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Resistenza agli antibiotici: nuovi limiti per gli allevamenti?

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Se l’antibiotico non funziona più è colpa soprattutto dell’uso smodato che se ne fa negli allevamenti in via preventiva. La discussione approva al Parlamento europeo. Ce la faremo a limitare l’uso degli antibiotici?
Emergenza antibiotici significa anzitutto emergenza superbatteri resistenti.
Nei primi giorni di questa settimana, da oggi lunedì 7 a giovedì 10 marzo, il Parlamento europeo ha in programma una discussione sull’antibiotico-resistenza, fenomeno che sta destando l’allarme delle istituzioni sanitarie mondiali. Sotto i riflettori l’abuso perpetrato negli allevamenti animali, che mette a rischio la nostra salute: durante la sessione plenaria gli eurodeputati discuteranno una proposta legislativa sugli antimicrobici che dovrebbe limitare proprio l’uso di antibiotici nel settore agricolo.
Gli scienziati di tutto il mondo sembrano concordi: per combattere la crescente resistenza di batteri quali la salmonella e il campylobacter agli antibiotici attuali, l’uso dei farmaci antimicrobici esistenti dovrebbe essere limitato, mentre si dovrebbero sviluppare farmaci di nuova generazione.
Nelle votazione di giovedì sulla proposta di modifica della legge UE in materia di medicinali ad uso veterinario, i deputati probabilmente chiederanno di vietare il trattamento antibiotico collettivo e preventivo degli animali e di prendere misure per stimolare la ricerca di farmaci di nuova generazione.
Il progetto di risoluzione prevede che i medicinali veterinari non devono in nessun caso servire a migliorare le prestazioni o a compensare pratiche di allevamento inadeguate e prevede una limitazione dell’uso profilattico degli antibiotici – quando i farmaci vengono usati come misura preventiva, senza segni clinici di infezione – che deve essere limitato e attuato solo quando è giustificato da un veterinario. La nuova legge autorizza inoltre la Commissione europea a stabilire quali antimicrobici devono essere riservati esclusivamente al trattamento umano.
Gli obiettivi sono dunque diversi e vanno dall’aumento della disponibilità dei farmaci veterinari, al miglioramento del mercato interno, alla necessità di affrontare il rischio sanitario che deriva dalla resistenza agli antimicrobici.
Questo giro di vite sarebbe auspicato anche dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (CEPCM). In un recente comunicato l’istituto ha infatti spiegato che i batteri negli esseri umani, nel cibo e negli animali continuano a mostrare resistenza agli antimicrobici più diffusi. Gli scienziati affermano che la resistenza alla ciprofloxacina, un antimicrobico importante per il trattamento delle infezioni umane, è molto alta nel campylobacter, riducendo così le opzioni per il trattamento efficace delle gravi infezioni alimentari. Anche i batteri di salmonella, resistenti a diversi farmaci, continuano a proliferare in tutta Europa. L’ultimo allarme in ordine di tempo su questi temi è stato lanciato proprio dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) insieme al Centro europeo di prevenzione delle malattie e sottolinea come in Europa continui ad aumentare la resistenza agli antimicrobici da parte di alcuni batteri presenti nell’uomo, negli animali e nei cibi. Il rischio, sempre più concreto, è che appunto non si riescano a curare le infezioni alimentari gravi come la campilobatteriosi o la salmonellosi. Si stima che ogni anno nell’Unione europea le infezioni causate da batteri antimicrobico-resistenti provochino circa 25 mila decessi.

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