Come deve essere un buon materasso?
Né troppo duro, né troppo morbido, con la funzione di sostenere e accogliere il corpo durante il sonno. Semplice, no? In realtà abbiamo detto tutto e niente, perché le variabili personali sono davvero tante, a cominciare da quelle fisiche: siamo fatti ognuno in modo diverso, per peso, dimensione, costituzione, termoregolazione corporea, per non parlare poi delle abitudini.
C’è chi dorme di schiena, chi si appoggia su un fianco, o chi preferisce starsene a pancia in giù. Chi si rotola e si muove durante il sonno, chi suda molto e chi dice di dormire come un sasso, ma poi si ritrova coi dolori. Chi fa spesso l’amore e chi ha dei marmocchi che confondono il letto con un gonfiabile per il rimbalzo. Il consiglio più importante rimane quello di provare per credere. Davanti a un negozio di materassi non bisogna esitare: sdraiatevi comodamente, provate a girarvi, provate un modello e provatene un altro ancora. Fidarsi della sensazione del momento può però essere utile quanto fuorviante, per via di tutta una serie di fattori e condizionamenti che al momento dell’acquisto – i venditori lo sanno bene – fanno la differenza. Qualche nozione di partenza sarà bene quindi averla già masticata, in modo da non farsi abbindolare con troppa facilità.
Conoscere i dati tecnici
Ripetiamo: la sensazione che si prova a sdraiati rimane fondamentale. Ma intorno al cuscino si sono raccontate tante favole e alcune finiscono per pregiudicare l’obiettività necessaria all’acquisto. La favola più diffusa dagli anni ’70 in poi è che il corpo riposi meglio su superfici rigide. E così i materassi più duri si sono guadagnati il titolo pseudo-scientifico di materassi ortopedici.
I medici e gli operatori professionali oggi tendono invece a pensare che sia il materasso a doversi adattare alla forma della schiena e non viceversa. Il tempo delle penitenze sembrerebbe finito. La scelta sul grado di durezza andrebbe ben ponderata in base a sensibilità e caratteristiche soggettive, come il peso e le consuetudini. Chi è abituato a dormire sul fianco dovrà assicurarsi che le spalle riescano ad affondare bene nel letto, per consentire una disposizione più bilanciata della colonna vertebrale. Chi dorme sulla schiena, che rimane la posizione più «accomodante» per la colonna vertebrale, potrà invece giovarsi anche di un materasso più duro, facendo in modo che la parte superiore del corpo resti ben sostenuta.
Se si vuole comprendere con più precisione il fattore della durezza in quelli che sono i dati dichiarati dal produttore, dobbiamo consultare la scheda tecnica del materasso e verificare l’indice della portanza, generalmente espressa in Newton per 323 centimetri quadri. Più il valore sarà alto e più il materasso sarà duro. Senza scervellarsi troppo, potremmo controllare la descrizione fornita dall’azienda, che per ogni prodotto definisce un indice di portanza assa, media o alta. Ma è bene non fidarsi troppo dei dati dichiarati e verificare personalmente con il contatto fisico.
Aggiungiamo che nei modelli più evoluti la tendenza è quella di progettare una portanza differenziata per i diversi punti d’appoggio, con lo scopo di sostenere in modo adeguato ogni zona del corpo. In commercio se ne trovano a 5, a 7, a 9 e addirittura a 13 zone, ma non è detto che si riesca a percepire la differenza. Un altro modo è quello di dare la possibilità di regolare la flessibilità delle doghe mediante degli anelli a scorrimento.
Una variabile da considerare, e da non confondere con la durezza, è l’elasticità del materasso, che da un punto di vista funzionale si riflette nella capacità di affossarsi in un’area più circoscritta possibile, laddove si esercita in modo diretto la pressione del corpo, senza che ceda o si muovano anche altre parti. Sintetizzando al massimo, possiamo affermare che una maggiore elasticità garantisce una capacita di adattarsi al profilo e alle curve del corpo, permettendo di scaricare in modo più uniforme il peso.
