C’è riso e riso
Il riso è il cereale più consumato al mondo, vero e proprio alimento base per molte popolazioni. Considerato da molti popoli di origini divine e al centro di molti miti, viene coltivato fin dal 3500 a. C. Furono gli arabi a portare i preziosi chicchi in Europa, esattamente in Spagna, da dove nel XV secolo raggiunsero lo Stivale – oggi tra i principali produttori europei con Francia e Spagna.
Versatile e saporito, il riso si declina in un gran numero di varietà (nel mondo se ne contano circa 100.000) e vanta caratteristiche nutrizionali interessanti, tra cui l’assenza di glutine. Nel nostro Paese viene un po’ trascurato a favore della pasta, ma ci sono tanti motivi per farne un consumo maggiore.
Un prodotto pregiato
La prima distinzione va fatta tra il riso brillato e quello integrale. Il primo è stato privato di fibre, vitamine e minerali e risulta quindi un concentrato di amido, con un indice glicemico notevolmente alto. Quando fu introdotto in nazioni del Sudest asiatico che l’hanno sempre usato come alimento base, causò un’epidemia di beriberi, malattia dovuta alla carenza di tiamina (la vitamina B1, contenuta invece nel prodotto non raffinato).
Però il riso brillato, o meglio ancora la sua acqua di cottura, è ottimo per frenare le diarree. Il gusto non è eccezionale, e basta mangiarne un piatto scondito per rendersene conto. Ma questo riso assorbe facilmente i sapori degli ingredienti con cui viene cucinato, per cui viene particolarmente apprezzato per preparazioni come il risotto alla milanese.
Vitaminico e ricco di minerali, il riso integrale ha un indice glicemico un po’ più basso rispetto a quello raffinato, ma pur sempre piuttosto alto (forse è uno dei pochi lati negativi di questo cereale, insieme alla carica acidificante; a entrambi i problemi si rimedia con una generosa aggiunta di verdure). In compenso è digeribile, tonificante e nutriente. Povero di sodio e di proteine, combatte la ritenzione idrica e aiuta così chi soffre di insufficienza renale o di ipertensione. Il riso è poi nemico di fermentazioni intestinali e coliti.
Il prodotto integrale è molto saporito e non richiede granché di condimenti. Cotto per assorbimento sul fornello o in forno, risulta buono anche al naturale. Se vogliamo utilizzarlo per un risotto non avremo grandi risultati, ma in questo caso possiamo propendere per un semintegrale. Da ricordare che, a differenza del prodotto brillato, quello non raffinato non si conserva a lungo e va quindi consumato più in fretta.
Considerata anche la buona digeribilità, il riso integrale potrebbe comparire in tavola vari giorni alla settimana, ricorrendo naturalmente al prodotto biologico, che garantisce una coltivazione priva di residui chimici. E per non annoiarsi, possiamo anche variare i tipi. Vediamone una selezione, tutta rigorosamente bio e, in certi casi, di produzione equo-solidale.
Chicchi lunghi e corti
La prima e ovvia distinzione avviene in base alle dimensioni del chicco: in Europa, Giappone e Cina del Nord (japonica) è corto e tondeggiante; in India e nel Sud-Est asiatico (indica) è stretto e affusolato, piuttosto allungato.
A grandi linee, si distinguono:
comune od originario: dal chicco piccolo, adatto per minestre e dolci;
semifino: chicco un po’ più lungo, va bene per minestroni;
fino: ideale per timballi e supplì;
superfino: pregiato e dai chicchi grandi. Ne fa parte il Carnaroli, considerato il top dei risi anche per il fatto che non scuoce facilmente.
Questi tipi di riso non hanno nette differenze per quanto riguarda l’apporto nutrizionale – per questo la tabella qui a lato si limita a confrontare il riso brillato e quello integrale con i tipi rosso e nero.
Un arcobaleno di chicchi
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Nero. Talmente pregiato che in Cina era detto «riso dell’imperatore», da qualche decennio è coltivato anche in Piemonte, dove un agronomo cinese ha ottenuto in modo naturale una varietà unica in Europa. Il colore nero è dovuto a pigmenti naturali del pericarpo. Vanta uno squisito gusto di noce, un profumo straordinario… e un prezzo non proprio concorrenziale: del resto la qualità si paga. Zhimin Xu, professore associato al Department of Food Science del Louisiana State University Agricultural Center di Baton Rouge, ha fatto un interessante confronto tra un cucchiaio di crusca di riso nero e un cucchiaio di mirtilli e more: il cereale risulta più ricco di antocianine, dotate di valide proprietà antiossidanti e quindi nemiche di tumori, malattie cardiovascolari, radicali liberi. Tra l’altro, ha sottolineato lo studioso, il riso ha meno zuccheri dei frutti di bosco e più vitamina E.
