Il sogno concreto di Dùrika
L’anno scorso, durante un soggiorno in Costa Rica, un amico olandese mi parlò della comunità di Dùrika. Mi disse che gli abitanti si occupavano di riforestazione e autosufficienza, e aggiunse: “A Durikà ci sono fatti, non parole”. Mi bastò quella frase per decidere che valesse la pena di sorbirmi più di dieci ore di bus e un’ora di fuoristrada, e scoprire perchè quella comunità fosse tanto speciale ai suoi occhi. L’amico olandese aveva ragione: i pochi giorni trascorsi a Dùrika mi colpirono a tal punto da persuadermi a tornarvi con la mia famiglia per un tempo più lungo e chissà… magari farne la nostra casa.
La comunità di Dùrika si trova abbarbicata su un terreno fortemente scosceso a 1600 metri sul livello del mare, “tra le nuvole” della catena montuosa della Talamanca, in una zona conosciuta come “il buco nero” della Costa Rica. Il territorio è difficile e lontano da tutto, e tra i coraggiosi che nel 1991 decisero di fondare la comunità circolava una sola parola d’ordine: determinazione. E la determinazione ci voleva davvero se pensiamo che Dùrika è stata letteralmente costruita “a mano”, senza elettricità, trasportando tutto a dorso di mulo dal paese di Buenos Aires (18 km di strada estremamente impervia) e autoproducendo il necessario per la sopravvivenza.
Dùrika è stata un’impresa di altri tempi. Gli obiettivi che sin dall’inizio i fondatori si erano dati erano l’autosufficienza, la sostenibilità e l’armonia con l’ambiente circostante. Oggi questa comunità, nata dall’acquisto di una finca di 250 ettari completamente deforestata, produce gran parte di ciò che gli serve per vivere, lo fa in maniera totalmente sostenibile ed è arrivata a proteggere, dopo averla riforestata, un’area di 8500 ettari.
Sostenibilità e autosufficienza
Il fabbisogno idrico è garantito dalle numerose sorgenti presenti nella proprietà, quello energetico, invece, decisamente limitato grazie a uno stile di vita estremamente spartano, viene assolto unicamente da una idroturbina alimentata dalle acque di un rio che produce appena 17 kW, e da pochi pannelli solari.
L’alimentazione vegetariana fa sì che gli orti, tutti stretti e terrazzati a causa della conformità del terreno, rivestano un ruolo di grande importanza. Il suolo, naturalmente arido, è stato reso fertilissimo grazie a differenti tipi di compost, uno dei quali, il più particolare, prevede un mix di sterco di capra, foglie, corteccia di banano macerata e peperoncino.
L’abbondanza della produzione ha quasi del miracoloso se si tiene conto delle difficili condizioni del terreno: sparsi per la comunità si trovano alberi da frutta tropicale (per quanto l’altitudine ne impedisca una produzione rigogliosa), un bananal (bananeto), un cafetal (piantagione di caffè, di cui i membri della comunità fanno comunque un uso molto limitato) e una collinetta ripidissima dedicata alla produzione di fagioli (fondamentali per cucinare il giallo pinto, un piatto misto di riso e fagioli che in Costa Rica si mangia a colazione, pranzo e cena).
La tecnica di coltivazione dei fagioli è stata mutuata, con quale accorgimento “ecologico”, dai campesinos locali: il terreno non prevede nessuna lavorazione, semplicemente i semi vengono gettati a spaglio tra tronchi e rami lasciati a marcire sul terreno con la vegetazione che cresce spontanea.
La raccolta, va da sé, richiede più tempo visto che bisogna letteralmente cercare i fagioli nascosti tra piante e arbusti, ma la fertilità naturale del terreno consente una crescita rapidissima e quindi un maggior numero di raccolti.
Un’altra fonte primaria di sostentamento alimentare sono le 44 capre che vengono portate al pascolo 4 ore al giorno e che forniscono latte, formaggio e yogurt. Tutto ciò che non viene prodotto viene scambiato con le due comunità indigene vicine, mentre vengono acquistati esternamente solo riso, zucchero, sale e poco altro.
La medicina naturale
L’autosufficienza non viene perseguita solamente nel campo dell’energia e dell’alimentazione. A Dùrika, infatti, è presente un centro di medicina naturale, completo di clinica dentistica, che utilizza medicine omeopatiche preparate con le erbe medicinali coltivate in loco e impiegate anche per la produzione di fertilizzanti e pesticidi nonché per fare il sapone.
Tutte le strutture sono state costruite con legname del posto o con materiali di recupero; i rifiuti praticamente non esistono perché tutto viene in un modo o nell’altro riutilizzato. Si tratta virtualmente di un “sistema chiuso”.
