Tratto dall’usanza di molte popolazioni nel corso della storia, in particolare dalle tribù native americane, il cerchio è la forma che spesso assume una comunità di ecovillaggio, o una gruppo di persone che decide di condividere un percorso sulla base dell’uguglianza tra individui. Il terminee uguaglianza non è inteso come un appiattimento generale dove si ignorano le specificità e le caratteristiche dei singoli individui ma un principio di condivisione del potere grazie al quale tutti i membri del gruppo sono chiamati a partecipare.
Passare da una società gerarchica ed individualista ad una società basata sul cerchio è un passo che richiede anni di prove e sperimentazione, prima di riuscire a svolgerlo nel modo più efficace e limpido. Non solo richiede un grande sforzo di ascolto, fuori dalla il-logica del “botta e risposta”, ma anche una chiarezza del pensiero e della propria volontà. Nel cerchio non si portano gli interessi personali ma si aiuta l’interesse collettivo ad emergere. Come racconta Mario Cecchi, uno dei primi membri del popolo degli Elfi, dell’Appennino pistoiese, fondatore della comunità di Avalon: “Il cerchio è il simbolo di una società orizzontale dove non vi è un capo e le decisioni sono prese per consenso. Tutti sono equidistanti dal centro, dove risiede il potere, l’invisibile, il Grande Spirito, il Grande Mistero. Ognuno attraverso l’espressione di sé è un tramite dell’energia; ognuno è tenuto a parlare col cuore, con amore e con gratitudine verso i propri fratelli e sorelle, per il divino che è n noi e intorno a noi, per l’opportunità che ci stiamo dando di essere qui, in cerchio, in condivisione, per tutti gli esseri viventi e non: il popolo delle piante, degli animali, il popolo alato e delle pietre”. Va da sé che ogni decisione presa è il tentativo di equilibrare la presenza umanae le sue esigenze con le diverse creature che abitano la Terra, anche se a volte è difficile capire quali sono i soggetti che direttamente o indirettamente verranno “colpiti” dalle decisioni della comunità. Per questo, nel Metodo del Consenso, originario delle comunità quacchere ma utilizzato in molti ecovillaggi italiani e stranieri, sono previsti dei ruoli da assegnare a rotazione a membri del gruppo. Per esempio, il guardiano degli esseri viventi, o il rappresentante di chi non può parlare (per esempio i bambini piccoli che non potrebbero effettuare un intervento) con il prezioso compito di incanalare pensieri non legati necessariamente al proprio vissuto, approcciare con sensibilità alle tematiche proposte e parlare per coloro che non sono presenti ma che possono essere colpiti dalle decisioni prese. Con questo atteggiamento, l’ottica della comunità si allarga, riuscendo a limitare interventi personalistici e anime che tendono a prevalere per il proprio rango all’interno del gruppo o contenere personalità particolarmente invadenti. In un certo senso, riconduce all’umiltà e sposta la formulazione dei nostri pensieri da un piano puramente egocentrico.
Ogni cosa ha il suo cerchio
In tanti o in pochi, è sempre consigliabile definire le finalità di un cerchio. Perchè siamo qui? Trattiamo argomenti legati alla sfera dei sentimenti o più inerenti all’organizzazione e ad argomenti tecnici? Partire sapendo già di cosa si parlerà, è una delle regole d’oro per un gruppo. Se non abbiamo nessuna informazione o non riflettiamo prima di parlare, non possiamo aspettarci grandi risultati dal confronto. L’informazione è il mezzo attraverso il quale ogni persona può essere libera di partecipare, ognuno ha la responsabilità di informarsi e prepararsi al Cerchio. Mescolare emozioni con tecnicismi, prendere decisioni strutturali insieme a chi non aderisce pienamente alla vita di comunità, fare un cerchio per ogni cosa, sono situazioni da evitare. Creano confusione e destabilizzano il gruppo.
Mario Cecchi
Il ruolo delle emozioni
Nel 90% dei casi, quando non si riesce a prendere una decisione o si decide senza rispettare l’impegno, c’è un blocco nel gruppo a livello emotivo. Per questo, molte delle comunità più “anziane” consigliano di alternare riunioni emozionali a riunioni tecniche, perché se l’energia vitale comincia a spingere nel senso opposto, non c’è tecnica che tenga, il sistema rischia di arenarsi. “Se diamo il consenso non convinti, a causa di un’insicurezza, la stanchezza, o un’involontaria pressione del gruppo, non riusciremo mai mettere l’energia che serve per realizzare quella cosa” racconta Mario Cecchi “Mentre, quando esiste una buona condivisione a livello emotivo, si crea senso di appartenenza e fiducia, dove il sentire collettivo è più importante del sapere individuale. La magia del cerchio emozionale fa sì che chi partecipa si senta tutt’uno con gli altri, rispettato, riconosciuto, amato, onorato. Questa sensazione rallegra il cuore e nutre lo spirito della persona e del gruppo,stiamo bene, siamo pieni di gratitudine e affetto”.
