Ecovillaggi: avanguardie d’oltremare
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Ecovillaggi: avanguardie d’oltremare
Gaia nasce nel 1992 come associazione, per poi concretizzarsi in un ecovillaggio sviluppato su venti ettari di terreno a Navarro, a un centinaio di chilometri da Buenos Aires. Per essere più precisi, la comunità è stata fondata da una coppia, Gustavo e Silvia, con l’intenzione di creare uno spazio di vita ma anche un centro studi. A loro si sono poi pian piano uniti dei giovani. Oggi Gaia include dieci nuclei familiari.
A Gaia troviamo persone di età molto diverse: si va dalla famiglia con il bimbo di pochi mesi fino alla pensionata che fa da nonna a tutto il gruppo. I pasti sono condivisi nella casa comune, dove si trovano anche le stanze per gli ospiti. In un altro edificio vi sono bagni, lavatrici e altri servizi ad uso esclusivamente comunitario. I membri della comunità sono tutti vegetariani e il loro orto sinergico li rende quasi autosufficienti. L’impatto che hanno sul territorio è minimo: cucinano a legna o con il forno solare; fanno uso di un impianto di fitodepurazione e sono dotati di fotovoltaiedifici sono in terra cruda e paglia e il riscaldamento è prodotto da stufe a massa termica. Per far parte del progetto, è possibile comprare un pezzo di terra dell’associazione (solitamente intorno ai 20.000 euro), dove poi costruire la propria casa. Oltre a organizzare corsi tutto l’anno, la domenica si ospitano visitatori esterni.
Sì, sono autocostruite, ma abusive. Il governo argentino tuttavia non fa molti controlli e nelle località rurali è consuetudine non denunciare nuovi immobili. L’ecovillaggio in ogni caso è costruito con materiali riciclabili e biodegradabili e rispetta il tradizionale impiego dell’adobe, cioè dei mattoni in terra cruda, diffusi in tutto il nord dell’Argentina.
Ospitano la sede dell’Istituto argentino di permacultura (RAPEL: Red de Apoyo a la Permacultura Latinoamericana).
È bene sapere che non hanno animali, neppure da compagnia, per lasciare la fauna selvatica libera da condizionamenti. Inoltre ricordano sempre ai visitatori: «Noi non produciamo immondizie, solo scarti organici. I nostri rifiuti secchi li compattiamo e li inglobiamo nei muri delle nostre case, prendendoci la responsabilità dello smaltimento. Invitiamo tutti quindi ad aiutarci nel nostro intento non portando materiali in plastica; se proprio non potete farne a meno, portatela con voi quando andrete via».
Guardare il prospetto del progetto Telaithrion dà la sensazione di trovarsi in una località extraterrestre o paradisiaca. L’idea dell’Olimpo calza a pennello, non solo perché siamo in Grecia e la posizione geografica, sul colmo di una montagna, ci regala un panorama mozzafiato; ma anche per come si sviluppa l’ecovillaggio: circolarmente, in tre gruppi di cinque yurta circostanti tre cupole geodetiche, poste attorno a un’enorme cupola al centro. Non si tratta quindi dell’Olimpo, ma di Agios, nell’isola di Evia.
Lo scopo dell’associazione è studiare e realizzare una struttura sociale ecosostenibile basata sull’organizzazione strategica di risorse locali e globali, replicabile ovunque nel mondo.
Dopo anni di parole e di teorie, abbiamo sentito che dovevamo passare all’azione. Volevamo seguire il saggio consiglio di Gandhi: essere il cambiamento che volevamo vedere nel mondo. Così è nata l’idea di una «scuola della sostenibilità», dove tutti sono insegnanti e tutti sono studenti. Un’eco-comunità salutare e armonica, rispettosa dei valori umani e dell’ecosistema, punto di aggregazione per coloro che hanno voglia di condividere in modalità open source le informazioni teoriche e pratiche.
Abbiamo piantato più di quattrocento alberi da frutto. Le coltivazioni, le costruzioni e il progetto di permacultura li stiamo applicando in piccola scala nei nostri test-site, ovvero piccole aree del terreno adibite alla sperimentazione. Stiamo ultimando l’autocostruzione delle yurta, mentre per la cupola centrale ci vorrà ancora un po’ di tempo. Coltiviamo abbastanza da coprire il nostro fabbisogno alimentare e quello che avanza lo scambiamo o lo regaliamo ai vicini.
Sì, collaboriamo con Panagiotis Manikis, uno dei successori di Fukuoka, e con il Center of natural farming di Edessa. Tra le varie tecniche di coltivazione che abbiamo studiato e testato, questo metodo si è rivelato essere il più bilanciato, relativamente ai nostri scopi. In tanti in Italia vorrebbero risiedere in una yurta, ma la legge non lo consente.
Nel nostro paese la yurta è considerata una struttura non permanente, quindi non c’è bisogno di permessi di costruzione. Può essere usata come residenza, con la clausola di avere l’approvazione per l’integrità strutturale di un ingegnere o un architetto.
La crisi economica condiziona tutti, le persone singole o le comunità che mirano all’autosussistenza alla fine sono meno colpite, come nel nostro caso. Ciò che risulta evidente, in tutta la popolazione greca, è che sempre più persone cercano informazioni su come convertire il proprio stile di vita: da passivo ad attivo e creativo. Volontari e visitatori che passano da noi sono sempre più determinati a trovare alternative. E noi siamo qui, a fornire idee. Quello che speriamo è veder nascere migliaia di progetti con cui fare rete, condividere esperienze, conoscenze e abilità, ritrovando così una dimensione più umana della vita e del lavoro.