Un’ulteriore caratteristica da prendere in considerazione è la densità, che in questo caso viene misurata in chilogrammi per metro cubo (kg/m3). Per alcuni materiali, come la schiuma di lattice o la famosa schiuma «memory», questo valore è soggetto agli sbalzi di temperatura, con significative differenze tra la stagione invernale e quella estiva, in cui le temperature del materasso sono solitamente più alte. Se l’indice di densità è più elevato, il materasso sarà più stabile e pesante, e dunque più duraturo. Per i modelli in schiuma poliuretanica si consiglia un valore di almeno 35-40 kg/m3.
Vecchi e nuovi materassi
Forse non corrisponde alle preferenze di consumo dei lettori di Terra Nuova, ma su scala nazionale sembra che i vecchi materassi a molle vadano sempre per la maggiore. A difesa di questo sistema, oltre all’aspetto economico, bisogna sottolineare che anche questa tecnologia piuttosto vetusta, che sembra adatta più a respingere che ad accogliere, ha fatto dei passi in avanti e le molle di oggi non sono certo quelle di alcuni anni fa. Parliamo delle molle biconiche, ma in particolare delle molle «insacchettate», che hanno il vantaggio di essere collegate l’una all’altra solo mediante l’involucro, garantendo così un movimento indipendente e assicurando una maggiore ergonomia grazie alla portanza differenziata. Un buon materasso a molle dovrebbe averne circa 130 per m2, un’altezza di almeno 20 cm e dovrebbe essere allettato su una superficie il più possibile uniforme. A lungo andare le molle sono comunque soggette a cedimento – soprattutto se i bambini cominciano a saltarci sopra.
Nell’ultimo decennio il gusto del pubblico sembra comunque virare verso altri materiali, come il lattice o la schiuma poliuretanica, che guadagnano sempre più fette di mercato, con qualche prodotto alla moda come quello a sistema «memory», una schiuma di poliuretano visco-elastica in grado di modellarsi in base alla forma del corpo, frutto delle ricerche aerospaziali della Nasa. Le condizioni di vita sul pianeta Terra però sono un po’ diverse da quelle dello spazio e, al di là del pregevole effetto estetico e della sensazione di avvolgimento che ti regala la prova dal commerciante, questi materassi innovativi mostrano alcuni limiti.
Secondo l’opinione del Centro consumatori utenti di Bolzano, gli affossamenti dovuti al peso corporeo possono limitare la libertà di movimento. E se la temperatura della camera da letto è molto bassa, la schiuma può indurirsi perdendo la sua mirabile funzione cognitiva. Anche la Stiftung Warentest tedesca ha rilevato come la reazione di queste schiume alle sollecitazioni sia un po’ singolare, con una sorta di ritardo nella risposta, che non asseconda bene i movimenti del corpo.
Più le imbottiture sono avvolgenti, più si limita la circolazione dell’aria, con il calore del corpo che tende a rimanere imprigionato nel materasso, facendo contente le persone più freddolose.
Per chi sceglie una soluzione più fresca e senza troppi fronzoli, non possiamo dimenticarci i futon tradizionali imbottiti con falde di cotone: sono particolarmente freschi e adatti ai bambini di peso leggero. Richiedono una manutenzione molto accorta, vanno ripiegati ed esposti al sole di frequente perché si imbevono facilmente di umidità, e col passare del tempo si induriscono e si assottigliano. Ma alla fine del loro ciclo di vita avremo la certezza che finiranno per degradarsi con facilità. Al futon più tradizionale giapponese si affiancano altri modelli più evoluti. Sono decisamente più versatili e adatti al nostro stile di vita quelli a cui vengono aggiunte lastre di fibra di cocco o strati di lattice naturale, che garantiscono una migliore traspirazione e riducono la necessità di batterli o arrotolarli per ripristinare il volume e la morbidezza.
Lattice tra mito e realtà
Il lattice è un materiale lattiginoso derivato dalla pianta della gomma o «caucciù» (Hevea Brasiliensis). Questo viene estratto soprattutto nelle foreste tropicali del Sud-Est Asiatico, e con la cui schiuma si realizzano diverse gomme pregiate, come quella di cui sono fatti i materassi. Questa è la teoria. Quello che si definisce lattice e si trova in commercio a bassi prezzi, infatti, è di origine sintetica, prodotto dalla dispersione di polimeri sintetici derivati, per esempio, dallo stirene-butadiene.
