“La democrazia cresce dal basso verso l’alto, come un albero”. Vandana Shiva
Un’economia sostenibile e umana. È quello che cercano di costruire in Val di Susa con la rete degli imprenditori etici Etinomia, vicina al movimento No Tav, spesso identificato in termini negativi e diffamatori in tv e sulle colonne dei principali quotidiani. Ma da queste parti le persone hanno mostrato di fare sul serio e costruire dei processi partecipativi per creare lavoro nel rispetto dell’ambiente e delle comunità.
Nel fine settembre scorso il comune di Vaie (To) ha ospitato presso le sue strutture l’iniziativa Stati Generali del Lavoro, un meeting di tre giorni che ha visto diversi gruppi della società civile italiana confrontarsi in maniera concreta sul tema del lavoro in tutte le sue possibili declinazioni. 8 tavoli tematici hanno visto la partecipazione attiva di circa 300 persone, che hanno affrontato il tema del lavoro da diverse angolazioni partendo da un’analisi dei punti di forza di esperienze già realizzate con successo per elaborare proposte e nuovi progetti operativi. Tantissimi i temi affrontati all’interno dei singoli tavoli: sanità, benessere, diritto ad esistere; commercio, distribuzione, consumo; significato di lavoro e reddito di cittadinanza; crisi, transizione e cambiamento; ruolo dell’impresa e della cooperazione; finanza e politiche monetarie “alternative”; innovazione a servizio del territorio; amministrazione e istituzioni.
“Un evento organizzato all’insegna di alcuni obiettivi per noi fondamentali” ci ha spiegato Daniele Forte, presidente di Etinomia. “Il primo è quello di andare oltre le differenze di pensiero a partire dalla condivisione di alcuni valori comuni, come quelli della centralità del territorio e del senso di comunità, che secondo noi dovrebbero essere i presupposti per iniziare a ripensare il mondo del lavoro”.
Nel contesto attuale della Val Susa, spesso vittima di una forte azione diffamatoria da parte dei media ufficiali che mirano a creare divisione, negando la capacità propria del movimento No Tav di accogliere in sé le differenze, questo aspetto assume ulteriore importanza: “Mentre noi siamo qua a cercare di mettere in pratica un nuovo paradigma economico proveniente da un patto tra i cittadini e le amministrazioni, la Valle viene dipinta dai giornali e dal governo come uno scenario di tipo militare, con il solo scopo di screditare la lotta che stiamo portando avanti contro un modello di sviluppo deleterio e ridurla a un problema di ordine pubblico” afferma dal palco dell’assemblea conclusiva Angelo Patrizio, sindaco di Avigliana, cittadina valsusina la cui giunta, molto attenta alle istanze dei cittadini, è un esempio concreto di gestione partecipata della cosa pubblica.
“Noi non siamo i No Tav buoni” tiene a precisare Daniele Forte. “Etinomia è una realtà che nasce all’interno del movimento No Tav proprio in virtù di una pratica che in vent’anni di opposizione pacifica alle grandi opere inutili ha portato la Valle a divenire una fucina di sperimentazione di nuovi modelli di comunità, basati sulla solidarietà e il rispetto dell’uomo e del territorio”.
Cooperazione tra cittadini e amministrazioni locali
La centralità del territorio e della comunità che lo abita e la sua gestione partecipata, basata su una conoscenza profonda delle necessità locali che può avere luogo solo a partire da chi quel territorio lo vive, è infatti una delle parole chiave dell’iniziativa.
“Un altro obiettivo che ci siamo posti” spiega ancora Forte “è quello della concretezza: di convegni teorici sul lavoro ne sono stati fatti tantissimi, ma a noi interessava dimostrare che se elaboriamo proposte a partire da contenitori di discussione validi e allargati a realtà diverse, è possibile, laddove l’amministrazione è sensibile, generare una forma di democrazia partecipata che può trovare delle risposte reali al problema dell’occupazione”.
L’ultimo tavolo infatti era composto da amministratori locali, e aveva il duplice ruolo di produrre delle proposte proprie e di diventare ricettore delle istanze degli altri gruppi, promuovendo la cooperazione fra cittadini e istituzioni per l’attuazione di progetti comuni e simbolo di una democrazia che cresce dal basso verso l’alto.
