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Martedì 14 luglio, Francia-Grecia: oggi come allora

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Anche nel 1789 il 14 luglio cadde di martedì. Quel giorno la Bastiglia fu presa dai rivoluzionari. Oggi, invece, la Storia, che quando vuole sa essere spietatamente ironica, inverte definitivamente le parti: quel piccolo vagito di orgoglio democratico, udito in Grecia due domeniche fa, è stato irreversibilmente soffocato.
*Andrea Strozzi è autore di “Vivere basso, pensare alto” (Terra Nuova Edizioni), conduce il blog llht.org e tiene un blog anche su Il Fatto Quotidiano.
Avevo erroneamente previsto che in Grecia, al referendum sulle proposte della Troika, avrebbero vinto i SI, adducendo come motivazione questo video tratto dalla versione cinematografica di 1984, il visionario romanzo di George Orwell che consiglio a tutti di studiare (attenzione: ho detto “studiare”, non semplicemente “leggere”). Non mi ero tuttavia mai illuso che (a) la Grecia potesse uscire dall’Unione Monetaria e che (b) la dittatura eurocratica avrebbe ceduto di un solo micron nelle sue pretese. Oggi i fatti mi stanno purtroppo dando ragione: a cedere è stato infatti il premier greco, ennesima vittima sacrificale immolata sull’altare di un Potere di cui pochi di voi – ne sono ahimè certo – conoscono l’immane pervasività.
Quindici anni a stretto e quotidiano contatto con chi fa del denaro la propria unica ragione di vita lasciano il segno. E insegnano tante cose.
Non mi interessa qui disquisire con l’ennesimo articolo sui risvolti economici e sociali della moneta unica del progetto europeista su essa fondato. Considero da sempre l’Euro una prigione progettata e realizzata senza serratura da una ristretta cerchia di oligarchi al servizio del Capitale, col solo scopo di accentrare nelle mani di pochi esecutori il controllo sul potere finanziario globale. Il dibattito sul grado di decentramento decisionale è questione vecchiotta, che risale già a Socrate e Platone, i quali per primi argomentarono come, non essendo il popolo dotato delle virtù necessarie all’autogoverno, fosse imprescindibile affidare a una ristretta schiera di saggi (o di “esperti”, come direbbe Ivan Illich) la facoltà di decidere per tutti. Da questa posizione dei filosofi classici al triumvirato composto da BCE, Commissione Europea e FMI, il passo è breve.
A titolo di cronaca, ricordo che in Grecia esiste una norma costituzionale risalente al 1967 che consente agli armatori navali di non pagare le tasse sui profitti generati all’estero. Grazie a questa legge, tra il 2000 e il 2010 sono stati trasferiti all’estero utili per 140 miliardi di euro (pari al 43% del debito greco), senza che un solo euro venisse girato all’erario. Tsipras aveva anche minacciato una patrimoniale in tal senso, ma i miliardari oligarchi hanno placidamente risposto che, in quel caso, avrebbero portato all’estero le loro attività, lasciando a piedi 250 mila lavoratori greci. E’ chiaro o no chi impugna il coltello per il manico e chi per la lama? Lo ripete a sfinimento lo stesso Zygmunt Bauman, il maggior sociologo vivente:la politica è locale, il potere è globale. E il potere, soprattutto dopo il 1989, risponde a una sola logica: quella del denaro.
Quello che ancora mi lascia senza parole, tuttavia, è il candido stupore con cui milioni di persone – quasi sempre in buona fede – ancora si sorprendono, per esempio, della “resa” di Tsipras. Del suo tradimento cioè alla vittoria del “NO” al referendum. Certamente occorre considerare l’influsso manipolatorio esercitato dai circuiti informativi mainstream, che – dopo aver ipnotizzato per decenni i cittadini occidentali – oggi hanno vita facile nell’abuso intellettuale delle loro menti. Ma stupirsi per l’epilogo della vicenda greca significa non aver capito nulla o quasi di quale sia la posta realmente in gioco. Si aggiunga poi la deviazione, tutta italiana, di segmentare la realtà in massimo due categorie: bene e male, bianco e nero, eurofili ed euroscettici, destra e sinistra, Merkel e Tsipras, eccetera. Questo non aiuta a capire la complesse alchimie con cui il Capitale distribuisce le sue carte.
Il potere finanziario striscia su piani paralleli e intersecanti, è abilissimo nel camuffare all’occorrenza le proprie posizioni ideologiche, assumendo opportunisticamente forme di espressione e di pensiero imprevedibili di volta in volta congeniali agli interessi del miglior offerente (è ciò che – sempre Orwell – chiama “bipensiero”): i grandi manovratori della finanza globale come ad esempio George Soros o Paul Singer, persone al cui cospetto se la darebbe a gambe persino uno squalo bianco (affamato), si prodigano continuamente in azioni di filantropia strategica. Presiedono fondazioni benefiche, salvano bambini. A quale delle loro mani credere, dunque? A quella che specula nell’ombra sulla rovina di intere nazioni, o a quella ben visibile che dispensa soccorso e umanità? A chi dobbiamo credere? Alla mano di Papa Francesco che ha firmato l’enciclica “Laudato si’” (dai contenuti oggettivamente incontestabili), o alla mano dello stesso Pontefice che ha firmato il contratto di consulenza della comunicazione vaticana a McKinsey (proverbiale antagonista alla cultura dominante del Profitto…)?
Districarsi non è facile, lo ammetto. Ma ripeto: chi ha avuto modo di conoscere dall’interno gli effetti collaterali del morboso attaccamento al dio Denaro imposto dalle dottrine neoliberiste possiede rispetto a tutti gli altri un motivo di disgusto in più, ma almeno possiede anche qualche chiave interpretativa in più. Il progetto eurocraticonon si fermerà. A nessun costo. Le parole hanno un peso. Soprattutto quelle uscite per sbaglio. E qualche anno fa fu lo stesso Monti a dirlo: “L’Europa ha bisogno di gravi crisi per fare passi avanti: i suoi passi avanti sono per definizione cessione di parti delle sovranità nazionali.” Sono parole feroci e sanguinarie. Sono una dichiarazione di guerra alle libertà dei cittadini e alle specificità territoriali. Sono la tetra liturgia capitalistica dell’ultimo dogma rimasto, quello del monoteismo della Crescita, ritenuto percorribile ormai anche contro ogni evidenza.
Sorgeranno sacche di resistenza, certo. Ma lo faranno lentamente. E a macchia di leopardo. Si creeranno oasi di “futuri autenticamente sostenibili” in molteplici campi dell’esperienza umana. Virtuose “bolle di sopravvivenza” in campo alimentare, medicale, energetico, intellettuale, educativo, edilizio.
L’esperienza di una vita alternativa, lontana dalle seduzioni e dalle sevizie attuate dal potere economico dominante, è l’oggetto principale della mia filosofia di vita, sinteticamente illustrata e argomentata nel piccolo libro “ Vivere Basso, Pensare Alto”. Non dobbiamo liberarci “da” qualcosa, ma tornare a sentirci liberi “di” fare qualcosa d’altro. Cambiando i connotati a noi stessi, innanzitutto. Perché è solo cambiandoli a noi stessi che, magicamente, potremo cambiarli anche al mondo.
Andrea Strozzi è autore di “Vivere basso, pensare alto” (Terra Nuova Edizioni), conduce il blog llht.org e tiene un blog anche su Il Fatto Quotidiano.

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