La normativa europea autorizza i produttori a spacciare i materassi realizzati con le più varie schiume sintetiche come materassi in lattice, anche nel caso di una percentuale minima di appena il 30% della preziosa gomma di origine vegetale. Quando invece compare la dicitura «100% lattice naturale» vuol dire che la percentuale di lattice naturale di origine vegetale (caucciù) arriva almeno all’85%. In realtà però il processo di vulcanizzazione a cui è sottoposta la schiuma del caucciù necessita comunque di additivi chimici, le cui emissioni dal prodotto finito non si possono escludere a priori.
Resta il fatto che il lattice naturale si presenta come un ottimo materiale per le sue virtù meccaniche di elevata elasticità, per le proprietà battericide e il comfort ergonomico. Assorbe in maniera efficace i movimenti del corpo, favorendo buone condizioni di riposo anche a chi si muove molto nel sonno e rischia di risvegliarsi per la cattiva risposta del materasso. Si adatta perfettamente alla forma del corpo, difende dalla proliferazione di acari, muffe e batteri, e ha qualità antistatiche.
Come svantaggio rispetto alle altre
soluzioni, c’è il fatto che a causa della sua alta densità è un po’ più pesante e tende a surriscaldarsi: essendo costituito da un blocco intero di gomma, il materasso in lattice può avere difficoltà a eliminare il calore e l’umidità dispersa durante il sonno. Per consentire una corretta aerazione e favorire la dispersione di calore è preferibile abbinare i materassi in schiuma di lattice, come del resto quelli sintetici, a supporti a doghe piccole con una distanza massima di 5-6 cm per evitare spiacevoli avvallamenti. Bisogna infine ricordare che il lattice di gomma naturale contiene proteine che possono causare allergie in alcuni soggetti sensibili.
Schiume sintetiche con qualche rischio
Con poche centinaia di euro oggi si acquistano materassi in schiuma che fanno egregiamente il loro lavoro di sostenere e accogliere il corpo. Si deve riconoscere che oggi esistono anche schiume di qualità molto diverse dalla vecchia gommapiuma. Da alcuni anni, per la produzione di materassi poliuretanici, non si utilizzano più gli idrofluorocarburi come agenti di espansione, ma si fanno schiumature ad acqua con l’aiuto di agenti chimici diversi, ricavando schiume cosiddette ad alta resilienza o a celle aperte. Altri processi produttivi introducono dei polioli di origine vegetale, ricavati cioè da semi di soia, colza, ricino o altre piante oleose.
Tuttavia non si può nascondere come la larga diffusione delle schiume poliuretaniche, di origine petrolifera, abbia permesso la proliferazione nel mercato di materassi zeppi di sostanze inquinanti, a cui esponiamo senza troppe cautele anche i nostri bambini.
Schiume di bassa qualità potrebbero contenere degli ftalati, utilizzati come ammorbidenti addirittura nella fabbricazione di materassini e nelle culle per neonati, che vengono trattati con PVC per favorire l’impermeabilizzazione. Altre schiume sintetiche sono trattate con ritardanti di fiamma come l’antimonio, che può essere irritante per la pelle e le mucose. E dobbiamo fare i conti anche con i composti organici volatili, che possono portare irritazioni respiratorie e altri problemi di salute.
La lista di pericoli chimici si conclude con la fodera, tra le cui fibre si annidano regolarmente degli sbiancanti ottici, per abbagliare il consumatore finale con il richiamo alla purezza e al candore.
Fatte queste considerazioni si capisce che l’acquisto non deve essere fatto tanto alla leggera, e bisogna considerare anche altri aspetti oltre al comfort. Per fare sonni più tranquilli si raccomanda dunque di leggere bene le schede dei prodotti o di privilegiare
certificazioni e marchi di garanzia, che fissano delle soglie precise sulle emissioni di gas tossici.
