Un’inchiesta sul numero di Maggio svela luci e ombre di Slow Food, spesso criticata per le sue relazioni pericolose e i legami con realtà e multinazionali poco etiche.
Slow Food: le relazioni pericolose
E’ etico che un’associazione nata per tutelare la biodiversità, la cultura del cibo e i piccoli agricoltori intrattenga rapporti con realtà e multinazionali in contraddizione con i suoi principi fondanti?
Le critiche su scelte e partner giungono da più parti, per questo abbiamo sentiro Roberto Burdese, presidente per l’Italia dell’associazione fondata da Carlo Petrini.
Promozione e salvaguardia della biodiversità alimentare; sviluppo di forme di agricoltura ecocompatibili; valorizzazione delle produzioni locali e tipiche; sviluppo delle relazioni fra le comunità del cibo; riduzione della filiera…
Chi mai potrebbe essere contrario a questi obiettivi? E sono proprio questi alcuni degli obiettivi che Slow Food, fin dalla sua nascita, si è data.
Chi, ormai, non conosce Slow Food? È l’associazione del mangiar bene, mangiar lento e di qualità; un ente non-profit che negli anni si è impegnato anche a sostegno dei piccoli agricoltori e che conta decine di migliaia di soci in 150 paesi.
Difficile, a memoria, trovare un’altra realtà che abbia riscosso più successo. Ma ci sono degli «eppure», dei «però», delle obiezioni e finanche critiche, che piano piano, nel tempo, sono saliti dalla base, dall’esterno e dagli ambienti che hanno fatto della sostenibilità, della biodiversità e del biologico il loro stile di vita e di pensiero.
Socialità o centralizzazione?
La gestione sociale di un gruppo, di un’associazione, di un modo di vivere e pensare è qualcosa che costa fatica e ha bisogno di umiltà e di pazienza. A Slow Food, c’è chi nel tempo ha rimproverato di aver perduto per strada quelli che erano i principi ispiratori della prima ora, per passare a un’altra modalità più centralizzatrice, dove la base conta meno e dove, malgrado le cariche di vertice passino di nome, il leader mondiale resta indiscutibilmente Carlo Petrini, nelle cui mani stanno ancora le redini di quello che è divenuto ormai un piccolo «impero», corteggiatissimo e sponsorizzatissimo.
Benché l’associazione le respinga con forza, sono queste le obiezioni che si sono levate nel tempo da ex tesserati, operatori del settore e agricoltori, che hanno criticato anche la tendenza dell’ex Arcigola a diventare, paradossalmente, sempre più elitaria. Petrini ha contatti con le famiglie reali, con personaggi potenti, si pone con grande carisma in qualità di opinion leader. E, va detto, questo è accolto, a torto o a ragione, con una certa diffidenza e viene forse mal digerito dagli ambienti «di base» che si sono «sporcati le mani» con la terra in questi anni per portare all’attenzione diffusa il problema della biodiversità e la scelta dell’agricoltura biologica.
A respingere le accuse è Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia.
«Non siamo più l’associazione da cui si è partiti ventisette anni fa» ci spiega. «Ci siamo evoluti e siamo profondamente cambiati. Ovvio, la sede centrale è fondamentale, ma oggi è proprio la base la più importante e mai come in questo periodo si tocca con mano una grande vicinanza con i produttori e un sempre minore centralismo.
Qualche numero può rendere l’idea: dei 51 consiglieri nazionali che costituiscono il massimo organo dirigente di Slow Food Italia, 42 sono eletti direttamente dai Congressi regionali, dando così voce alla rete che tutti i giorni lavora in prima persona per portare avanti i progetti sul territorio, e la situazione si riflette nella dimensione internazionale dell’associazione. Allo stesso modo le decisioni più importanti sono assunte dalle sezioni regionali. La sede centrale svolge sempre più una funzione di servizio. A livello mondiale, poi, Slow Food coinvolge volontari e sostenitori in 150 paesi con le 1500 Condotte e una rete di 2000 comunità del cibo. E non dimentichiamo che a Terra Madre abbiamo avuto certamente l’onore di ospitare il principe Carlo d’Inghilterra e altre personalità, ma anche e soprattutto 5000 contadini, pastori, pescatori, artigiani da ogni parte del mondo».
Sempre nell’articolo:
– La struttura, gli scopi e i principi di Slow Food
– Coltivare la coerenza
– L’Università di Scienze Gastronomiche di Slow Food
– Un occhio ai bilanci
– Gli sponsor e supporter di Slow Food
– Il biologico e il Km 0
– Superare le criticità
La versione completa dell’articolo “
Slow Food: le relazioni pericolose” è disponibile nel numero cartaceo della rivista
Terra Nuova Maggio 2013, anche come
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