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Bioedilizia e bio architettura

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Come abitare il presente per preservare il futuro
Un tempo le persone vivevano prevalentemente all’aperto e si cercavano un riparo solo per la notte. Per costruire si utilizzavano materiali di provenienza locale, che venivano forniti dalla natura e poi lavorati dall’uomo. Alle abitazioni non venivano richieste prestazioni particolari in quanto, durante l’inverno, il freddo era vissuto come un fatto normale, sia nelle case comuni che nei palazzi nobiliari. I requisiti fondamentali che si richiedevano a un’abitazione o ad un edificio pubblico riguardavano innanzitutto l’ubicazione, il rapporto con la natura circostante, la corretta esposizione alla luce del sole, la forma, il colore e così via. Alle latitudini in cui le temperature erano spesso al di sotto dello zero nell’arco di un anno, o nelle zone dove invece prevaleva il clima caldo, la tradizione e la sapienza del buon costruire indicavano l’utilizzo di materiali e tipologie costruttive che consentivano di proteggersi dai climi più avversi. E questo non solo per trovare riparo durante la notte, ma anche per permettere lo svolgimento delle attività quotidiane all’interno delle abitazioni, al riparo dal freddo o dal caldo eccessivi. Fin dalla notte dei tempi gli uomini hanno cercato di trovare riparo in abitazioni che permettessero loro di proteggersi dalle potenti forze
della natura, quali inondazioni, terremoti, epidemie, dando origine nel corso dei secoli a molte scienze. Oggi questo sapere, invece di essere utilizzato e interpretato in chiave moderna, è stato liquidato e sovvertito dalle mode e dalle leggi di mercato, a discapito dell’uomo e dell’ambiente. Fino alla metà dell’Ottocento si è costruito sostanzialmente in maniera «naturale», rispondendo alle esigenze funzionali ed estetiche del tempo. Successivamente, l’industrializzazione dei processi produttivi, la libertà espressiva resa possibile da nuovi materiali edili come il cemento armato, e la climatizzazione con impianti a gas, hanno segnato e deviato il percorso dell’architettura.
L’edilizia convenzionale
Reyner Banham, noto storico dell’architettura, ha dichiarato quanto segue: «chiunque sia disposto a pagare la bolletta per l’energia consumata, adesso può vivere un una casa di qualsiasi forma o tipo, in qualsiasi parte del mondo». Certamente oggi, essendo cambiate le esigenze abitative, sono richieste agli edifici funzioni un tempo non contemplate: trascorriamo gran parte del nostro tempo all’interno, lavoriamo all’interno, ci riposiamo all’interno, studiamo all’interno, viviamo all’interno! Ore e ore rinchiusi in vere e proprie gabbie di cemento armato che, per l’effetto della cosiddetta «gabbia di Faraday», scherma il naturale elettromagnetismo terrestre e ci toglie la vitalità. Chiusi negli edifici, respiriamo le polveri sollevate dagli impianti di riscaldamento e di condizionamento, aspiriamo i composti organici volatili (VOC) rilasciati da vernici, pitture, impregnanti per pavimenti e arredi, mentre le malte radioattive e le finiture scadenti minano la nostra salute, insieme ai bombardamenti dell’inquinamento elettromagnetico. Esagerato? Purtroppo no. Cosa dire poi del ciclo produttivo di tutti i materiali dell’industria edile e dell’utilizzo massiccio di prodotti provenienti da fonti non rinnovabili? E dell’approvvigionamento indiscriminato di legname proveniente dalle foreste pluviali per il nostro parquet naturale? Quali sono le ripercussioni dell’edilizia indiscriminata di oggi sulla salute dell’uomo e dell’ambiente? Quanto ci costerà la manutenzione di edifici fragili, scadenti, incapaci di proteggere, che per il loro bilancio energetico dipendono esclusivamente dalle fonti di energia non rinnovabile? Ma soprattutto, quanto vale la nostra salute e quanto costa la malattia? Possiamo essere sani in un ambiente insalubre? Non riversiamo più nelle strade i rifiuti organici, ma abbiamo sostituito il puzzo degli escrementi con quello dei combustibili bruciati, puzzo che non sentiamo più, così come i nostri antenati non sentivano per strada quello di latrina. Abitiamo in case riscaldate e pulite, ma dipendiamo dai combustibili e siamo soggetti a forme di allergia e intossicazione derivanti dai detergenti per uso domestico. Sono cambiate le nostre esigenze, ma soprattutto quelle dei costruttori e conseguentemente dei progettisti, che hanno chinato il capo alle leggi di un mercato scellerato, che produce case, oggetti, vestiario, cibo, tecnologia e beni di consumo alla catena di montaggio, con il minimo sforzo e al maggior prezzo.
Articolo tratto dal mensile Terra Nuova di gennaio 2012. Per la versione completa cliccare qui.

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