Non tagliate sanità e istruzione!
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Secondo Sbilanciamoci non si tratta di una vera manovra espansiva, così come la presentano dai rappresentanti del governo . E’ previsto un deficit obiettivo nel 2016 pari al 2,2%, del PIL, a fronte del 2,6% dello scorso anno e un avanzo primario del 4,3 nel 2019, che rischierebbe di strangolare l’economia del paese. Allo stesso tempo controllo e riqualificazione della spesa pubblica restano sulla carta e costringono il Governo a spendere i margini recuperati sui saldi per neutralizzare unicamente per quest’anno – le clausole di salvaguardia, anziché per rilanciare il sistema.
Tra gli altri punti critici il fatto che l’attenzione resta concentrata sull’offerta anziché alla domanda e che si prosegua sulla strada delle privatizzazioni e della svendita del patrimonio pubblico. Pochi soldi per il Mezzogiorno, salvo i milioni destinati alle grandi opere come la Salerno-Reggio Calabria.
Inoltre “Si taglia il Servizio Sanitario Nazionale di 2 miliardi rispetto a quanto concordato con le Regioni e sebbene vi siano alcune misure di lotta alla povertà, si tratta di stanziamenti limitati e frammentati, per i Fondi Sociali le risorse sono insufficienti, mentre manca una misura strutturale di sostegno al reddito. Manca l’annunciato stanziamento aggiuntivo di 100 milioni per il Servizio Civile Nazionale per il 2016. Ciò mentre si tagliano la Tasi, l’Imu agricola e sui macchinari imbullonati con un mancato gettito complessivo stimato in 4,6 miliardi di euro. A livello dei Ministeri la spending review privilegia il Ministero per l’istruzione (-220 milioni nel 2016) e quello per l’economia (- 116 milioni) mentre risibile è il taglio al bilancio del Ministero per la Difesa (-19 milioni) e dell’Interno (-27,1 milioni)”.
Ma Sbilanciamoci! ha presentato anche una serie di controproposte per il 2016. Eccole nell’elenco:
Ridurre le diseguaglianze: con politiche di redistribuzione del reddito e del lavoro.
Una buona spesa pubblica. Riqualificando e riorientando la spesa pubblica, tagliando quella sbagliata: quella militare, per le grandi opere, gli investimenti che distruggono l’ambiente, i sussidi all’istruzione e alla sanità privata.
Un nuovo modello economico e sociale sostenibile: per rilanciare l’economia e l’occupazione, il benessere delle persone e la salvaguardia dell’ambiente sono il punto di partenza.
Rendere il fisco più equo: non aumentare, ma redistribuire il prelievo fiscale dai poveri ai ricchi, dai redditi da lavoro e di impresa ai patrimoni e alle rendite.
Investimenti pubblici in economia per un piano del lavoro: con 5 miliardi si possono creare per 250mila posti di lavoro aggiuntivi.
Welfare: No ai tagli alla sanità; incremento del fondo sociale e del fondo per le non autosufficienze fino a 600 milioni; introdurre una forma di sostegno al reddito strutturale la cui copertura sarebbe garantita dalla riforma fiscale; portare gli stanziamenti per il servizio civile nazionale a 302,5 milioni per garantire l’avvio del servizio ad almeno 55mila giovani; chiudere i Cie e i Cara (-500 milioni) e destinare le risorse risparmiate al sistema di accoglienza ordinario e agli interventi di inclusione sociale.
Istruzione: Tagliare i fondi per le scuole private e per l’ora di religione, aumentare i fondi per l’autonomia scolastica, per gli stages e per i progetti scuola- lavoro.
Università: Avviare un piano straordinario per l’assunzione di 10mila ricercatori; no al contributo di 50 euro per il rilascio del visto per studenti stranieri, aumentare le risorse per il fondo borse di studio.
Ambiente: tagliare di 1 miliardo i finanziamenti per le grandi opere a vantaggio di piccole opere e di un piano nazionale della mobilità che privilegi il trasporto pubblico locale e stanziare 500 milioni per interventi di tutela del territorio; investire davvero nella lotta ai cambiamenti climatici grazie allo sviluppo delle energie rinnovabili, all’introduzione della carbon tax e di una tassa automobilistica sulle emissioni Co2; tutelare la biodiversità destinando risorse adeguate agli interventi nelle aree protette e adeguando i canoni di concessione per attività estrattive.