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Frutta tropicale: il prezzo dei lavoratori sfruttati

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Una campagna internazionale chiede di rendere più equa la filiera della frutta tropicale e attraverso una raccolta firme da portare all’Unione Europea promuove il rispetto dei diritti umani dei contadini che lavorano nelle piantagioni, gli unici a pagare il prezzo della frutta che mangiamo ogni giorno
“Ti piacciono banane, ananas e mango, vero? Ma forse non sai che i lavoratori che li coltivano vivono in condizioni indegne, pagati pochissimo per orari disumani e in condizioni di lavoro che spesso minacciano la loro salute”. Inizia con parole così incisive la petizione a sostegno della campagna internazionale Make Fruit Fair per chiedere all’Unione europea una filiera più equa ( Puoi firmare QUI).
Si tratta di una istanza che coinvolge 15 partner europei e 4 partner di paesi del Sud con cui si denuncia appunto la precaria situazione dei lavoratori nelle piantagioni di frutta tropicale.
La raccolta firma è indirizzata a Elzbieta Bienkowska, Commissario europeo per il mercato interno dell’Ue, che all’inizio del 2016 dovrà decidere se proporre o meno regole più forti per contrastare le pratiche di commercio non eque all’interno della catena di distribuzione. La stessa Commissione le definisce “pratiche che deviano esageratamente dalla buona condotta commerciale, che sono contrarie alla buona fede e a giusti rapporti commerciali e che sono imposte in maniera unilaterale da un partner commerciale sugli altri”.
Make Fruit Fair chiede quindi di modificare questa situazione, intervenendo “con leggi più forti e stringenti che mettano fine alle pratiche di commercio ingiuste e umilianti. Permetta ai piccoli produttori, ai lavoratori e a tutti i consumatori europei, di commercializzare in modo equo”.
In particolare, la campagna insiste perché venga riconosciuto un prezzo equo per i produttori di frutta tropicale, che questa frutta sia prodotta senza violare diritti umani, pagando degnamente i lavoratori e senza danneggiare la loro salute e l’ambiente.
Il commercio internazionale di ananas, arance, avocado e mango si sta rapidamente espandendo e ad oggi le banane sono i frutti più commercializzati a livello mondiale. “Le multinazionali della distribuzione e l’industria alimentare  – si legge nel testo destinato all’Unione Europea – abusano del loro enorme potere di acquisto spremendo i fornitori per tenere i costi estremamente bassi e scaricando tutti i rischi sui partner commerciali più deboli. Avendo a che fare con queste pratiche di commercio ingiuste, i fornitori e gli agricoltori, europei e non, sono spesso ricattati e agiscono in un clima di intimidazione, con scarse possibilità di contrattazione con i compratori, che decidono unilateralmente prezzi e condizioni commerciali”.
Il mercato europeo è infatti dominato da una manciata di grandi catene alimentari che agiscono singolarmente come intermediari tra i consumatori e i produttori di tutto il mondo che vogliono vendere sul mercato europeo. In tale contesto i cittadini-consumatori hanno una limitata possibilità di scelta su dove comprare il cibo in Europa e questa situazione di monopolio dei supermercati garantisce una pressione a livello dei prezzi che inevitabilmente si ripercuote sui contadini, anello debole della catena.
Gli agricoltori delle piantagioni di frutta tropicale infatti, trovandosi alla base del ciclo produttivo, pagano il prezzo dello sfruttamento ricevendo salari molto bassi.
La campagna Make Fruit Fair esorta quindi i cittadini europei al consumo di prodotti che rispettino i diritti umani, chiedendo ai vertici dell’Unione Europea di assicurare condizioni di lavoro dignitose. Ciascuno può fare la propria parte sottoscrivendo la petizione, le firme raccolte saranno portate all’attenzione del Commissario europeo Bienkowska all’inizio di novembre.

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