A Dùrika la sostenibilità non è uno slogan vuoto, ma parte dello stile di vita e in quanto tale viene immediatamente interiorizzato da chiunque. Le mie figlie hanno appreso cose che cercavamo di insegnare loro da anni e questa è stata per me una grande lezione. “Educare” non serve a nulla; quando si vive come si dovrebbe il maesto c’è già: è la Vita.
La giornata tipo
L’impegno dell’autoproduzione non è uno scherzo e tutti i lavori sono piuttosto pesanti, in particolare per via del terreno, che ha una pendenza media che va dai 3 ai 30°. Ogni passo è un saliscendi: non a caso tutti sono in perfetta forma fisica!
Le giornate sono scandite da orari rigidissimi. Tutte le attività iniziano alle 5.30 del mattino e proseguono fino alle 7.30, quando ci si ferma per la colazione. I lavori riprendono alle 8.30 e durano all’incirca fino alle 11.00-12.00, quando ci si ferma per una doccia e un pò di meritato riposo. Il pranzo viene servito alle 12.30 in punto.
Nel pomeriggio le attività lavorative vengono svolte con un ritmo più blando. La cena viene servita alle 17.00, e alle 18.00 tutti i residenti si trovano per mezz’ora di meditazione, a cui segue la riunione giornaliera in cui si decidono i turni di lavoro del giorno successivo, si discute dei vari progetti e delle problematiche da affrontare.
La rigidità degli orari e la quotidianità delle riunioni mi ha sorpreso molto, ma come mi ha spiegato Vilma, l’insegnante della scuola della comunità: “La vita di trenta persone e i tanti progetti in cui sono impegnate dipende dal fatto che tutto funzioni alla perfezione”.
Verso le 19.00 l’intera comunità si ritira nelle abitazioni. Io e la mia famiglia, che in questo periodo siamo parte attiva di Dùrika pur non partecipando alle riunioni (per questo c’è una rigidissima selezione che può durare anche più di un anno), alle 19.30 spegniamo la luce e dormiamo fino alle 5 del mattino successivo.
Tutti i giorni si fanno gli stessi lavori, si vedono le stesse facce, le stesse albe, gli stessi tramonti e le stesse notti stellate. Le giornate scorrono tutte uguali ma con una naturalezza e armonia del tutto sconosciute al cosiddetto “mondo sviluppato“. Tutto si ripete come in un cerchio perfetto: una benedizione e non il suo contrario.
La Fundaciòn Dùrika
La vita di ogni membro della comunità è virtualmente libera dal denaro. Nessuno riceve uno stipendio perchè tutte le entrate, che provengono principalmente dal turismo, vengono dirottate per la realizzazione degli obiettivi statutari. La Fundaciòn, oltre ad acquistare terre, riforestare e conservare, si occupa attivamente di educazione ambientale, collabora con le comunità indigene di Ujarras e Salitre (abitate dagli indios cabécar e brì brì) e svolge servizio di polizia ambientale per combattere deforestazione, incendi e bracconaggio.
Venti anni fa questo territorio di fiumi, cascate, animali selvaggi (molti in pericolo di estinzione, come il giaguaro, il tapiro, l’Harpia harpyja e il famoso quetzal) e insetti rari, era quasi totalmente deforestato, mentre oggi è bosque primario e secondario, grazie allo sforzo instancabile dei suoi membri. Tutto questo è il risultato della forza di un sogno vissuto quotidianamente e ci fa capire quanto l’impatto dell’essere umano possa essere positivo quando decide di costruire anziché distruggere.
A Dùrika ovviamente non è tutto rose e fiori: esistono problemi da affrontare quotidianamente e anche attriti tra i membri. Ma come mi ha detto Eduardo, uno dei fondatori: “Qui la vita è dura e lontana da tutto, ma al tempo stesso è piena di significato”. Per questo mi sento di poter affermare che Dùrika non è solo una comunità autosufficiente e una riserva ambientale importante, ma è soprattutto un posto dove l’esperienza diretta insegna cosa significa vivere in un rapporto mutualistico tra esseri umani, e tra questi e l’ambiente.
Non so se io e la mia famiglia rimarremmo qui, ma la lezione che questo posto ci ha insegnato è anche quella che vorrei regalare ai nostri lettori: cerchiamo un pezzo di terra, non importa quanto grande, e, magari insieme ad un gruppo di amici, facciamocene carico, proteggendolo e vivendolo come se fosse una piccola Dùrika.
Per saperne di più:Fundaciòn Reserva Biològica DùrikaP.O. BOX 9-8100 – Buenos Aires, Puntarenas, Zona Sur – Costa Rica
tel + 506 2730 0657 –
infodurika@durika.org –
www.durika.org
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