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Scuole libere sì, ma che restino pubbliche!

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La lettera dell’abbonato al mensile Terra Nuova, Gabriele Recchia, dal titolo “Scuole libere sì, ma che restino pubbliche“.
Salve,
sono un neo abbonato a Terra Nuova (da qualche mese) e sono ben contento di trovare nel mensile Terra Nuova di marzo 2013 (pag. 11) un bell’articolo sulla scuola dal titolo ” A scuola di libertà“.
Sono un maestro «precario» di scuola primaria e per questo anno scolastico ho avuto la fortuna di poter insegnare in una sezione ospedaliera presso l’ospedale Santa Chiara di Pisa.
Sono contento che questa rivista ospiti riflessioni su un argomento così «complesso». Negli ultimi anni la scuola italiana, in particolare quella primaria, è stata oggetto di un’operazione di restaurazione dettata per lo più da esigenze economiche (vedi l’introduzione del «maestro unico») che hanno spazzato via, nel giro di pochissimo tempo, anni di ricerca basati sui concetti di programmazione/progettazione e sulla collegialità delle scelte che avevano lo scopo di porre al centro del processo di formazione l’alunno nella sua specificità.
I provvedimenti legislativi degli ultimi anni (diminuzione dell’orario settimanale, eliminazione delle compresenze ed aumento del numero di bambini per classe) hanno delineato sempre più marcatamente il profilo di una scuola statale volta a creare cittadini- sudditi e consumatori piuttosto che menti libere e consapevoli.
Basti pensare all’istituzione dell’organismo di valutazione nazionale (Invalsi), che attraverso dei test standardizzati pretende di poter misurare non si sa neppure che cosa, dal momento che è estremamente complicato definire il «prodotto» dell’istruzione.
Quanto si legge nell’articolo è estremamente interessante, come estremamente interessanti sono i modelli didattici presentati. Tuttavia vorrei porre l’attenzione sulla necessità, a mio parere fondamentale, per lo sviluppo democratico del paese, di mantenere il carattere statale della scuola.
L’auspicio, e al momento stesso la battaglia che dobbiamo sobbarcarci, non è di inseguire dei singoli modelli di scuola privata, bensì di creare una scuola pubblica e statale che metta veramente il bambino al centro e che prenda in seria considerazione le riflessioni sviluppate in questi contesti privilegiati.
Il dato relativo alla scelta delle famiglie di iscrivere sempre più i loro figli alle scuole private è da una parte comprensibile, visto lo stato di decadenza anche fisico della scuola statale, dall’altro alquanto inquietante e pericoloso, dal momento che così facendo viene a cadere uno dei pilastri di una società realmente democratica quale è la garanzia di una formazione di qualità per tutti. La ricerca pedagogico-didattica e i recenti processi di riforma hanno fornito alla scuola statale degli ottimi strumenti per realizzare modelli avanzati di formazione dell’individuo e del cittadino, ma mancano le risorse economiche per mettere tutto ciò in pratica. L’erogazione o meno di finanziamenti all’istruzione pubblica è direttamente collegata con lo sviluppo della democrazia e con il tipo di società che si intente creare per il futuro (cittadini liberi e pensanti o sudditi flessibili e consumatori?).
Per concludere, ottimo l’articolo «A scuola di libertà», ma che questa scuola resti statale.
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