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Giochi magici nel bosco

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Servono: un gruppo di bambini allegri e curiosi; adulti in quantità con la voglia di sorridere e un bel bosco dove correre e giocare. Tre proposte di giochi macigi nel bosco: «Noi eravamo alberi», «Più lenti della lumaca», «Riscoprire il silenzio».

Noi eravamo alberi

Quante braccia servono per abbracciare un albero?

Possiamo scoprirlo insieme cingendolo in un cerchio di braccia. Se poggiamo un orecchio contro il tronco, probabilmente noi adulti non sentiremo nulla; ma un bambino forse sì e potrà dirci cosa ha «sentito» e comunicarci il messaggio dell’albero.
Possiamo fare il gioco degli alberi: capire un po’ cosa significa vivere fissi in un posto per tutta la vita. In piedi, meglio se scalzi, immaginiamo che sotto i piedi le radici si prolunghino nel sottosuolo. Là sotto, sono tutte intrecciate le une alle altre, forse è così che la comunità vegetale comunica al suo interno… possiamo sollevare un po’ le braccia per capire cosa significa contrastare la forza di gravità e quale possanza deve avere un ramo di uercia per mantenersi dritto, parallelo al suolo. Possiamo chiudere gli occhi e oscillare sul posto, appena appena, comprendendo l’importanza di mantenersi flessibili ma saldi.

Più lenti della lumaca

Un altro gioco divertente è la camminata lenta. Si tratta di muoversi come se si fosse al rallentatore: un passo deve impiegare almeno 4 secondi. Un piede non si stacca da terra finché il peso del corpo non si è spostato sull’altro. Niente di più facile che farlo scalzi: così lentamente che non c’è pericolo di poggiare il piede con tutto il peso su qualcosa che possa farci male. Tutto questo per un bambino può essere un gioco che, mentre insegna l’equilibrio e la pazienza, permette di inoltrarci nel sottobosco senza disturbare gli animali selvatici, che in questo modo potremmo ritrovare proprio davanti ai nostri occhi.

Riscoprire il silenzio

Stando immobili per qualche minuto, possiamo insegnare al bambino un altro gioco interessante: quello di rimanere in silenzio e di far «galleggiare» lo sguardo senza fissare nulla in particolare, come se guardassimo un punto molto lontano all’altezza degli occhi. Si chiama «vista periferica» e permette di fare scoperte interessanti. Nel momento in cui smettiamo di muoverci, il bosco, che sembrava un ambiente immobile, si anima; nel momento in cui stiamo in silenzio, la quiete si riempie di suoni leggeri. Possiamo cogliere ogni minimo movimento alla periferia del nostro campo visivo; ogni fruscio. Una foglia che cade, il volo di un minuscolo insetto, il silenzioso muoversi di una serpe o di una lucertola fra le radici ne risultano amplificati e la vita del bosco si svela in tutti i suoi segreti.

Articolo tratto dal mensile Terra Nuova… scopri di più.

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