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Via le macchie, ma senza inganni

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Gli smacchiatori e i prodotti salva colore per la lavatrice sono davvero efficaci? Che impatto ambientale hanno? Due domande a cui rispondere per fare chiarezza, tutelare la nostra salute e non farci abbindolare.

Via le macchie, ma senza inganni

Sia che siano liquidi, in gel o in polvere, gli smacchiatori per tessuti si aggiungono all’arsenale chimico domestico, che concorre in maniera significativa all’inquinamento di fiumi e mari. Così ci si domanda: sono veramente necessari?
Secondo Pierluca Urbinati, titolare di Officina Naturae, «nella maggior parte dei casi gli smacchiatori da aggiungere al bucato non sono altro che detersivo puro. I detersivi in commercio, infatti, sono sempre meno concentrati. Di conseguenza il loro potere lavante si appanna e per smacchiare serve un prodotto ad hoc. In genere si tratta di un miscuglio piuttosto inquinante di tensioattivi potenti, acqua ossigenata, enzimi, soda caustica e sbiancanti ottici, che in realtà non tolgono le macchie, ma le rendono per così dire invisibili». In effetti, dando un’occhiata alla composizione degli smacchiatori in vendita nei supermercati, non si può che dar ragione a Urbinati: tensioattivi, enzimi e sbiancanti sono alla base della maggior parte dei preparati.
Smacchiatori ecologici: lo sono davvero?
Secondo Daniele Minciocchi, chimico formulatore di Almacabio, «le macchie vanno trattate in base al tipo di tessuti e al tipo di sostanza macchiante». «Per esempio, le macchie a prevalenza proteica come uovo e sangue vengono debellate dagli enzimi. Le macchie di grasso e quelle  prevalenza polisaccaridica, cioè vegetale, vengono eliminate dai tensioattivi».
Ma i veri nemici da combattere in lavatrice sono i gruppi cromofori, cioè le colorazioni delle diverse sostanze, che i detersivi tradizionali non riescono a togliere. In questo caso, nel lavaggio sarà necessario ricorrere a sostanze ossidanti, come il cloro o l’ossigeno. Il primo è un additivo problematico poiché dà vita alla candeggina, chiamata anche varechina. «Esso va a interagire con le sostanze organiche, creando composti clorurati decisamente tossici» afferma Minciocchi.
Nella detergenza bio invece si usano dei perossidi, ovvero prodotti a base di ossigeno. Uno fra questi è il percarbonato di sodio. Poiché per essere efficace sulle macchie necessità di un lavaggio ad almeno 40° C (temperatura alla quale si sviluppa l’ossigeno attivo), il percarbonato è spesso associato a specifici attivatori, i Tagu e soprattutto i Taed, che permettono alla reazione di innescarsi anche a basse temperature. Purtroppo, si tratta di ammine completamente sintetiche, molto complesse sotto il profilo tossicologico. Fortunatamente, il perborato, una sostanza mutagena, è sempre meno usata anche dalla detergenza convenzionale. Quando invece parliamo di smacchiatori liquidi, il principio attivo principale è quello del perossido di idrogeno, cioè l’acqua ossigenata».
Salviamo la pelle, non il colore
In merito ai prodotti salva colore, Minciocchi spiega che «non esiste un corrispettivo ecobio, perché questo tipo di preparati si basa sul PVP (Polivinilpirrolidone) oppure sul PVP/VI (Vinilimidazolo), che sono sostanze del tutto sintetiche e non biodegradabili. Il problema non è solo la loro forma finita, ma le materie prime e i residui di lavorazione: sono molecole che l’Unione eubioequo Eropea ha classificato come potenzialmente cancerogene. Leggermente meno pesanti dal punto di vista tossico sono le DTI (Dye tranfer inhibitor), comunque a base di un derivato del Vinilpirrolidone». Inoltre, puntualizza Urbinati, «il PVP, una volta giunto a contatto con i tessuti, ne riveste come una pellicola tutte le fibre, impedendo al colore di diffondersi nell’acqua di lavaggio. A questo punto però il vostro capo, magari di un pregiato filato in cotone biologico colorato con tinte vegetali, è rivestito di un film «plastico» e sulla pelle non avrete il piacevole contatto con una fibra naturale, ma una sostanza sintetica, per di più scarsamente biodegradabile».
Il fondatore di Officina Naturae mette in guardia anche dai foglietti acchiappa-colore: «Sono realizzati attaccando a un tessuto sintetico dei tensioattivi quaternari epossilati cationici, cioè con carica positiva, non biodegradabili e nocivi per gli organismi acquatici. Viceversa, i colori utilizzati per i tessuti sono carichi negativamente. Quando in fase di lavaggio i tessuti perdono il colore, quest’ultimo viene calamitato dal foglietto. In realtà si tratta di colore che in ogni caso non si sarebbe fissato sui capi. Infatti, gli stessi produttori sconsigliano l’uso del foglietto con i tessuti fortemente colorati. Anche i tensioattivi che lavano i capi hanno spesso carica negativa e sono attirati dal foglietto, che riduce quindi il potere detergente del detersivo».
Smacchiatori fai da te: l’alternativa naturale
  • Il sapone di Marsiglia, specie se applicato sulla macchia fresca, è molto efficace, soprattutto sullo sporco grasso. È possibile bagnare la macchia, sfregare il sapone e lasciare il capo da lavare nel cestino della biancheria per qualchegiorno senza che la macchia si fissi.
  • Per potenziarne l’azione si può mescolare a della soda Solvay, che è essenzialmente carbonato di sodio: questa sostanza sminuzza le macchie di sporco, facilitandone la rimozione.
  • È possibile farne anche un comodo gel sciogliendo in un litro di acqua demineralizzata calda 70 grammi di Marsiglia in scaglie. Otterrete così una saponata piuttosto liquida. Aggiungendo 2 cucchiai di soda Solvay si produrrà un gel piuttosto efficace. Aggiustate di acqua fino a ottenere la consistenza desiderata.
  • Per le macchie colorate, invece, l’ideale è l’acqua ossigenata, che dà il via all’azione ossidante e decolorante. Quella che si usa normalmente per disinfettare non è particolarmente concentrata, ma una sua efficacia ce l’ha proprio come smacchiatore, cioè versata sulla singola macchia.

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