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La crisi penalizza anche le medicine non convenzionali

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La crisi economica non risparmia la salute e i pazienti tagliano su ciò che non viene erogato dal servizio sanitario nazionale. La voce delle Società scientifiche delle medicine non convenzionali.
Secondo i dati Istat, in 14 anni si è dimezzato il ricorso alle medicine non convenzionali in Italia, dal 15,8% del 2000 all’8,2% del 2013 e l’uso dei rimedi omeopatici scende dal 7% al 4,1%. A tentare di inquadrare il fenomeno e di dargli una interpretazione è stata la tavola rotonda promossa dall’ associazione per la Medicina centrata sulla persona, che ha messo a confronto i vertici delle principali società scientifiche del settore e condensato quanto emerso in uno studio pubblicato su Advanced Therapies. La dottoressa Antonella Ronchi, presidente di Fiamo (Federazione italiana associazioni e medici omeopati), ha chiarito come, a causa della crisi economica, ci sia in generale una contrazione per tutte le richieste di prestazioni sanitarie, mentre la dottoressa Adele Alma Rodriguez, presidente di Luimo (Libera università internazionale di medicina omeopatica Samuel Hahnemann) ha sottolineato anche numeri in netta controtendenza rispetto a quanto segnalato da Istat: «I dati delle aziende come numero di confezioni vendute vedono un aumento che, dal 2000 al 2013, sfiora il 35%. Strano… Verrebbe da pensare che si bypassano i medici e si usano comunque i prodotti». A vedere nella crisi economica una delle cause primarie del calo di richiesta è anche Simonetta Bernardini, presidente di Siomi (Società italiana di omeopatia e medicina integrata): «In Italia le medicine non convenzionali sono a carico della popolazione sia per le visite (con l’eccezione della Toscana che ha oltre 80 ambulatori nel servizio sanitario regionale) che per l’acquisto dei medicinali». Ma non mancano altri fattori che probabilmente hanno giocato un ruolo. «Prevale ancora il discredito da parte della comunità scientifica verso le medicine non convenzionali» spiega il dottor Cesare Santi, presidente di Amiot (Associazione medica italiana di omotossicologia). «Inoltre il medico, specialista o ospedaliero, non ha preparazione e conoscenza adeguata e non offre una risposta obiettiva e chiara al paziente che ne fa richiesta. Spesso, poi, la scelta di affiancare una terapia non convenzionale (da parte del paziente) a una terapia allopatica prescritta in ambito ospedaliero o specialistico riceve una forte obiezione da parte dei sanitari. I pazienti sono messi dal sanitario davanti alla scelta: o con me o senza di me. Questo li pone in un grave stato di disagio e senso di abbandono. E sono ancora troppo diffuse opinioni e conoscenze distorte delle medicine non convenzionali, per cui passano messaggi che le definiscono come “pericolose”, “con effetti tossici”, “incompatibili con altre medicine”, “inutili”».
I curatori della tavola rotonda Mariateresa Tassinari, Mauro Alivia, Luca Poma e Paolo Roberti di Sarsina sottolineano l’urgenza di fare chiarezza nel dibattito: «Occorre riportare al centro la persona, protagonista principale di ogni percorso di cura, con i suoi bisogni, le sue necessità e con la sua inscindibile unità psichica, fisica e spirituale. Basta con le guerre di “religione”, basta con gli scontri tra “accademie” che perdono tempo a delegittimarsi. Non è più tempo di ragionare per estremi per intimidire o manipolare l’opinione pubblica. Critiche come “curarsi con l’acqua fresca” non sono di nessuna utilità al cittadino. La medicina centrata sulla persona non può prescindere dal riconoscimento della complessità e dal rispetto per l’autodeterminazione. È tempo che si vada verso il giusto riconoscimento e inquadramento delle medicine non convenzionali».

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