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Cereali da prima colazione: non sempre una scelta salutare

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Pieni zeppi di zuccheri, sale e grassi idrogenati: vi sveliamo le contraddizioni nascoste dietro ai presunti emblemi di colazione salutare e leggera.
Arrivano in forma di fiocchi, petali e palline. Ci sono quelli multi-vitaminizzati per i più piccoli e fitness/snellenti per gli adulti. Hanno nomi fantasiosi e impronunciabili, accompagnati da gadget e giochi a premi. Sono i cereali da prima colazione, molto amati dai bambini, tanto che sembrano svilupparne una vera e propria dipendenza. Nati in America negli anni ’60, questi prodotti imperversano ormai in tutto il mondo, forti di un marketing pressante che li presenta come ottime e salutari alternative a merendine e snack confezionati. E funziona: chi li acquista è convinto di assumere un alimento nutriente, sostanzioso e salutare, come si conviene a una buona colazione.
Il mercato è in pratica in mano al duopolio Kellogg’s – Nestlé, i quali coprono ben l’87% del mercato, assieme a «nuove» marche come Jordans, Weetabix e marchi privati registrati da ipermercati come Label. Anche se le due principali multinazionali confermano e garantiscono il loro impegno a non utilizzare ingredienti o derivati geneticamente modificati, in realtà niente è specificato sulle confezioni circa la provenienza delle farine e il metodo di coltivazione.
Numerose ricerche svolte negli ultimi anni da Environmental Working Group e Which? hanno sollevato un autentico polverone in merito a questo alimento. Certo, non tutti i prodotti sono da demonizzare, ma molti, a una lettura più attenta delle etichette, sono decisamente troppo ricchi di zuccheri, con un indice glicemico tra i più alti. Altri contengono acidi grassi idrogenati o trans, molto nocivi per la salute, spesso indicati sulla confezione con termini apparentemente inoffensivi come «olio di palma» o «grassi vegetali». Altri
ancora sono eccessivamente ricchi di sale, specialmente quelli destinati agli adulti. La domanda quindi sorge spontanea: che fine ha fatto il cereale? In molti casi quello che consumiamo è un sottoprodotto, sottoposto a lavorazioni ad altissime temperature, di cui non resta più traccia né di fibre né di principi nutritivi.
Gradisce un estruso…?
La maggior parte dei corn flakes, petali e fiocchi di frumento (così come snack, patatine e chips) sono ottenuti tramite una tecnica detta di estrusione-cottura (vedi immagine a pag. 76). Questa viene utilizzata dall’industria alimentare per cuocere prodotti amidacei (e anche proteici, come nel caso dei croccantini per animali), ottenendo prodotti leggeri e alveolati. In pratica si tratta di processi Htust, ovvero ad alta temperatura per brevissimo tempo, in cui si distinguono almeno quattro diverse fasi.
Si parte nella maggior parte dei casi da farine (non da cereali in chicco), che vengono miscelate e precondizionate attraverso processi di omogeneizzazione, preumidificazione e precottura. Al termine di questa fase, le farine ottenute vengono impastate con acqua a 80-100° C; ciò consente la gelatinizzazione dell’amido, aumentando la viscosità dell’impasto.
Segue poi la cottura a oltre 200° C in un apposito apparecchio estrusore formato da un cilindro con una vite all’interno, con cui l’impasto può avanzare a diverse pressioni. In questa fase le proteine conoscono una completa denaturazione, con formazione del glutine che dà elasticità e plasticità al prodotto finito. L’impasto viene quindi modellato attraverso una trafila, che può creare forme sferiche, dritte o cilindriche, e infine tagliato. Il passaggio repentino da una temperatura e pressione molto elevata a una temperatura e pressione ambiente determina, per rapida evaporazione, l’espansione del prodotto e la successiva solidificazione. Al termine di questo processo, gli estrusi vengono raffreddati ed essiccati. Solo a questo punto subiscono l’aggiunta di additivi come grassi, aromi e conservanti. In pratica, la maggior parte dei valori nutrizionali del cereale sparisce completamente.
Quali rischi per la salute?
La questione di possibili effetti negativi sulla salute non si porrebbe se il consumo di questi prodotti fosse sporadico e occasionale, ma considerando che ormai fanno parte della colazione quotidiana, è opportuno valutare i rischi a medio-lungo termine. Innanzitutto va notato che la maggior parte dei cereali da prima colazione, come abbiamo già accennato, ha un indice glicemico superiore a 70. Sarebbe importante che sulle confezioni fosse incluso anche questo dato, poiché comporta vari effetti negativi, tra i quali un’eccessiva stimolazione dell’appetito e la creazione di veri e propri fenomeni di dipendenza. L’Istituto dei Tumori di Milano ha svolto un’interessante ricerca in cui sembra emergere la correlazione tra assunzione di cibi ad alto indice glicemico e aumento del rischio di patologie coronariche in soggetti femminili.
