“La tierra es de quien la trabaja” (la terra è di chi la lavora), lo rivendicava Emiliano Zapata e con lui i contadini messicani che agli inizi del ‘900 si videro espropriare le proprie terre dall’oligarchia del Paese. Era il Messico, nel 1911. È la prima frase che viene in mente leggendo della Cooperativa Agricola Co.r.ag.gio. di Roma.
Ancora di terra si tratta. Ancora di coraggio. Lo spiega bene Giacomo Lepri, uno dei quindici ragazzi del direttivo. «Ci chiamiamo così perchè ci vuole coraggio per iniziare una battaglia per la terra pubblica, soprattutto in una città come Roma. Oggi ci vuole coraggio solo a pensare di avere delle terre libere e accessibili sulle quali lavorare». Molti ragazzi della cooperativa, tutti di età compresa tra i 28 e i 38 anni, hanno competenze rurali, c’è invece chi ha studiato architettura e, senza un lavoro, ha deciso di reinventarsi una professione e di imparare a coltivare la terra. La cooperativa ha deciso di muoversi su due binari per far sentire la propria voce: da prima, nel 2011, con una vertenza per rivendicare le terre pubbliche e successivamente, nel settembre 2013 a Borghetto San Carlo, una delle aree del Comune di Roma, con una petizione per coinvolgere il maggior numero di cittadini.
Borghetto San Carlo è diventato un po’ il simbolo di chi vuole riprendersi le terre pubbliche con una rivendicazione che sta unendo chi desidera fare agricoltura e i cittadini che si accorgono della bellezza degli spazi verdi. E qui il verde abbonda visto che Borghetto è un potenziale parco agricolo inserito nei 15.000 ettari verdi del Parco di Veio.
Come si legge dal sito
www.coop-coraggio.it, la Cooperativa si è preoccupata prima di tutto di informare i residenti ai quali, carta canta, veniva negato un bene comune: 22 ettari di terreno erano infatti stati ceduti al Comune nel 2010 dal costruttore
Massimo Mezzaroma, che avrebbe dovuto ristrutturare entro marzo il casale del ‘900 che lì campeggia, in fase di degrado avanzato.
«In questi anni abbiamo fatto manifestazioni, presidi, sit-in con grande appoggio e solidarietà dei sindacati, di alcune Onlus e della società civile. In tre settimane abbiamo raccolto 11.000 firme ai banchetti e sul web” dice Giacomo. Alla fine sia il Comune che la Regione hanno risposto e nel febbraio del 2014 è uscito il primo bando regionale per l’accesso a 300 ettari di terra. Nonostante l’insoddisfazione per l’esigua quantità di terreno messo a disposizione per il bando (la Regione Lazio ne conta in totale ben 42.000 di ettari) un primo passo è fatto. Nel 2014 è il Comune ad emettere un nuovo bando su oltre 100 ettari di terra, la Cooperativa Co.r.ag.gio. partecipa e vince. Il dialogo e i rapporti con la Regione Lazio sono tuttora congelati, ma l’obiettivo della Cooperativa è di raggiungere in futuro una legge quadro che regolamenti l’utilizzo delle terre pubbliche e sostenga i piccoli agricoltori e quelli senza terra. «Siamo soddisfatti del bando comunale perchè è stato pulito e senza imbrogli – dice Giacomo – non è stata, tuttavia, una passeggiata visto che c’è chi ha provato a rallentare il processo di selezione ma la giunta ha creato una condizione intelligente».
L’agricoltura può essere un mestiere e secondo Giacomo risolverebbe in parte il problema della disoccupazione in Italia visto che un numero sempre maggiore di laureati, nelle più svariate discipline, si sta rivolgendo a questo mondo. Per i ragazzi della Cooperativa Co.r.ag.gio, però, non è solo una questione di lavoro: «Quando si parla di agricoltura bisogna pensare anche a dove la si fa e come la si fa. Per noi dev’essere multifunzionale, questo vuol dire non solo porre attenzione a tutta la filiera, dalla coltivazione al prodotto finito, ma anche pensare all’agricoltura come infrastruttura urbana». E per chi ancora fosse convinto che il mondo rurale appartenga al passato, la Cooperativa Co.r.ag.gio. risponde con workshop, seminari e corsi di tutti i tipi: da come costruire un forno in terra cruda a come aprire un’impresa agricola. «E’ difficile trovare un unico ente che ti spieghi dalla A alla Z come fare ad iniziare una tua attività in questo settore – spiega Giacomo – è per questo che i nostri corsi hanno così successo. A quelli più lunghi, della durata di tre anni, hanno partecipato oltre 100 persone». Non mancano i partner aziendali dove fare pratica una volta conclusa la fase formativa. L’impresa Cobragor di Roma Nord è una di queste. «Tanti di noi del direttivo si sono formati in quel posto, io ho iniziato lì come bracciante agricolo». Cobragor è un’azienda amica, una di quelle che hanno sostenuto la Cooperativa sin dagli inizi, sarà anche per la storia comune visto che anche Cobragor negli anni ’70 ha gridato quel motto zapatista occupando la terra e facendosela propria. E nell’anno in cui va più di moda un altro motto, “Nutrire il pianeta energia per la vita”, Giacomo spiega cosa pensa di Expo: «Non è nulla di più di una grande fiera paracommerciale. Gli organizzatori hanno sbagliato slogan, avrebbero dovuto scrivere: “Expo, come si mangia nelle diverse culture”. Comunque ci siamo stati anche noi a fare un giro e abbiamo partecipato a diversi incontri sull’agricoltura. Che dire, non corrisponde a quello che abbiamo in testa».
Per il futuro ci vuole ancora coraggio perchè il prossimo progetto della Cooperativa è la costruzione di un pozzo: «Se tutto va bene, taglieremo il nastro ad aprile 2016».
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