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“Sono una cosa della terra”

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Allo Spazio Paraggi di Treviso sono esposte fino al 19 marzo le opere di Francesca della Toffola; il titolo dell’esposizione è “Sono una cosa della terra”. 
«Fondermi con la natura è l’imperativo dei miei ultimi lavori, il corpo si intreccia con la terra, con gli alberi, con l’acqua, per creare un imprescindibile totalità. Le mie fotografie a volte sono elaborate in tal modo che risulta difficile separare il corpo dalla natura ed è questo il significato, come dice lo stesso titolo, della mostra» spiega Francesca.
Allieva di Franco Fontana, ha già esposto le sue fotografie in diverse gallerie in Italia e all’estero. Le immagini della mostra sono tratte dalla riflessione su alcuni versi di Andrea Zanzotto e della poetessa milanese Antonia Pozzi.
Francesca Della Toffola nasce nel 1973 a Montebelluna (TV). Si laurea in lettere, a Venezia, con la tesi “Sulla soglia dell’immagine: Wim Wenders fotografo”. Frequenta workshop di Franco Fontana e Arno Rafael Minkkinen.
Dice di lei Giorgio Bonomi: «Ama il vuoto e lo stare sola. Il vuoto è quello delle piscine senza acqua, delle dimore abbandonate, dei prati e degli specchi d’acqua silenziosi. Non è un vuoto che indica assenza: al contrario è l’unico spazio ove l’artista colloca, e ritrova, il proprio sé. Allo stesso modo lo “stare sola” – che è assai diverso dalla “solitudine” – è una pratica voluta e ricercata, senza alcuna pulsione autodistruttiva come capitò alla Woodman. Della Toffola così, soprattutto in questi lavori più recenti, pone il suo corpo, tutto o in parte, sempre con grande riservatezza e pudore, in fusione con la natura, quasi a (ri)scoprire l’elemento naturale che è nell’uomo e la condizione umana che la stessa natura, nella sua lunga storia, ha acquistato. Appaiono in tal modo i suoi lavori – non  a caso “tondi”, ove è risaputo essere il cerchio simbolo della perfezione (se non raggiunta almeno agognata) – come quadri, come “pitture” cariche di lirismo e finanche romanticismo, pur se completamente dentro alla contemporaneità che, a sua volta, non può essere dimentica della sua storia, pena la perdita dell’umanità stessa».

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