Avalon
L’esperienza di Avalon
Ad Avalon, sono stati individuati tre Cerchi principali, senza togliere la libertà di ognuno di ritrovarsi in cerchi ristretti per risolvere un problema pratico o relativo alla propria mansione o al progetto che si vuole sviluppare nei sottogruppi di interesse.
Al Cerchio di Casa partecipano tutti coloro che hanno ricevuto il consenso unanime della comunità residente alla richiesta di diventare pienamente membro, abbiano vissuto sei mesi continuativamente ad Avalon e che prevedano di rimanervi per almeno un anno.
Al Cerchio degli anziani, può partecipare chiunque senta di poter sostenere il ruolo dell’anziano e che gli sia riconosciuto questo talento dalla comunità. Non è importante l’età ma l’esperienza; è un ruolo mosso dallo spirito di servizio e non ha potere decisionale. Il Cerchio degli anziani è una sentinella, è una madre che abbraccia il figlio quando ha bisogno di affetto, è un padre che concilia le parti; è un custode della memoria e un celebratore che ricorda e realizza cerimonie per tutti gli eventi importanti per la storia della comunità.
Il Cerchio Generale “è composto da tutte le le persone presenti in quel momento al villaggio” spiega Mario “Non è un cerchio decisionale ma aiuta a favorire le buone relazioni. E’ un approfondimento e una forma di conoscenza reciproca, equamente condivisa, e un mezzo importante per i membri del Cerchio di casa e degli Anziani per raccogliere critiche, apprezzamenti da chi è meno coinvolto di noi in questo progetto e per non cristallizzarci nei nostri comportamenti abitudinari o dogmatici”.
In questo senso, la separazione in Cerchi non divide ma crea spazi per diversi tipi di condivisione, a più livelli: crea proprio le condizioni per una gestione condivisa del potere in base al proprio livello di coinvolgimento in quel momento, in quel progetto. É una situazione destinata continuamente a cambiare che fotografa il momento attuale. Diventa uno spazio di informazioni preziose che creano la base, un collante autentico per la vita sociale della comunità. É anche lo spazio, al contrario, per capire se quella comunità può essere ciò che vogliamo, se questo stile di vita ci corrisponde. Non siamo obbligati a vivere in una comunità; nessuno è obbligato a stare in un luogo in cui è costretto a seguire regole o decisioni che non gli appartengono. É un luogo dove si attiva una profonda conoscenza di sé, stimolata dall’onere e l’onore di prendere decisioni e di confrontarsi con le informazioni che ci arrivano dall’esterno: “Non si può essere completamente aperti” continua sorridendo Mario, che è una delle persone più aperte che ho conosciuto in tutta la mia vita “dobbiamo fare i conti con i limiti strutturali e contestuali oltre che con gli obiettivi della comunità. Uno dei nostri detti preferiti è meglio sbagliare tutti insieme che avere ragione da soli: è capitato spesso in trent’anni che accogliessimo persone molto diverse da noi. Sono state lo stesso ascoltate e fatto cerchi appositi perché volevano vivere con noi. Ma quando, all’ennesimo cerchio, la persona continuava a difendere ad oltranza la propria posizione in contrasto con il resto del gruppo, è stato naturale chiedere che cosa volesse fare in una comunità con questa tua energia di prevaricazione. Cerca una comunità che ti sia affine, come la desideri, se questa per te è sbagliata. Nel tempo la comunità di Avalon ha appreso che la separazione, nel contesto del cerchio può essere, si, un dolore, una sconfitta, una ferita ma ha visto anche che è una spinta per crescere, aiuta a vedere noi stessi e ci spinge allargare i limiti. É fare di ogni esperienza un dono positivo, in cui possiamo allenare la capacità razionale e la profondità del cuore insieme, per scegliere saggiamente che cosa fare, che cosa dire”.
Foto di Luigi Cuccu e Francesca Guidotti