Stupisce l’entusiasmo con cui molti cittadini della Valsusa, impegnati nella lotta contro il Tav e nella costruzione di nuovi modelli sociali come quelli proposti da Etinomia, parlano dei propri amministratori. Chi è stato almeno una volta in Valsusa, infatti, ha subito la netta percezione che non si stiano fronteggiando istituzioni pubbliche e cittadini egoisti come i media spesso sembrano volerci far credere, bensì due gruppi con obiettivi completamente diversi: da un lato le comunità locali che vivono i territori e li proteggono; dall’altro un modello che riceve input da multinazionali o da organismi burocratici e che decide di attuare il proprio volere sulla terra incurante dei cittadini che la abitano e nonostante essi.
Una grande partecipazione
Gli Stati Generali del Lavoro hanno visto una grande partecipazione dei cittadini della valle, ma anche di moltissime persone provenienti da tutta Italia che vedono nella lotta contro le grandi opere inutili una grande battaglia civile in difesa di una democrazia realmente partecipata. Alberto Perino, storico esponente del Movimento No Tav e “vittima” di continue indagini civili e penali, nel suo intervento alla serata inaugurale delle tre giornate ha sottolineato l’importanza di distinguere tra i lavori che rispettano il territorio, generano occupazione anche nel lungo periodo, arricchiscono i luoghi in cui vengono svolti e quelli che consumano e distruggono un territorio, la sua economia, i suoi valori, non generano occupazione strutturale e, nel medio termine, privano un determinato luogo delle sue risorse e delle sue ricchezze.
Le proposte dei tavoli tematici
Dalle discussioni avvenute negli otto tavoli, in effetti, è emersa una visione comune, seppur su temi diversi. Nelle conclusioni della tre giorni, infatti, si legge:
“Il mondo dell’impresa deve attuare un cambiamento profondo attraverso il quale riuscire a considerare il profitto non come unico obiettivo finale ma come mezzo per contribuire al bene comune” (tavolo 5).
“Le conclusioni a cui siamo giunti sono allo stesso tempo le priorità da realizzare: sovranità alimentare, indipendenza energetica, recupero del tema della cura a trecentosessanta gradi: del territorio, della comunità, della persona” (Tavolo 4).
“Serve una ristrutturazione vera e propria del tempo di vita delle persone, una riduzione del tempo di lavoro formale, sia quotidiana e annuale che durante tutta la vita, e che riconosca invece la parte da dedicare alle altre persone”. (Tavolo 3)
“La sostenibilità nel tempo di un territorio si basa anche sulla sostenibilità dei suoi flussi interni, in entrata e in uscita, e quindi sulla capacità di valorizzare le proprie risorse chiudendo, per quanto possibile, i cicli dei materiali al proprio interno e aprendo all’esterno quelli delle idee e delle informazioni”. (Tavolo 2)
“Si deve insistere sulla possibilità di avere il reddito di cittadinanza e ancor meglio inserire nel PIL il lavoro sostenuto principalmente dalle donne a casa nel lavoro di cura dei familiari”. (Tavolo 1)
C’è poi il problema dell’accesso al credito e dell’indebitamento.
Ed ecco che nel Tavolo 6 si è discusso di “sperimentare strumenti monetari alternativi che possano anche essere gestiti e controllati direttamente dai cittadini. Al tal fine è necessario aumentare il livello di educazione finanziaria e monetaria delle persone. Si devono anche offrire soluzioni alle fasce deboli della popolazione (soprattutto per soddisfare il fabbisogno di beni di prima necessità), ma anche per dare respiro alle aziende e agli stessi enti locali, oggi bloccati dalla mancanza di liquidità”.
Il tutto senza mai dimenticare che “le piccole opere diffuse hanno una maggior ricaduta occupazionale sul territorio e sfruttano competenze professionali che vanno valorizzate, si possono realizzare quasi a costo zero per gli enti pubblici con la pratica del co-working (Tavolo 7).
A conclusione del lavoro è arrivato un forte richiamo alla responsabilità individuale da parte di Daniele Forte: “Gli spazi occupati dai poteri forti sono quelli che noi lasciamo vuoti. Dobbiamo occuparli noi, con la nostra consapevolezza di consumatori, di cittadini, di imprenditori, di politici”.
Per saperne di più:
di Giuditta Pellegrini e Daniel Tarozzi
foto di Giuditta Pellegrini