L’amore vero
A Hue, in Vietnam, nel parlatorio del tempio occidentale detto “del Paradiso” si trovano un paio di pannelli di legno nei quali i monaci hanno inciso due versi:
Privo di comportamenti mondani,
con le ossa di un immortale,
il cuore del Buddha è pieno d’amore.
Questa strofa significa che il Buddha è una persona amorevole e che il genere d’amore che egli insegna è un amore molto più ampio e inclusivo. Il grande amore permise al Buddha di abbracciare il mondo intero.
Diventando un Buddha, Siddhartha non smise di essere una persona che aveva bisogno di dare e ricevere amore.
Anche in lui, come in tutti noi, erano presenti i semi del desiderio sessuale. Se n’era andato di casa all’età di ventinove anni e aveva raggiunto l’illuminazione a trentatré; un uomo di trentatré anni è ancora molto giovane, a quell’età la maggior parte di noi prova ancora molto desiderio sessuale.
Il Buddha aveva in se abbastanza amore e senso di responsabilità, e una mente sufficientemente risvegliata, da riuscire a gestire la propria energia sessuale. Possiamo fare lo stesso anche noi. Questo non significa non provare desiderio: lo proviamo, ma non ci lasciamo sopraffare da quella sensazione. Al contrario, possiamo agire a partire da un sentimento d’amore più ampio.
L’amore affonda le radici in una certa misura anche nell’attrazione fisica. In ognuno di noi il desiderio può diventare amore. La pratica di consapevolezza non elimina il desiderio, no gli mette fine. Mettere fine ad un impulso simile ci toglierebbe umanità. Noi pratichiamo per acquisire la capacità di gestire il desiderio, di sorridere al desiderio in modo da esserne liberi.
Tutti gli esseri umani hanno in sé i semi del desiderio dei sensi. Quando si ripresenta, di tanto in tanto, possiamo impiegare la nostra consapevolezza e visione profonda per sorridere a quel desiderio; allora non ne saremo travolti e non ci lasceremo intrappolare da lui.
L’amore può darci felicità e pace se con il nostro amore non creiamo una rete nella quale imprigionare noi stessi e gli altri. E’ facile riconoscere il modo corretto di amare: quando amiamo bene non generiamo ulteriore sofferenza.
Il Buddha ne ha parlato in un insegnamento intitolato “La rete dell’amore fisico”. La parola “amore” in questo sutra ha una connotazione un pò negativa. Cadere preda dell’amore fisico significa essere come un pesce che nuotando si infila in una nassa e non riesce più a fuggirne. Nel sutra si usa l’immagine della rete per descrivere la perdita di libertà della persona che cade preda del desiderio sessuale e ne resta avviluppata.
Nel Sutra sulla rete dell’amore fisico si utilizzano due caratteri per significare “amore”: il primo indica non solo l’amore romantico fra due persone ma anche quello per l’umanità; è un carattere che non ha implicazioni di attaccamento ma significa “vero amore”. Il secondo carattere significa “voglia, brama, desiderio“. Quando i due caratteri si presentano separatamente è facilissimo tradurli: da una parte c’è l’amore, dall’altra il desiderio. Quando combiniamo insieme le due parole, il termine che ne risulta descrive un amore che contiene anche il desiderio.
All’inizio il Buddha insegnò il Sutra sulla rete dell’amore fisico ai monaci, tuttavia è un discorso ricco di significato per tutti. Mentre praticare la consapevolezza dei monaci è sotto molti aspetti più facile che praticarla da laici, spesso ci sentiamo chiedere se la castità richiesta ai monaci e monache sia difficile. Astenersi dai rapporti sessuali, nell’insieme è molto più facile che avere una relazione sessuale sana.
Noi monaci passiamo il tempo nella pratica e nella natura; non guardiamo la televisione, non leggiamo romanzi d’amore né guardiamo film o riviste che alimentano in noi il desiderio dei sensi, mentre i laici sono bombardati di continuo da immagini e brani musicali che lo alimentano. Occorre una pratica costante per ricevere tutti quegli stimoli e mantenere comunque una relazione fisica sana, fatta di amore e comprensione reciproci.
Tutti noi siamo mossi dall’amore. L’amore può essere per noi la più grande delle gioie, oppure la più grande delle sofferenze quando lo confondiamo con la brama e l’attaccamento. Comprendendo le radici della nostra sofferenza e imparando a sviluppare una comprensione profonda di noi stessi e della persona amata possiamo godere di quel senso di rilassamento, di quella gioia e quella pace che nascono dall’amore vero.
Testo tratto da pagina 6 e seguenti del libro ”
Sono qui per te“, il primo nel quale il maestro zen Thich Nhat Hanh affronta i temi di un’intimità e una sessualità consapevoli.
Come mantenere viva l’energia e la passione in una relazione duratura? Quali pratiche possono aiutarci a perdonare il partner per il dolore che ci ha procurato? Come iniziare un nuovo rapporto con il piede giusto? Come affrontare la nostra insofferenza o l’attrazione per qualcun altro al di fuori della coppia?
Il libro offre un concreto aiuto per trasformare positivamente la propria relazione e imparare ad accettare e amare il partner nella sua integrità. Scritto con la consueta chiarezza e ricco di consigli per la pratica quotidiana, questo libro è una guida fondamentale per chi desidera creare relazioni intime durature e consapevoli.
Leggi di seguito in anteprima alcune pagine:
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