Il sistema letto
Su una cosa non dovete farvi ingannare dal rivenditore: è vero, il materasso ura circa dieci anni, ma la base può durare molto di più, soprattutto se è costruita con materiali di qualità. A difesa dei commercianti, diremo che sul mercato esistono delle soluzioni combinate che prevedono la perfetta integrazione di sistema tra materasso e struttura portante, ma ciò non toglie che quest’ultima possa accogliere anche diverse tipologie di materasso, sempre che l’abbinamento riesca a lavorare in sinergia per garantirci sonni migliori.
In linea di massima, i tradizionali materassi a molle si sposano meglio con i supporti a doghe larghe con distanze abbondanti le une dalle altre, mentre per i materassi realizzati in lattice o spugna è preferibile scegliere un sistema a più doghe non troppo distanziate tra loro. Un primo criterio di scelta può essere fatto in base ai materiali. E qua ci sentiamo vivamente di consigliare il legno nazionale proveniente da foreste certificate, preferibilmente non verniciato o trattato con impregnanti naturali.
Sarà bene rinunciare alla vecchia rete metallica a molle, che ha scarsa capacità di tenuta nel tempo, produce fastidiosi cigolii e ha la particolare capacità di captare tutte le onde elettromagnetiche presenti. Nella maggior parte dei casi oggi la soluzione delle doghe sembra quasi inevitabile, ciò nondimeno si deve considerare che esistono grosse differenze di qualità e tipologia. Le doghe, incollate o incastrate nella struttura, sono solitamente in legno flessibile, di betulla o frassino, meglio ancora di faggio, materiale che offre la certezza di una maggiore resistenza e durata nel tempo. Esistono però anche dei listoni più spessi di massello, con i sistemi letto a piano rigido, che presentano solamente delle fessure di aerazione e affidano al materasso tutte le funzioni ergonomiche del caso. Questa risulta essere una scelta privilegiata da chi opta per soluzioni di design cologico, di stile orientale, con prodotti che riducono al minimo l’uso di colle o vernici.
Tutto ciò che abbiamo detto sul materasso può essere esteso anche al sistema di sostegno: chi pesa di più ha bisogno di un sistema letto più rigido, mentre le persone leggere dovrebbero optare invece per soluzioni più morbide. Per quanto riguarda la base, tutto dipende dal numero delle doghe, la distanza a cui sono poste l’una dall’altra e il materiale con cui sono realizzate. Più le doghe sono larghe, tanto più rigido sarà il sostegno dato al materasso. Le doghe semirigide, più piccole e flessibili, sono particolarmente indicate per lattice e schiume sintetiche, che vi si adattano meglio rispetto ai materassi a molle. In questo caso tuttavia, come abbiamo già specificato, la distanza tra le doghe non dovrà essere troppo grande, perché potrebbe creare degli avvallamenti sulla superficie del materasso.
La possibilità di regolare la risposta delle doghe al peso permette di adattare il letto alla colonna vertebrale, ad esempio lasciando sprofondare la spalla più del busto quando si dorme sul fianco. Consideriamo che se su questo tipo di supporto «morbido» si adagia un materasso particolarmente alto o rigido, il possibile vantaggio viene di fatto annullato. Nel caso di materassi sottili, al contrario, la rete dovrà esercitare a pieno la sua funzione ed è consigliabile una disposizione più stretta e numerosa delle doghe.
Rimane fondamentale la scelta del telaio portante, che può essere realizzato in metallo, in legno o con altri materiali. Se in campo scientifico si discute ancora se le molle dei materassi possano o no generare campi elettromagnetici, non bisogna trascurare l’evidente rischio generato dal telaio o da una rete di appoggio di metallo. Per quanto concerne l’assemblaggio, esistono dei modelli di letto che sfruttano l’incastro, evitando ogni componente metallica.
Per ricevere ogni mese la rivista Terra Nuova comodamente a casa propria basta ABBONARSI: visita
www.terranuovalibri.it alla voce
ABBONAMENTI e scegli l’opzione di abbonamento che preferisci.