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Rosso. Anche in questo caso il colore è dovuto a pigmenti naturali dell’epicarpo. Coltivato fin dal Neolitico intorno al fiume Niger, il riso rosso ha un sapore aromatico e gustoso, è adatto per primi asciutti o per piatti unici e ha il pregio di mantenersi croccante anche se cotto a lungo. Al pari del «fratello nero», si è rivelato utile nella lotta contro il colesterolo. Interessante anche il prodotto fermentato.
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Rosa. Proviene dal Madagascar ed è il probabile incrocio spontaneo fra un riso indonesiano e uno rosso. Viene venduto con il marchio del commercio equo-solidale, ma di recente è prodotto anche in una ristretta area del Piemonte. Apprezzato per la ricchezza di ferro e vitamine, ha un gusto delicato ma intenso, aromatico e floreale.
Altri tipi
Parboiled. È riso integrale cotto al vapore, essiccato e raffinato. Viene considerato dal punto di vista nutrizionale simile al prodotto integrale, perché con il trattamento subito le fibre e le vitamine passano dallo strato esterno a quello interno. Purtroppo questo non sempre è vero: un’inchiesta di Altroconsumo ha rilevato che spesso questi se ne vanno con la cottura, quindi ci sono ben poche differenze con il riso brillato.
Selvaggio. Non è affine al riso, ma è una pianta acquatica spontanea nell’America del Nord, cibo tradizionale di alcuni gruppi nativi. Ha chicchi allungati a forma di bastoncino scuro, sapore spiccato e caratteristico, quasi di fungo. Il riso selvaggio è piuttosto caro, perciò viene di solito mescolato con altro riso, però ha un ottimo profilo nutrizionale: le proteine sono all’incirca doppie rispetto a quelle del riso comune; lo stesso vale per il potassio e per il fosforo. Anche le vitamine del gruppo B sono contenute in proporzioni maggiori.
Basmati. Di origine indiana e pakistana, è un riso pregiato che si distingue per l’aroma particolare. Con i suoi chicchi allungati e consistenti, il basmati viene apprezzato anche perché non tende a incollarsi ma resta ben separato. Rispetto ai confratelli, poi, ha un indice glicemico più basso, classificato come «medio». Viene tutelato come prodotto tipico e non può essere coltivato al di fuori dei paesi d’origine. Quello in vendita deve essere puro almeno per il 95%, anche se purtroppo, sempre dall’inchiesta di Altroconsumo, sono emerse alcune falsificazioni. I prodotti biologici ed equosolidali testati sono risultati «puliti», resta il fatto che per verificare l’autenticità di un basmati c’è una sola prova: l’esame del DNA. A titolo informativo, una porzione di basmati cotto contiene 20,8 mg di calcio, 21,6 di sodio, 37,1 di potassio, 12,1 di magnesio, 0,2 di manganese, 0,3 di rame, 1,3 di ferro e 0,4 di fosforo.
Thai o jasmin. Questo riso originario della Thailandia rappresenta una risorsa genetica essenziale per la produzione di altre varietà. Ha il pregio di essere naturalmente predisposto alla coltivazione biologica, perché cresce bene senza trattamenti chimici. Il thai, che viene coltivato anche in Italia, è aromatico e saporito.
Consigli per la cottura e la conservazione
Cuocere il riso integrale
I migliori risultati li dà la cottura per assorbimento. Mettere il riso in una casseruola e unire 2,5 parti di acqua fredda per ogni parte di cereale. Chiudere con il coperchio e, all’ebollizione, abbassare il fuoco al minimo. La cottura avviene in 45 minuti circa e non richiede controllo. Alla fine i chicchi sono ben separati, inoltre non vanno persi né sapori né nutrienti perché l’acqua di cottura non viene gettata. Durante la cottura si possono aggiungere verdure a pezzetti (per esempio zucca, cavolfiori, broccoli, carote, porri), calcolando ovviamente i tempi per non avere vegetali sfatti. In alternativa si può infilare la casseruola in forno.
Ecco un altro metodo valido: mettere il riso nella casseruola e coprirlo appena di acqua fredda. Mettere il coperchio, come sempre abbassare al bollore ma cuocere solo per 15-20 minuti. Infine spegnere il fuoco e avvolgere la casseruola in un panno caldo. Qualche ora dopo sarà tutto pronto. Ottima anche la cottura nella pentola a pressione, perché si riducono molto i tempi. Bisogna utilizzare dose doppia di acqua e calcolare 18-20 minuti di cottura.
Alcune ricette consigliano la cottura al vapore: in realtà il riso viene cotto sì al vapore, ma all’interno di apposite ciotole e coperto di acqua – quindi è ancora una volta una cottura per assorbimento, ma con tempi più lunghi.
La pentola cuociriso
Viene chiamata anche rice cooker o slow cooker ed è molto utilizzata in Oriente. È una pentola elettrica provvista di coperchio, a volte di termostato (serve anche per tenere i cibi in caldo). Alcuni modelli hanno un cestello d’acciaio per cuocere a vapore, altri un contenitore estraibile di materiale antiaderente. La pentola è abbastanza versatile e pratica, rimane il fatto che non è indispensabile e per di più consuma corrente.
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