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Se l’acqua ci sfugge di mano

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Qual è lo stato di salute del movimento per l’acqua in Italia? Come sta agendo il governo? A queste e ad altre domande risponde Emilio Molinari, presidente del Comitato Italiano del Contratto Mondiale dell’Acqua.
L’acqua è uno dei beni naturali fondamentali e base della vita. Non può essere sostituita da altre sostanze, non si può evitare né posticiparne il consumo; non esistono alternative, di conseguenza non avendo le caratteristiche di una «merce» non può essere considerata tale. La coscienza sempre più diffusa che il diritto all’acqua sia sostanzialmente un aspetto del diritto alla vita è la base del crescente rifiuto di delegare a privati il controllo di uno degli «esercizi materiali» di questo diritto. Associazioni, comitati, parti di istituzioni, lavoratori e cittadini in questi anni si sono organizzati e in molti paesi e regioni del mondo lottano quotidianamente per difenderlo ed affermarlo, a fronte di una logica mercantile che vede nel controllo delle risorse idriche la certezza del profitto. Nel nostro Paese, grandi speranze aveva dato nel 2005 l’elezione di Riccardo Petrella a presidente dell’Acquedotto pugliese, con il preciso mandato di partecipare alla ripubblicizzazione dell’acqua. Lo scorso dicembre, tuttavia, è arrivata la notizia delle sue dimissioni: nella sua lettera aperta, Petrella spiega che l’unica conquista in 18 mesi d’incarico è che nei documenti ufficiali dell’Acquedotto pugliese non si parli più di clienti ma di cittadini, perlomeno di utenti. «La gestione dell’Acquedotto resta orientata da una cultura autoritaria e da pratiche tecnocratiche che non hanno trovato nella Regione alcuna reale opposizione» si legge nella lettera. In generale, Petrella si dice allarmato per la situazione italiana e conclude dicendo che «se questa gestione mercantile dell’acqua non è abbandonata al più presto possibile, ho paura che la guerra dell’acqua scoppierà in Italia». Per capire meglio qual è la situazione attuale della ripubblicizzazione dell’acqua nel nostro Paese, pubblichiamo un’intervista ad Emilio Molinari, presidente del Comitato Italiano del Contratto Mondiale dell’Acqua.
Signor Molinari, come sta agendo il Governo nella questione della ripubblicizzazione dell’acqua?
Il programma dell’Unione, che prevedeva innanzitutto che l’acqua rimanesse pubblica sia nella proprietà che nella gestione, si sta delineando molto faticosamente dal momento che lo scontro interno al parlamento e dello stesso centro-sinistra è molto duro. Adesso, pur nel contesto di un giudizio negativo sul disegno di legge Ranzillotta-Bersani su tutta la vicenda delle liberalizzazioni, il fatto che si riconosca la specificità della natura dell’acqua e la sua estrema importanza, il suo significato evocativo, quasi sacrale, è il primo passo per poterla sottrarre alla mercificazione. C’è stata poi la questione del ricorso alle gare, che dovevano scadere il 31 dicembre del 2006 e invece sono state prorogate di un anno. Terzo elemento, l’affondo pesante della Regione Lombardia che ha fatto una legge che rende obbligatorio a tutti i comuni e a tutti gli ambiti territoriali di privatizzare l’acqua al 100%; un provvedimento regionale che è stato impugnato dal consiglio dei ministri.
Ci sono molte differenze da una regione all’altra…
In alcune regioni come il Molise, l’acqua è stata dichiarata bene comune ed è quindi stata sottratta alla mercificazione: questo sicuramente è un passo avanti. Poi però abbiamo l’eredità delle regioni come la Toscana, l’Emilia e la Liguria che sono governate dal centro sinistra da parecchio tempo e che sono state le prime a privatizzare la quasi totalità dei servizi idrici. Esiste un accenno di contraddizione in Toscana, dove abbiamo una legge regionale di iniziativa popolare fatta dal movimento – sono state raccolte 43.000 firme – che si è inserita nel dibattito consiliare: ad Arezzo si preannuncia un dibattito acceso e abbiamo ancora un atto, nell’ambito territoriale di Lucca, in cui le scelte stanno per farsi proprio in questo periodo. Noi pensiamo di partire rapidamente con questa legge di iniziativa popolare, che prevede la raccolta di firme. Il nostro interlocutore è la società civile in tutte le sue forme: lo chiedo alle organizzazioni sindacali, ai partiti, ai sindaci, ai consiglieri comunali, agli amministratori, alle imprese pubbliche che gestiscono l’acqua, alle parrocchie; lo chiedo in termini non strumentali, dal momento che è urgente aprire una riflessione su cosa sia l’acqua, questo «dono di Dio», e di come il fatto che possa essere quotato in borsa sia qualcosa di blasfemo. Abbiamo bisogno di un provvedimento immediato che blocchi le singole situazioni che portano avanti un processo di privatizzazione, perché in questo interregno che si crea tra il produrre una legislazione nazionale e il fatto che le regioni hanno facoltà di legiferare in materia, ci si potrebbe trovare davanti a fatti compiuti. In questo caso, il valore in sé della scelta governativa o del parlamento o della legge di iniziativa popolare verrebbe vanificato.
Qual è lo stato di salute del movimento per l’acqua in Italia?
Direi estremamente vitale, sia nel numero dei partecipanti che nelle singole realtà. Naturalmente nel contesto di una situazione mondiale italiana che trova molte difficoltà lungo il percorso. Un fatto importante è che si sia prodotto un manufatto legislativo che proviene dai movimenti, con la collaborazione di tecnici ad alto livello, che è capace di «conquistare» per i principi che solleva e che fissa.
Note
Intervista a cura di Metamorfosi, un’agenzia di comunicazione impegnata nella costruzione di un modello di sviluppo equo e responsabile. Per maggiori informazioni si faccia riferimento al sito internet www.metamorfosi.info – Contatti: via Barellai 44, 50137 Firenze, tel 055 601790, info@metamorfosi.info
a cura di Nicholas Bawtree

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