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Salva un agnello

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Nel tran tran quotidiano, avvenimenti imprevisti possono dar vita a incontri fortuiti, come quello avvenuto tra un agnello, una coppia e una donna di nome Francesca…

Salva un agnello

Elvis, l’agnello, è stato investito una notte di gennaio dai fidanzati che lo hanno subito caricato in macchina per soccorrerlo. Il piccolo ha belato tutta la notte, chiamando disperatamente la mamma. Aveva circa una settimana di vita e come tutti i cuccioli aveva bisogno di calore e protezione.
Il giorno dopo, Francesca si trovava dal veterinario per il suo compagno a quattro zampe e, mentre aspettava la ricetta, ha scorto Elvis nella sala d’attesa.
Venuta a sapere dell’accaduto, è stata assalita da un pensiero: “se non trovano una soluzione finiranno col sopprimerlo?”. Così ha chiesto al veterinario di contattarla nel caso in cui le cose si fossero messe male. La telefonata è arrivata dopo 10 minuti. La combinazione casuale degli eventi, senza i quali le vita di Francesca ed Elvis non si sarebbero mai incrociate, ha giocato un ruolo fondamentale sul destino di quest’ultimo, che è stato portato in un santuario per animali liberati dallo sfruttamento, The Green Place.
Se non avesse incontrato persone empatiche, che hanno contribuito a mettere insieme i tasselli necessari per regalargli una nuova vita, probabilmente sarebbe stato sacrificato per la Pasqua, insieme ai 450.000 agnelli e capretti macellati ogni anno per questa ricorrenza religiosa.
In effetti, oltre a Elvis ci sono tanti altri suoi simili da difendere. “Salva un agnello” è il nome della campagna lanciata da Animal Equality nel 2013, che prosegue tutt’oggi: un appello destinato a tutti i consumatori che abitudinariamente mangiano questi cuccioli indifesi. L’obiettivo dell’associazione è mostrare all’opinione pubblica il disagio psico-emotivo di questi animali, ammassati, maltrattati, tenuti senz’acqua, costretti a viaggi estenuanti dopo essere stati separati dalle loro madri: il peggior trauma che si possa immaginare.
Il dolore di una mamma di un’altra specie è paragonabile al dolore di una mamma umana. Ad affermarlo sono scienziati, antropologi, etologi, zoologi, secondo i quali tutti gli animali provano emozioni ma, non avendo la nostra mimica facciale e non essendo dotati di organi adatti e necessari per articolare le parole, non possono comunicare i sentimenti come facciamo noi. Lo fanno in modo diverso, incomprensibile ai nostri occhi umani.
L’etologo Danilo Mainardi ha affermato che “Tanto più un animale è sociale, e le pecore lo sono, tanto più sarà sviluppato il sistema di comunicazione delle emozioni, soprattutto le più comuni: rabbia, paura, desiderio o gioia. Lo scetticismo di chi non crede che gli animali possano provare sentimenti paragonabili a quelli degli esseri umani è un atteggiamento filosofico-culturale più che scientifico. La tradizione che considera gli animali alla stregua di macchine ha fatto comodo a un certo tipo di antropocentrismo e ci sarebbe qualche imbarazzo ad ammettere che gli animali provano emozioni simili alle nostre e poi continuare a fare quello che si fa, o si è fatto fino a ieri, nei loro confronti”.
Sul sito di Animal Equality www.salvaunagnello.com, si può sottoscrivere l’impegno a non consumare carne di agnello o prodotti di origine animale. Firmarlo significa aver preso coscienza. Rispettarlo essere onesti con se stessi e con gli agnelli.

Articolo pubblicato sul mensile Terra Nuova Aprile 2015.

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