Domenica 31 gennaio 2016 approda nella splendida cornice di Cascina Roccafranca a Torino la quinta edizione di “Una babele di semi”, l’iniziativa organizzata dall’associazione Asci Piemonte per promuovere lo scambio di semi autoprodotti e le tecniche di coltivazione dell’agricoltura contadina.
L’appuntamento sarà a Cascina Roccafranca a Torino (
la locandina è scaricabile dall’allegato nei formati Jpg e Pdf) il 31 gennaio 016: una intera giornata dedicata allo scambio di semi autoprodotti, marze, bulbi, paste madri e soprattutto saperi antichi, quelli propri di un’agricoltura contadina che si va perdendo. L’iniziativa è organizzata dall’associazione
Asci Piemonte che da cinque anni a questa parte ha investito tempo ed energie in questo progetto di recupero e valorizzazione della biodiversità agricola. E questa edizione avrà una sua “vocazione” particolare, sarà dedicata al recupero delle varietà antiche di soia, per proseguire in un percorso di riscoperta dei cereali e delle leguminose legati alle tradizioni.
«Dedicheremo la giornata allo scambio dei semi ma sarà anche un momento di festa e di approfondimento» spiega Luca Ferrero, presidente di Asci Piemonte. «Ci saranno infatti due momenti laboratoriali; il primo di carattere tecnico che ha l’obiettivo di valutare come riprodurre i semi di soia, il secondo gastronomico, durante il quale si cucinerà, verranno illustrate ricette particolari e si assaggerà quanto cucinato» prosegue Ferrero, che spiega anche la ragione per la quale questa edizione è dedicata proprio alla soia.
«La scelta deriva dal fatto che la soia oggi rappresenta una sorta di ombra nell’agricoltura italiana; è difficile trovare cultivar di soia antichi e fruibili, benché questa leguminosa sia molto usata soprattutto per l’alimentazione animale. Le varietà che si utilizzano oggi hanno forti punti di criticità, tra cui quello di contenere elevate quantità di fattori anti-nutrizionali. Questo impone alla filiera convenzionale, che di solito è agroindustriale, di sottoporre la soia a trattamenti termici per abbatterli. Tali procedure sono difficoltose per chi porta avanti l’agricoltura contadina e punta all’autoproduzione e all’autogestione. Ecco perché abbiamo cercato varietà con basse quantità di fattori anti-nutrizionale. Le piccole quantità recuperate sono quattro, una francese e tre tipi di soia avuti attraverso l’Università di Udine. I contatti sono stati possibili grazie al fatto che facciamo parte della Rete Semi Rurali». Asci ha quindi recuperato quattro piccole quantità di questi cultivar, ha cominciato a seminarle valutandone resa e fruibilità. «Abbiamo seminato in maniera naturale e coltivato con metodo biologico, in una delle parcelle seminate abbiamo usato la trazione animale – prosegue Ferrero – poi abbiamo seguito la crescita delle piantine e l’11 ottobre abbiamo raccolto tutto con una piccola mietitrebbia parcellare».
Asci giungerà dunque al 31 gennaio pronta per dare il via a un progetto che si intitolerà “Dal grano alla soia” che darà continuità a un percorso iniziato 3 anni or sono dedicato al recupero di vecchi cultivar. «La soia rappresenta un’ottima soluzione per la rotazione con il grano e la sfida è arrivare ad utilizzare questa soia, non ogm e dai valori nutrizionali qualitativamente ottimali, per l’alimentazione animale e umana. Non dimentichiamo infatti che se in Italia è vietato coltivare ogm, non è però vietato importarne sotto forma di mangimi per il bestiame». Stante l’esperienza portata a termine con le piccole quantità seminate e raccolte in via sperimentale, ora Asci partirà con altre venti parcelle di terreno in Piemonte. «Vogliamo costruire un percorso strutturato, tracciabile e che ci possa consentire valutazioni utili su come poi eventualmente ampliare le coltivazioni fornendo informazioni adeguate a tutti coloro che si mostreranno interessati».
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