”.
Il testo promuove il parto naturale, possibilmente anche al domicilio della donna, cerca di limitare il taglio cesareo, che secondo Zaccagnini ha in Italia “statistiche allarmanti e fuori dagli standard europei”, causate dagli incentivi economici a questo tipo di intervento, che andrebbero quindi eliminati. 
La legge parla poi del divieto di donazione del sangue del cordone ombelicale prima che questo venga trasfuso al neonato, visto che anche su questo secondo i promotori si agisce con troppa disinvoltura e con criteri di “business”; si chiede poi a regioni e Asl di intervenire nel settore, migliorando i servizi di assistenza al parto, e si sancisce una serie di responsabilità a carico del personale sanitario (medico, ostetrica e struttura) in caso di inappropriata assistenza durante il travaglio e il parto, che sia quindi “negligente, imprudente, imperita e lesiva dei diritti fondamentali”.

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