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Hai mai pensato a un ritiro di meditazione?

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«Il ritiro» offre uno spazio protetto e strutturato nel quale calmare la mente, ritrovare il proprio centro e trarre ispirazione per tutte le scelte che ci competono.
Sono le quattro di mattina, suona la sveglia. Ho mezz’ora per lavarmi e vestirmi, poi inizia la prima sessione meditativa, per me la più proficua. Meditiamo sul respiro per le prime due ore, e alle sei e mezza facciamo colazione. Le istruzioni sono semplicissime e vengono ripetute più volte con voce serena: seduti con spina dorsale eretta, portiamo tutta la nostra attenzione sulle sensazioni del respiro all’entrata delle narici. Ovvero, chiedo al mio flusso d’attenzione di non seguire pensieri e immagini, ma di stare col respiro, diventare una sola cosa con il suo andare e il venire. Questo per dieci ore al giorno, con 5 minuti di pausa allo scadere d’ogni ora. Per dieci giorni.
Ora dopo ora, sessione dopo sessione, succedono delle cose. La mente ordinaria si dimena e combatte con se stessa, fa resistenza, non vuole lasciar andare le proprie abitudini iper-concettuali e logorroiche.
Non vuole lasciar andare l’identificazione con un sé narrante che fa e disfa la nostra realtà a piacimento, cavalcando copioni consunti. Finalmente, in un istante infinito e inatteso, la mente tace. Basta parole, basta immagini, basta passato e basta futuro, solo un silenzio luminoso e nutriente, che ci consegna ad una realtà nuova: noi stessi al netto dell’io.
Fatemi ritirare
Era il dicembre 1993 e concludevo con immensa gratitudine il mio primo ritiro intensivo di meditazione di consapevolezza nelle campagne fiamminghe, con gli allievi di Goenka-Ji. Allora mi feci la domanda: perché non ce l’hanno insegnato in prima elementare questo semplicissimo metodo di conoscenza e distillazione del sé? Perché non andare in ritiro meditativo a sei anni con i compagni di classe, ancora prima di andare in gita scolastica a Sirmione? Oggi questa organizzazione offre le stesse forme di ritiro intensivo anche in Italia e, in concomitanza di qualsiasi vacanza, il calendario dei ritiri si fa denso, le liste d’attesa scottano, quasi si trattasse di un’urgenza: «Fatemi ritirare!».
Nel frattempo ho seguito la mia strada. Dodici anni dopo, nel 2005-2006, sono entrato in ritiro intensivo individuale per sedici mesi: a tal punto il fuoco sacro del ritiro mi aveva conquistato. Sedici mesi che ho passato isolato in Nobile Silenzio, in una casetta ai margini di una sughereta delle Colline Metallifere, dedicandomi dieci ore al giorno alla pratica meditativa, senza soluzione di continuità. Forse l’esperienza più autentica e generosa della mia vita.
Negli ultimi vent’ anni, la sociologia della meditazione e dei ritiri è cambiata radicalmente. Se all’inizio degli anni ’90 il pubblico dei ritiri era marcatamente di nicchia, oggi chi coltiva la «Tranquilla Passione» ha una provenienza del tutto eterogenea. In tutta Italia i centri di meditazione e di ritiro, delle tradizioni più disparate, ritrovano ai propri ritiri uno spaccato di popolazione ben assortito: professionisti, studenti, massaie, impiegati, manager, dirigenti di ogni età, orientamento e credo. Proprio a fine agosto di quest’anno, il maestro buddista vietnamita Thich Nhat Hanh ha offerto un ritiro specifico per italiani, invitandoli in Francia al suo centro Plum Village, e una carovana di circa settecento persone ha seduto insieme a lui per cinque giorni. Si tratta di un pubblico, anche in questo caso, molto eterogeneo e inserito nel tessuto sociale «del fare e dell’essere», nonché di un pubblico prevalentemente cristiano che segue e pratica gli insegnamenti di un monaco buddista. Una trasversalità ecumenica che fa ben sperare e che parla di un’Italia poco visibile ai grandi media.
Quale che sia lo stile meditativo praticato, da Bolzano a Palermo, chi si concede la sfida di un ritiro meditativo sa di consegnarsi alla gioia di un melting-pot sociale, culturale e religioso: più siamo assortiti, più l’anima respira. Un altro modo di fare vacanza Le vacanze sono il momento clou dei ritiri di tutte le tradizioni: appena il calendario lavorativo concede una pausa, persone di ogni età e provenienza dedicano parte considerevole del loro ciclo rigenerativo a un ritiro spirituale. Personalmente ho avuto la fortuna di raccogliermi in ritiro tante volte all’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia, in Toscana, sotto la guida saggia ed esperta di grandi maestri della tradizione buddista tibetana e non solo. Giornate e settimane indimenticabili, fitte di meditazione e riflessione, spesso aperte a principianti e avanzati. Nella stessa tradizione, troviamo una buona offerta di ritiri in tutta Italia osservando le attività dei Centri FPMT Italia, ma voglio segnalare arbitrariamente due estremità geografiche di eccellenza, ovvero il centro Tardo-Ling di Montelepre, sopra Palermo e il centro Kushi-Ling di Arco, vicino a Trento. Per quanto riguarda la meditazione di consapevolezza nelle sue multiformi declinazioni, voglio citare per il centro Italia l’eccellente Santachittarama, sotto la guida di Achan Chandapalo, e il centro Avalokita che sorge sul modello di Plum Village e dell’Inter-Sein-Zentrum tedesco, entrambi voluti appunto dal venerabile Thich Nhat Hanh. Senz’altro voglio ricordare l’A.ME.CO. di Roma, sotto la guida di Corrado Pensa, nonché i ritiri guidati da Mario Thanavaro, in tutta Italia. Poco più a Nord troviamo il Centro Dorje-Ling, situato fra i boschi sacri dell’Umbria meridionale, in un’ottica di dialogo Oriente-Occidente. Per quanto concerne la tradizione zen, il centro Scaramuccia di Orvieto offre un profilo solido e rafforzato da oltre trent’anni di appassionata esperienza.
Il Nord Italia pullula di centri di ritiro di ogni ordine e grado e di ogni tradizione. Mi limito a segnalare il centro di pratica di consapevolezza Pian dei Ciliegi, e le iniziative più apertamente tibetane di Rigpa, fuori e dentro le città del Grande Nord, sotto il segno di Sogyal Rimpoche, nonché l’Evergreen milanese di alto lignaggio, centro Ghepel-Ling guidato da Tamthong Rimpoche. Da non perdere i ritiri italiani di Alain Wallace e di James Low, che periodicamente guidano nel nostro paese ritiri ecumenici di consapevolezza con rivoluzionaria chiarezza, e il centro milanese Mindfulness Project di via Cenisio, che fa spesso gli onori di casa.
Come non citare, a questa altezza, i grandi della mindfulness, la meditazione di consapevolezza ricodificata in «protocolli scientifici MBSR+MBCT»: John Khabat-Zinn, Saki Santorelli, David Siegel e Jack Cornfield? Tenendo d’occhio sul web le date dei loro tour europei, è possibile scoprire quando passano dall’Italia e quindi cogliere l’occasione per praticare una settimana di ritiro sotto la loro lucida guida.

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