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Equo solidale, la legge passa alla Camera

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La Camera dei deputati ha approvato -con 282 voti favorevoli e 4 contrari- la proposta di legge “Disposizioni per la promozione e la disciplina del commercio equo e solidale”, il cui iter era iniziato nel maggio del 2014.
Si tratta di un provvedimento importante, che riunisce alcuni testi presentati da diversi parlamentari (i cui primi firmatari sono rispettivamente Realacci, Rubinato, Baretta e Da Villa).
Dopo una decina di leggi regionali -la prima è quella toscana del 2005- un corpo di diciassette articoli definisce il fair trade e ne disciplina la presenza nell’ordinamento nazionale.

«Per commercio equo e solidale -spiega il documento redatto dal Servizio studi della Camera- si intende un rapporto commerciale con un produttore in forza di un accordo di commercio equo e solidale basato sul dialogo, sulla trasparenza, sul rispetto e la solidarietà, che è finalizzato all’equità nelle relazioni commerciali. Per accordo di commercio equo e solidale si intende un accordo di lunga durata stipulato con un produttore allo scopo di consentire, accompagnare e migliorare l’accesso al mercato di quest’ultimo, che preveda alcune specifiche caratteristiche, in particolare il pagamento di un prezzo equo, misure a carico del committente per il graduale miglioramento della qualità della produzione e in favore dello sviluppo della comunità locale, il progressivo miglioramento dei livelli di impatto ambientale della produzione, l’obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure e di remunerare in maniera adeguata i lavoratori e di rispettare i diritti sindacali».

«Il dibattito parlamentare costituisce innanzitutto un grande riconoscimento del lavoro fatto in questi anni dal movimento del commercio equo» spiega Alessandro Franceschini, presidente di Equo Garantito, l’associazione di categoria che raccoglie le organizzazioni di commercio equo e solidale italiane. «Intendo quella forma di economia che è grande strumento di cooperazione internazionale. C’è stato consenso unanime su questo. In secondo luogo, la legge ha dei contenuti importanti. Tre gli aspetti principali: il primo è la definizione precisa di ciò che è commercio equo e solidale, con l’accento sul ruolo delle organizzazioni che lo promuovono. Il secondo aspetto è la tutela: nei confronti del movimento, nel contrasto agli abusi, nel rispetto del consumatore. Il terzo aspetto è la promozione: la legge mette infatti a disposizione risorse ingenti -fino un milione di euro per il primo anno- per sostenere a tutti i livelli il fair trade».

La legge è stata scritta in collaborazione con Equo Garantito, «e per questo ci sentiamo molto rappresentati -continua Franceschini-. l’iter parlamentare è stato rispettoso delle prerogative, e il documento su cui si basa la legge è la Carta dei criteri, la nostra Costituzione. Infine c’è il riconoscimento della filiera integrale: chi fa commercio equo dev’essere un’organizzazione che lo fa in prevalenza, senza fine di lucro».

Ora il provvedimento passa al Senato: ”Siamo molto soddisfatti: quando la legge sarà approvata definitivamente sarà uno strumento per fare in modo che il Commercio Equo e Solidale non sia più solo un’avanguardia ma sappia coinvolgere sempre più consumatori».

«Definendo all’Art. 5 gli “Enti di promozione delle filiere e dei prodotti del commercio equo e solidale“, laproposta di legge approvata alla Camera, a differenza di altre leggi regionali, riconosce finalmente ilruolo del commercio equo certificato, che opera in Italia e in Europa da oltre vent’anni» commenta Fair Trade.
«Il marchio di certificazione è infatti lo strumento che garantisce al consumatore che tutti gli attori della catena di produzione, trasformazione e commercializzazione abbiano rispettato standard stabiliti per contrastare losquilibrio di potere nelle relazioni commerciali, regolare leinstabilità dei mercatie superare leingiustizie del commercio tradizionale. Secondo i dati 2014, il commercio equo certificato genera vendite al consumo per un valore di 5,9 miliardi di euro a livello mondiale, contribuendo a migliorare le condizioni di vita dioltre 1,5 milioni di produttori in Asia, Africa e America Latina».
«Il commercio equo certificato gioca la difficile partita di affermare i valori di trasparenza, sostenibilità, affidabilità e rispetto per l’uomo e per l’ambiente spesso sul medesimo terreno e negli stessi luoghi che sono il tempio dei grandi attori del sistema agroindustriale mondiale”, afferma Giuseppe di Francesco, presidente di Fairtrade Italia.
«In questo confronto con  le 10 grandi società multinazionali che, secondo un rapporto di Oxfam del 2014, attraverso i loro 500 marchi controllano buona parte del cibo che mangiamo, giocano da alleati i licenziatari dei marchi (che la Legge identifica al comma 2 dell’Art. 6). Ovvero aziende responsabili che, nel rispetto degli standard di certificazione e sotto il controllo degli organismi di certificazione, importano, trasformano e mettono in commercio caffè, cioccolato, zucchero, garantendocondizioni eque ai produttori. Ma il principale alleato è il consumatore– conclude Di Francesco –che, riconoscendo il marchio, può con fiducia scegliere un prodotto certificato del commercio equo nei luoghi in cui abitualmente va a fare la spesa.  Scegliendo con la testa e votando con il portafoglio si puòorientare il mercato in modo positivo».

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