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Il vero insegnamento di Steiner

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“Steiner propone un metodo di conoscenza che renda ciascuno libero di sperimentare e prendere posizione individuale rispetto ai fenomeni”. Un nostro lettore risponde alla provocatoria lettera di Donata Brillante, della Società vegetariana, pubblicata sul numero di giugno 2013.
Leggo con un certo divertimento e un certo sentimento di solidarietà la lettera di Donata Brillante su Rudolf Steiner pubblicata sul numero di giugno di Terra Nuova e vorrei solo fare qualche considerazione. Mi occupo di biodinamica da 35 anni e il problema più grande che ho trovato in questo percorso di pratica agricola, studio e osservazione della natura (anche quella umana!) è quello di capire come si può arrivare a comprendere il senso della natura e del nostro essere umani di fronte a essa. Come conoscerla quindi. Cosa significhi conoscere. Il confine tra conoscenza dei fenomeni e gli stessi fenomeni siamo noi. È quindi rilevante porre l’attenzione ai processi che avvengono in noi nel conoscere i fenomeni della natura.
Steiner propone un metodo di conoscenza che renda ciascuno libero di sperimentare e prendere posizione individuale rispetto ai fenomeni. Sia quelli che percepiamo nel mondo, sia quelli che nella nostra interiorità vengono stimolati dal nostro vivere nel mondo. La gentilissima lettrice rimane scandalizzata di fronte alla lettura di una delle ultime conferenze di Steiner. Ed è normalissimo perché:
1) ha un linguaggio specifico che la comunità antroposofica di allora aveva sviluppato nell’ambito del proprio lavoro scientifico e agricolo;
2) i presenti avevano ben chiare le premesse concettuali e metodologiche;
3) i presenti erano agricoltori.
L’agricoltura evidentemente non è il campo di vita e di professione della nostra lettrice e quindi il rapporto con il mondo animale non è stato abbastanza elaborato per comprendere il suo senso rispetto all’evoluzione umana e della Natura. Per questo mi è venuto un moto di solidarietà al suo scandalo. È comprensibilissimo. La proposta antroposofica interessa vasti campi di conoscenza, ricerca e applicazione (medicina, educazione, architettura, fisica, matematica, botanica, zoologia ecc). È importante a mio avviso non fare mai della ideologia: il fatto che all’uomo sia stata affidata la responsabilità di questo Pianeta in quanto essere creativo, pensante e tendenzialmente libero, impone un approccio alla natura che si interroghi sul senso delle cose e su quale sia il compito morale dell’uomo di fronte a essa. Non è possibile ignorare che se il principio fosse quello che l’uomo non ha in assoluto diritto di usare piante, animali e minerali per vivere, allora non avremmo agricoltura, medicina omeopatica o anche ayurvedica; non avremmo alcuna possibilità di agire. Il discernimento che bisogna avere è proprio quello di osservare la realtà senza pregiudizi, cercandone appunto il senso. 
La proposta steineriana pone in tutta la sua opera la questione della libertà umana e del senso evolutivo che essa ha per gli esseri umani, ma anche per tutta la natura. L’agricoltura biodinamica è innanzitutto agricoltura. Dunque usa le forze della natura per consentire la realizzazione di prodotti che possano davvero essere nutrimento pieno di forze utili a questa evoluzione e a una maggior consapevolezza umana. E pone precise responsabilità all’azione dell’uomo: quella di sperimentare e conoscere i fenomeni della natura con cui opera in modo da far emergere gradualmente una fenomenologia vasta e legata ai sistemi ecologici interi e interi paesaggi.
Agire nella propria azienda agricola pone la stessa in un processo evolutivo tale da configurare un’evoluzione dell’azienda stessa a un livello di vero e proprio «organismo» per poi divenire un organismo ecologico unico detto «individualità agricola». È possibile trovare quindi nell’agricoltura qualcosa di grande, di liberante, per una classe sociale interamente distrutta dall’industrialismo e dal riduzionismo scientifico. Il fatto che si usino organi animali e vegetali per fare dei preparati, tutti inseriti nei ritmi della Terra, certamente non vuol dire che vengano allevati e uccisi solo per questo! Il numero di animali coinvolti (come i topi citati nella lettera) è infinitamente inferiore alla strage di animali su tutta la catena alimentare ecologica ad opera della chimica. Le dosi quasi omeopatiche che si usano di questi preparati sono tali che davvero non esiste un problema di «consumo di animali». Le migliaia di aziende agricole sparse per tutto il globo possono dimostrarlo. Ma questa è storia dell’agricoltura di millenni e quindi mi pare di ravvisare non sia questo il punto che irrita la nostra lettrice. Piuttosto la irrita il fatto che Steiner parli da un punto di vista nel quale percezioni ordinarie e relativi elementi conoscitivi vengono integrati da livelli di percezione della realtà evidentemente più «sottili». Ma, se la nostra lettrice avesse la pazienza di approfondire e attendere prima di dare un giudizio superficiale, si accorgerebbe che ogni contenuto espresso si fonda su un principio di base: ogni affermazione di Steiner deve essere presa come ipotesi e nuovamente verificata, proprio per evitare un atteggiamento fideistico divenuto intollerabile per lui e molti dopo di lui. Questo lo può verificare leggendo i suoi testi metodologici e fondamentali, quali Verità e scienza e La filosofia della libertà. Posso assicurare che rispetto alla devastazione dell’agricoltura moderna e dei suoi fondamenti riduzionistici, positivistici e violenti nella loro parzialità, l’agricoltura biodinamica riesce nella pratica e nei risultati a creare aree ecologiche di rigenerazione ambientale, alimentare e umana come poche altre. Ma naturalmente non vuole essere l’unica via possibile, solo una proposta che, per quel che mi riguarda, è la più completa e liberante. 
Infine vorrei rivolgere due suggerimenti: uno alla lettrice Donata Brillante e uno alla redazione. Alla prima suggerirei di non scrivere lettere piene di insulti e offese un po’ rabbiose, ma fondate su brandelli di letture e testi che davvero hanno poco a che fare con il povero Steiner e le generazioni di agricoltori che si sono fatte carico del peso di un’agricoltura vera (e non quella dell’industria, della finanza, o dei fanatici riduzionisti). Forse si possono esprimere le opinioni più diverse, ma nel rispetto non dico della verità delle cose (che sarebbe un livello minimo tra persone oneste), ma almeno di coloro che hanno esperienze e idee diverse.
Alla redazione invece suggerirei di discernere tra lettere che esprimono opinioni argomentate da quelle che potrebbero far cadere la nostra gloriosa rivista in complicazioni di natura penale.

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