In Umbria nella tenuta dell’azienda agricola Kebio di Piero Musini si pratica l’agricoltura yogica, un metodo non solo biologico e naturale ma anche energetico- consapevole.
«Quando una lente viene messa tra il sole e un pezzo di carta- dice lo stesso Piero Musini– l’energia che passa attraverso la lente si moltiplica e genera talmente tanto calore che la carta si incendia. Similmente, attraverso un processo di auto-consapevolezza, il contadino può aiutare gli elementi a prendere energia dalla Fonte universale di energia e questo, essendo un processo consapevole, porta ad una serie di benefici che rende quel prodotto molto speciale».
Il pensiero, dunque, può influire sulla materia, i terreni, le sementi. E un’esperienza condotta in India ha mostrato gli effetti della meditazione sui rendimenti agricoli.
«La storia dell’agricoltura yogica inizia a Kolhapur, a 300 km da Bombay, in uno dei centri di raja yoga dell’Università Spirituale della Brahma Kumaris – spiega Piero Musini – Manisha cura il giardino, probabilmente parla alle piante, direbbero coloro della comunità di Findhorn in Scozia. Consiglia regolarmente agli agricoltori che prendono parte ai corsi di meditazione organizzati dal centro, di coltivare i loro campi utilizzando “il potere di Dio”. Perchè Manisha è convinta che ciò che lei fa nel suo giardino di fiori, gli agricoltori potrebbero anche farlo nei loro campi con i loro raccolti. Desta interesse pure in un’amica, moglie di uno degli agricoltori che frequentano il centro di meditazione. Quest’ultimo non è molto entusiasta. Però la moglie insiste e Bahasahib accetta di lasciarle un appezzamento di terreno, il più arido e roccioso. Alcuni mesi dopo, al momento del monsone, degli alberelli vengono danneggiati dagli insetti, l’agricoltore si appronta ad annaffiarli coll’insetticida, però ne parla prima con Manisha, la quale gli chiede di aspettare due o tre giorni. La sera stessa, si reca nei campi con un gruppo di yogi: meditano vicino alle piante per una mezz’ora, seduti su dei teloni per proteggersi dal fango (poiche è piena stagione delle piogge). Quell’anno, Bahasahib ottiene il rendimento migliore su questo appezzamento con la canna da zucchero, lasciando stupefatti gli agricoltori suoi vicini e lo stesso Bahasahib. Così lui diviene il primo agricoltore indiano a condurre su tutte le sue terre quest’esperienza dell’agricoltura yogica ossia Yogic Kheti».
I principi dell’agricoltura yogica
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I semi sono posti durante una decina di giorni nella sala di meditazione di un centro di raja yoga.
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Delle meditazioni quotidiane in gruppo sono organizzate per caricare la stanza di energia spirituale.
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Delle visualizzazioni dei setti colori della luce associati ai 7 attributi spirituali caricano l’atmosfera e le sementi: pace, unità, armonia, fratellanza, integrità, trasparenza, determinazione – esistono varianti.
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I contadini meditano durante qualche minuto prima delle semine, facendo una specie d’offerta alla divinità e allo stesso tempo alla terra, per armonizzare le energie della natura. Utilizzano a quel punto il colore rosso, simbolo di forza e di responsabilità.
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Tutti i giovedì si recano sul campo per svolgere una meditazione speciale. Ogni elemento della natura è identificato con un colore: il blu per l’etere, il cielo, il giallo per il fuoco; l’arancione per l’acqua, il rosso per la terra. Questa meditazione rinforza un elemento della materia in caso venisse a mancare l’energia.
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Riservano un’ora al giorno per inviare delle vibrazioni spirituali verso i loro campi, in modo particolare 15 minuti all’aurora e 15 minuti al crepuscolo.
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In caso di malattia delle colture, meditano sulle piante contaminate visualizzando la loro guarigione.
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Bandiere simboleggianti la pratica yogica sono disposte ad ogni angolo dei campi.
7000 agricoltori hanno scelto l’agricoltura yogica
«La Brahma Kumaris anima, da alcuni anni, diverse attività per il mondo rurale (70% della popolazione dell’India), per educare i contadini, aiutarli a liberarsi dalle dipendenze del tabacco o dell’alcool, contrarie alle loro tradizioni – continua Musini – Incorraggiati dall’esperienza di Bahasahib, l’istituzione chiese a Manisha, insieme ad agricoltori ed ad ingenieri agronomi che praticano la meditazione, di definire insieme quali sarebbero i principi dell’agricoltura yogica. Una campagna si svolse in parecchi stati dell’India per invitare i contadini a tentare l’esperienza: il Maharastra dove nacque l’idea, il Gujarat dove la Brahma Kumaris è molto presente, il Penjab e l’Haryana, piu’ al Nord, i due granai del paese. L’obiettivo è di favorire l’agricoltura biologica, e di liberare i contadini dalla loro dipendenza dai pesticidi nonchè dagli OGM ed altre sementi ibride, integrando la pratica della meditazione diretta sulle sementi, e ciò durante tutta la durata dei lavori dei campi».
«Oggi, 7000 fermieri indiani hanno adottato questa pratica fuori norma. Essa è oggetto di un studio scientifico su cinque anni presso due Università agronome del paese. Diversi Europei che praticanno la meditazione hanno anche iniziato questa avventura».