Un indice glicemico elevato inoltre favorisce l’aumento di peso e predispone a deficit di attenzione, per una reazione di ipoglicemia reattiva dell’organismo.
Un recente studio pubblicato sul British Journal of Nutrition4 sostiene che un bambino che fa una colazione a basso indice glicemico ha migliori capacità di attenzione e un miglior rendimento scolastico rispetto a chi fa colazione con alti livelli glicemici o chi addirittura salta la colazione.
L’alta presenza di zuccheri è un problema che accomuna praticamente tutti i marchi di cereali, soprattutto quelli italiani con quasi il 40%, a fronte della media del 37% dei prodotti destinati al resto dell’Europa. Secondo l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti sani il contributo calorico degli zuccheri semplici per la prima colazione non dovrebbe superare il 10%. Nei cereali destinati ai bambini questa percentuale arriva addirittura al 40% delle calorie totali – più di quella contenuta nelle comuni merendine. In pratica, consumare una porzione di questi cereali è ingerire due cucchiaini colmi di zucchero bianco appena svegli. Se a ciò si aggiunge l’abitudine di zuccherare il latte, l’indice glicemico può raggiungere picchi davvero preoccupanti.
Attenzione alle diciture: lo zucchero si cela sotto diversi nomi: melassa, sciroppo di melassa, miele, zucchero di canna, malto d’orzo, sciroppo di malto, saccarosio, lattosio, sciroppo di glucosio, sciroppo di mais.
Un altro problema è costituito poi dalla presenza di grassi: in media i cereali ne contengono circa il 4-5%, anche se alcuni prodotti possono raggiungere il 6-7%. Ciò che dobbiamo tener d’occhio in realtà è la qualità dei grassi, e soprattutto la quantità di quelli saturi, riscontrabili nelle tabelle che riportano il contenuto di grassi saturi e insaturi, trans o idrogenati. Rispetto a paesi come Polonia, Portogallo o Regno Unito, dove i grassi si aggirano attorno al 9%, l’Italia si mantiene per fortuna ancora al di sotto, anche se è ben lontana dai cereali destinati all’India, in cui la percentuale si aggira attorno allo 0,6%.
Una notazione importante merita infine l’eccessiva presenza di sale nascosto, soprattutto nei cereali cosiddetti «light» destinati al pubblico adulto, dove il contenuto Centers for Disease Control and Prevention sfiora ben l’1% e il cui unico scopo è quello di esaltare il sapore. Studi recenti hanno messo in evidenza come l’eccesso di sale metta a rischio bimbi obesi e in sovrappeso, predisponendoli a problematiche cardiocircolatorie fin dalla giovane età. Zucchero e sale di fatto tendono a rendere tutti i cereali monosapore, appiattendo il senso del gusto, aspetto deleterio e comunque poco educativo, specie nei confronti dei più piccoli.
Publicità ingannevoli
La Federal Trade Commission americana ha censurato alcuni prodotti come Rice Krispies e Frosted per pubblicità ingannevole. Sotto accusa le diciture che vantano un miglioramento del sistema immunitario e delle capacità di attenzione. Stessa sanzione dall’Antitrust per i cereali Optivita che, grazie alla presenza di betaglucano, promettevano l’abbassamento dei livelli di colesterolo. Tutte promesse senza alcun fondamento scientifico. Sono assai ambigue anche le indicazioni GDA (i parametri nutrizionali giornalieri), che fanno riferimento a dosi consigliate per soggetti adulti anche sulle confezioni di cereali destinati ai bambini. Attenzione infine alla «trappola» delle barrette e snack spezzafame light, che altro non sono se non gli stessi cereali del mattino sotto forme diverse e in genere anco ra più ricchi di calorie, zuccheri e grassi.
Quali alternative
Il modo migliore per iniziare la giornata e far crescere sani i nostri figli è quello di scegliere cibi semplici, poco lavorati e biologici, con preferenza per frutta fresca, secca o oleosa, cereali integrali, miele, malto e latti vegetali. E se non vogliamo rinunciare al gusto di un buon cereale da prima colazione? Il primo consiglio è quello di evitare gli estrusi, optando per fiocchi d’avena o cereali in chicco soffiati, come miglio, farro e riso. Dovendo proprio scegliere tra i prodotti più commerciali è indispensabile leggere con attenzione le etichette, privilegiando cereali con livelli di zucchero inferiori a 10 g, con basse percentuali di grassi saturi (< 1 g) e sodio (< 0,2 g), senza grassi idrogenati, coloranti, conservanti
zucchero ed edulcoranti e con una buona dose di fibre (almeno 6 g). Pretendiamo infine di conoscere sempre la provenienza dei cereali che consumiamo, ricercando prodotti italiani a filiera corta, certificati biologici e ogm free.

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