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OGM: l’Italia chiede il divieto di coltivazione

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L’Italia ha formalizzato all’Unione Europea la richiesta di divieto sul territorio nazionale di coltivazioni OGM. In Europa sono al momento 15 gli Stati che hanno assunto questa posizione.
Il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali rende noto che il ministro Maurizio Martina, di concerto con il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti e il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, ha inviato alla Commissione europea le richieste di esclusione di tutto il territorio italiano dalla coltivazione di tutti gli OGM autorizzati a livello europeo. Le richieste sono fatte in attuazione della nuova Direttiva europea 2015/412 dell’11 marzo 2015, che consente agli Stati membri di vietare al proprio interno la coltivazione degli organismi geneticamente modificati.
La richiesta del Governo italiano «è arrivata a Bruxelles», ha confermato Enrico Brivio, portavoce della Commissione europea, secondo cui «i Paesi che hanno presentato questo tipo di richiesta sono al momento quindici». I quindici Paesi che hanno richiesto di escludere il proprio territorio o parte del proprio territorio, dalla coltivazione degli ogm già autorizzati o con una domanda pendente, oltre all’Italia sono: Austria, Belgio (per la regione Vallonia), Bulgaria, Cipro, Croazia, Francia, Grecia, Germania (ad eccezione degli usi per la ricerca), Gran Bretagna, Lettonia, Lituania, Olanda, Polonia, Ungheria.   La lista dei 15 viene comunicata alle aziende produttrici, che hanno un mese per reagire. Per avvalersi di questa opzione della procedura, che richiede l’assenso dei produttori degli ogm, c’è tempo fino al 3 ottobre. Il termine è dunque scaduto, ma sarà sempre possibile esercitare l’opt out fornendo alla Commissione europea una serie di motivazioni di prevalente interesse generale (ragioni legate per esempio a obiettivi di politica ambientale o agricola, pianificazione urbanistica o regionale, utilizzo del terreno, impatto socio-economico, utilizzo dei terreni o politica pubblica). Le motivazioni di carattere ambientale o di rischi per la salute rimangono una competenza dell’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare.

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