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Il lavoro si trova nel verde

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I green jobs sono circa 3 milioni, ma se ne potrebbero creare altrettanti con politiche virtuose. Le aziende che investono nell’ecologia sono quelle che esportano di più i loro prodotti. Se la politica cambia marcia le cose migliorano ancora…
L’Italia non è affatto un paese per vecchi, ma mostra un forte dinamismo nel settore green. A sostenerlo è il rapporto Green Italy di Unioncamere e fondazione Symbola. Sono 3 milioni gli occupati nella green economy in Italia, ma accanto a questi si potrebbero attivare altri 3 milioni e 700 mila posti di lavoro.
Dal 2008 ad oggi, anche senza contare l’agricoltura, 328mila aziende italiane dell’industria e dei servizi con almeno un dipendente hanno investito, o lo faranno quest’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale e risparmiare energia: il 22% di tutte le imprese nazionali. Dalle quali quest’anno arriverà il 38% di tutte le assunzioni programmate nell’industria e nei servizi: 216.500 su un totale di 563.400.
Ma vediamo quali sono i lavori green. Dal muratore esperto di materiali ecologici, agli ingegneri ambientali o energetici, illuminotecnici, carpentieri: tutti i lavori si possono declinare in senso verde, con un sensibile guadagno in termini di lavoro e capacità di penetrazione nel mercato.
Chi investe green, infatti, è più forte all’estero: il 42% delle imprese manifatturiere
che fanno eco-investimenti esporta i propri prodotti, contro il 25,4% di quelle che non lo fanno. Perché oggi green economy significa innovazione: il 30,4%
delle imprese del manifatturiero che investono in eco-efficienza ha effettuato innovazioni di prodotto o di servizi, contro il 16,8% delle imprese non investitrici. E significa redditività: il 21,1% delle imprese manifatturiere eco-investitrici ha visto crescere il proprio fatturato nel 2012, tra le non investitrici è successo solo nel 15,2% dei casi.
L’Italia insomma ha molte carte da giocare, ma la politica deve fare molto. Innanzi tutto incentivando una politica industriale che faccia perno sulla valorizzazione dei nostri pilastri – manifattura, turismo, cultura, agricoltura – e indichi proprio nella sostenibilità la via da seguire. E con una politica fiscale che stia dalla parte della green economy: che sposti la tassazione dal lavoro verso il consumo di risorse, la produzione di rifiuti, l’inquinamento. Che incentivi la ricerca, l’ICT e l’innovazione, la formazione, l’inclusione sociale e il contributo dei giovani e delle donne alla società e all’economia italiane. Che sostenga il credito e gli investimenti per competere nell’economia reale a scapito di quelli per fare speculazione sui mercati finanziari.

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