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Dieta crudista

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Se volessimo prendere in considerazione l’idea di diventare crudisti o di consumare più cibi crudi nella nostra dieta, ci sono alcune cose essenziali da sapere.
Intanto, il crudismo si declina in tante scuole: dai fruttariani a quelli che uniscono ai vegetali uova e latte crudo, a quelli che escludono ogni prodotto animale. Le ricette del libro di Sara Cargnello, pubblicato da Terra Nuova Edizioni dal titolo ” Tutto crudo in cucina“, aderiscono a quest’ultima tipologia.
Se la magia del crudismo ci sta avviluppando nelle sue voluttuose spire come fecero i pomodori con i due protagonisti del racconto, meglio far avvenire la cosa gradualmente. Sebbene non vi siano controindicazioni al mangiare solo cruditée, quando si decide di passare da un’alimentazione con cottura a una completamente senza, è bene seguire due importanti regole: masticare accuratamente il cibo (prima digestio fit in ore, dicevano i nostri padri!) e bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno. Entrambi gli accorgimenti sono necessari a evitare i fastidiosi gonfiori alla pancia causati dal maggiore apporto di fibre, al quale il nostro intestino non sarà ancora abituato.
In cucina con gli aiutanti
Prima di tutto ci dobbiamo attrezzare. Nella bella cucina di un crudista non possono mancare: la centrifuga, l’essiccatore, meglio se orizzontale (per evitare sgarbate colature di cibo su altri cibi e odori diffusi da un cibo all’altro), il germogliatore, che si può comperare ma si può anche costruire in casa in poche e facili mosse, e la fioccatrice, con la quale potremo fare semi in fiocchi pronti da mangiare, con la certezza che non abbiano additivi e che non siano cotti, come accade spesso per i cereali industriali. Adesso possiamo passare all’azione e cominciare a esercitarci con le insalate che, nella loro semplicità, ci danno la possibilità di imparare a fare gli abbinamenti secondo il sapore e la digeribilità dei cibi.
La ricetta ideale per l’insalata di un vero crudista, scrive nel suo libro Sara Cargnello, è composta da: una base (le foglie), uno stelo, un fiore, un frutto e una radice. In pratica si deve tener conto di tutte le parti della pianta che, nella loro integrità, contribuiranno a nutrirci. Ecco che allora possiamo scegliere una verdura a foglia spaziando dalla scarola alla trevigiana, passando per il cavolo cappuccio e il tarassaco. Poi ci sono gli steli: un sedano, un gambo di carciofo o un porro. Poi le radici, dalle carote alle cipolle e allo zenzero. I fiori, dal cavolfiore al broccolo, dal glicine alla malva. E infine i frutti: pomodori, peperoni, cetrioli e tutta la frutta dolce.
Il vocabolario del crudista
Mangiare crudo significa anche imparare a masticare parole e pratiche nuove, come ammollo e germinazione, pratiche essenziali nella preparazione dei germogli, fonte inesauribile di sostanze nutritive in grado, anche in piccola quantità, di dare sapore e croccantezza a qualsiasi tipo di piatto. Altra parola è essicazione, un procedimento grazie al quale possiamo fare in casa pomodori secchi e uva passa, ma anche cracker, pane e biscotti. Per essiccare i nostri cibi possiamo ricorrere al calore naturale del sole, nella bella stagione, oppure di una stufa o un calorifero durante i mesi freddi. Infine, la fermentazione, un processo che arricchisce gli alimenti di altre virtù salutari come i batteri probiotici, l’acido lattico, la vitamina C e alcune del gruppo B. Mica male! Certo, dobbiamo tenere conto che il cibo fresco frullato, tritato, centrifugato ed essiccato subirà comunque una diminuzione parziale dei suoi valori nutrizionali. Infatti, già il semplice gesto di affettare un alimento dà via al processo di ossidazione, che a volte riduce fino al 70% le quantità di acido folico e di vitamina C contenute in frutta e ortaggi.
Mai e poi mai, però, potremmo pensare a una cucina crudista monocorde e priva di sapori. Basta guardare alcune ricette per capire che il gusto c’è, ma è prioritario assecondarlo, non dominarlo. Infatti, la cosa più importante dell’avventura crudista, anche se affrontata a piccoli passi, è prendere confidenza con i sapori veri, quelli a cui ci siamo disabituati a forza di spentolare davanti ai fornelli. Capire con il palato, decodificare che cosa è veramente «naturale», può essere come imparare un’altra lingua. È anche un altro modo di accostarci alle cose, accettandole per quello che sono, accogliendo la loro essenza, e gustandocela.
Alla ricerca del paradiso perduto
Alcune tradizioni religiose raccontano di uno stato originario di perfezione dell’umanità, nel quale si era in pace con tutto il resto del creato e ci si nutriva semplicemente di frutti. Una totale libertà in cui si poteva dedicare il proprio tempo (forse infinito) a contemplare la bellezza della natura. Poi, in queste narrazioni, accade qualcosa e la fine della storia la viviamo tutti i giorni: fatica, affanni, mancanza di tempo, di aria, mancanza di qualcosa a cui sempre aneliamo. Imparando a mangiare crudo potremmo provare a recuperare, sebbene per brevi scorci, quel paradiso perduto.

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