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Il Bangladesh nell’armadio

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I nostri armadi nascondono morte, soprusi e inquinamento. Contengono manufatti griffati e variopinti con un elevato impatto sul pianeta. Ecco cosa significa avere il “Bangladesh nell’armadio”.
Il 24 aprile scorso a Dacca, in Bangladesh, è crollato il Rana Plaza, edificio che ospitava lavoratori del tessile in stato di semi-schiavitù.
Attualmente il bilancio è di 1200 vittime, ma potrebbe ancora salire. Anche l’italiana Benetton, dopo un primo momento in cui aveva negato che nel palazzo crollato si producessero suoi articoli, ha ammesso che anche alcuni dei suoi operai sono stati vittime del crollo.
L’azienda ha dovuto ritrattare la sua iniziale dichiarazione perchè smentita dalle fotografie scattate dall’Associated Press, che hanno ripreso articoli con etichetta Benetton sparsi tra le macerie.
Possiamo ancora affidarci ai brand della moda senza renderci conniventi?
Molti dei vestiti che indossiamo arrivano dal Bangladesh o da aree asiatiche, con buone probabilità da fabbriche non molto diverse dal Rana Plaza.
Anche nell’abbigliamento dovremmo cominciare a consumare meno e meglio, tornando alla produzione italiana e al tessile certificato bio o fair trade.
I nostri armadi non devono più assomigliare a delle bare.
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