Quattro chiacchiere con Felice colaci, che tra risate e poesie, ci racconta il suo mondo bioregionale, fra baratto, tutela del territorio e sobrietà.
Felice Colaci: seminare sogni
A circa cento chilometri di distanza abita Felice Colaci. Felice ha una vita simile a quella di Fabrizio, ma ha deciso di ricorrere alla luce elettrica e all’acqua corrente in casa. Anche lui al momento vive da solo, ma ha spesso ospiti. Scrive poesie e racconti che
pubblica sul Seminasogni, una pubblicazione che spedisce per abbonamento postale a chi ne fa richiesta.
Mentre siamo lì, attaccati alla stufa a legna, ci legge le sue poesie, che parlano di stagioni, di vita, di dolore e di gioia, del trionfo della natura nelle sue diverse componenti. Ascoltandole pare di connettersi con il suo io più autentico, che fatica a esprimersi attraverso le semplici parole in prosa.
Lo scambio e il baratto secondo Felice sono un buon modo di divulgare cultura attraverso le colture. «Chi ha paura non scambia e non cambia» ci spiega. Con il baratto si creano rapporti, si propongono pratiche e prassi, ci si influenza reciprocamente.
Fabrizo e Felice hanno fatto scelte estreme, ma il pensiero bioregionale si concretizza anche in pratiche meno radicali. Il movimento, infatti, ha al suo interno esponenti molto diversi tra loro, sempre accomunati però da un desiderio: vivere in armonia con la natura e contaminare anche il mondo umano intorno a loro.
La scelta di vivere in campagna, infatti, non va vista come un ritiro dalla civiltà e un disinteresse verso il resto dell’umanità. Al contrario, il tentativo è quello di creare dei punti di diffusione di un diverso modo di vivere e esistere.
In effetti, chi incontra queste persone e respira la saggezza e la luce che traspare dai loro occhi difficilmente ne rimane indifferente.