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Italiani al voto per fermare le trivelle

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Il 17 aprile urne aperte per il referendum che potrebbe mettere la parola fine all’estrazione petrolifera nei mari italiani entro le 12 miglia dalla costa. Perché questo accada, occorre votare sì.
Italiani al voto il 17 aprile per l’unico quesito sopravvissuto dei sei iniziali in merito alle trivellazioni per le estrazioni di combustibili fossili nel nostro Paese.
Il Governo ha evitato il cosiddetto “election day” (l’accorpamento del voto referendario con le prossime elezioni amministrative), chiesto da associazioni e comitati, che avrebbe fatto risparmiare alle casse dello Stato oltre 300 milioni di euro.
Il coordinamento nazionale No Triv ha stigmatizzato la scelta definendola “un boicottaggio, il tentativo evidente di scoraggiare la partecipazione degli elettori” e ora tutto si gioca sul quorum. Affinché il voto referendario sia valido devono andare a votare almeno 26 milioni di italiani, ma il tempo per la campagna elettorale è stato ed è veramente ridotto.
Nelle ultime settimane si è comunque alzata forte e chiara la voce degli ambientalisti e del coordinamento No Triv: “L’appello è che tutti si rechino alle urne e votino Sì, in modo da abrogare la norma che consentirebbe di sfruttare i giacimenti praticamente sine die”, ovvero senza un termine prestabilito, spiega Enzo di Salvatore, costituzionalista e co-fondatore del coordinamento nazionale No Triv. “È l’occasione per mettere la parola fine alle estrazioni petrolifere entro le 12 miglia marine che invece, se rimanesse in vigore la normativa varata dal Governo, non scadrebbero mai. Se si abroga la norma votando Sì, si mandano in scadenza secondo i termini originari le autorizzazioni già concesse. Resta questo il risultato da ottenere, dopo che si è già ottenuto che di nuove non se ne concedano più”.

Comitati, associazioni e sindacati uniti

“Il voto del 17 aprile” proseguono al coordinamento No Triv “è attualmente l’unico strumento di cui possono disporre i movimenti che lottano da anni per i beni comuni e la tutela dell’ambiente per dire la propria sulla strategia energetica nazionale, che da Monti a Renzi resta l’emblema dell’offesa ai territori, alle loro prerogative, alla stessa Costituzione italiana. Lo sanno bene le centinaia di comitati e di associazioni che lottano contro le piattaforme a mare, così come contro il Tap (Gasdotto trans adriatico), il progetto che prevede la realizzazione di centinaia di chilometri di tubi delle reti del gas da posizionare su faglie sismiche, e infine contro centrali e pozzi di stoccaggio che provocano sismicità indotta”.
“Che il referendum sia l’unica occasione per indirizzare le scelte dello Stato lo sanno anche i produttori ortofrutticoli, gli allevatori, così come le reti per l’opzione Combustione zero, rifiuti zero” continua il coordinamento. “Se alle centinaia di associazioni a carattere nazionale si sono aggiunti i comitati No Tav della Val di Susa, così come il Forum nazionale per l’acqua pubblica, la Confederazione Cobas e la Fiom non è certo in virtù di una squallida operazione di sommatoria aritmetica delle piccole convenienze locali. Questo referendum rappresenta la porta stretta attraverso cui solo uno potrà passare: o vinceranno la furbizia e il gioco sporco che il governo Renzi sta conducendo in nome del TTIP (Trattato transatlanticosul commercio e gli investimenti), delle multinazionali, delle lobby degli inceneritori e di quelle finanziarie, o vinceranno le ragioni di chi chiede diritti, dignità, rispetto dei territori e della salute, l’affermazione del valore d’uso del territorio attraverso l’esercizio dei diritti diffuso, decentrato, diretto e dal basso, da parte di chi insomma vorrebbe più democrazia”.
“Prima del via libera al referendum era arrivata una pioggia di richieste di permessi di estrazione da parte delle compagnie: dopo, molte hanno abbandonato il campo. Adesso è un fatto che il Governo abbia dovuto emanare un apposito decreto per azzerare il permesso che era stato concesso in Adriatico, ‘Ombrina mare due’, per Rockhopper, una delle più discusse e controverse concessioni a mare, che nonostante ripetute mobilitazioni di massa, ricorsi e leggi regionali, sembrava ineluttabilmente in fase di avvio operativo. Stessa sorte per il permesso chiesto dalla compagnia Petroceltic di fronte alle Isole Tremiti; e per il permesso della Appennine Energy nello Ionio, dove inoltre la Shell ora abbandona i giacimenti nel golfo di Taranto”. “In pochi mesi il processo messo in atto dalla strategia referendaria ha consentito di ottenere un vero e proprio capovolgimento dell’impianto centralizzatore e decisionista del famigerato Sblocca Italia” conclude No Triv. “Ora non ci resta che raggiungere il quorum e far vincere i Sì”.

IL QUESITO SU CUI APPORRE IL PROPRIO SÌ

Eccolo il quesito che sarà impresso sulla scheda il 17 aprile:
Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituto dal comma 239 dell’art.1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile al giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale?”.

VOTA SÌ: scarica gratuitamente il rapporto di Greenpeace Trivelle fuorilegge.

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