L’editoriale pubblicato sul numero di Maggio 2013 si apre con un dato positivo: a fine 2012 il 28,2% dei consumi elettrici italiani è stato coperto dalle rinnovabili.
La lezione delle rinnovabili
Visti i tempi bui, vogliamo aprire questo numero con una buona notizia per il Pianeta e le nostre tasche: a fine 2012 il 28,2% dei consumi elettrici italiani è stato coperto dalle rinnovabili. In pochi anni, nonostante le pressioni della lobby del petrolio e del nucleare, l’energia pulita (solare, eolico, idroelettrico, geotermico, biomasse) è diventata una realtà diffusa, con impianti presenti oramai nel 98% dei consumi italiani, 2400 dei quali producono più energia elettrica di quanta ne consumano.
In soli sei anni, il numero degli impianti è passato da 356 a 7986, una vera e propria rivoluzione che vede il nostro paese al primo posto in Europa per il fotovoltaico, al terzo per l’eolico e al quarto per il solare termico.
Un risultato ancora più evidente perchè realizzato in completa assenza di una seria politica energetica (l’ultimo piano energetico nazionale risale al lontano 1987).
Quanto petrolio, quanta Co2, quanto denaro e, soprattutto quanto ambiente e quanta “salute” su sarebbero potuti risparmiare se la rivoluzione delle rinnovabili fosse stata governata anzichè lasciata a se stessa o peggio ancora ostaggiata dal ceto politico?
La questione delle energie rinnovabili è forse il caso più eclatante, ma non l’unico, della diffusa dipendenza dagli oligopoli o, se si vuole essere benevoli, della scarsa fantasia della nostra classe politica. Limitando l’orizzonte ai settori a noi più cari, si potrebbero dire le stesse cose per il biologico, per la bioedilizia e ancora di più per le medicine non convenzionali, il cui riconoscimento è tutt’ora ostaggio della lobby farmaceutica.
Non si tratta solo di miopia politica.
L’incapacità di gran parte della classe dirigente di “governare” con lungimiranza si traduce alla lunga in costi economici, sociali e ambientali a carico della collettività. Ancora una volta: quanti posti di lavoro si sarebbero potuti creare in più e quanto denaro, quanti pesticidi e farmaci di sintesi si sarebbero potuti risparmiare se queste istanze fossero state opportunamente sostenute e indirizzate come in altri paesi?
Sprechi e malversazioni sono di certo da condannare, ma se vogliamo costruire un paese nuovo e una nuova classe politica, non basta ridurre l’età, gli stipendi e i privilegi di onorevoli e assessori, bisogna instaurare efficaci meccanismi di partecipazione, rappresentanza e trasparenza.
Solo così sarà possibile trasformare quella che si sta profilando come una decrescita assai infelice e molto selvaggia in un’occasione preziosa per rivedere i consumi e orientarli in direzione della sostenibilità e della solidarietà.
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Il sommario della rivista Terra Nuova Maggio 2013: