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Cambiare il pensiero per salvare il pianeta

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L’opinione di un nostro lettore sulla fine infausta cui è destinata la Terra se non cerchiamo in ogni modo possibile di cambiare la rotta che adesso è impostata sull’ “autodistruzione”
Cara redazione di Terra Nuova,
mi rivolgo a voi chiedendovi di pubblicare delle riflessioni di un essere umano come tanti che popolano il nostro Pianeta. Vorrei cercare di riportare l’attenzione su dei problemi fondamentali che riguardano la nostra esistenza e con i quali ci dovremo per forza confrontare dato che siamo parte dello stesso mondo e della stessa vita.
Tutte le persone che si occupano di ecologia, di energie rinnovabili e di tutte quelle tecnologie cosiddette “verdi”, dovrebbero a mio avviso ricordarsi sempre alcuni punti fondamentali che, se non considerati, renderanno vani tutti gli sforzi per trasformare la nostra esistenza da consumatori di risorse del pianeta, a esseri viventi sulla terra consapevoli dei propri limiti. Èdi fondamentale importanza capire i meccanismi che ci spingono oggi a continuare a distruggere la natura. Senza analizzare le cause che sottostanno al nostro agire non potremo pensare di riuscire a cambiare rotta. Ormai in moltissime persone è aumentata la percezione del fatto che la strada che abbiamo imboccato, il nostro stile di vita e il modo in cui utilizziamo le risorse del pianeta, non può ovviamente andare avanti per molto. C’è la chiara esigenza di cambiare radicalmente strada al più presto. Quali sono però i grandi errori che si riscontrano ancora nel nostro modo di pensare? Innanzitutto dobbiamo partire dai fondamentali. C’è il rischio che si commetta nuovamente l’errore di considerare le tecnologie che funzionano non tenendo conto delle regole della nostra terra (anche quelle oggi considerate “verdi”) come le soluzioni che potranno salvarci da un probabile disastro, se continueremo sulla via che abbiamo imboccato. Per prima cosa dobbiamo sapere che viviamo sulla Terra. Sembra un’affermazione tanto semplice quanto sciocca ma, se tutti riuscissero a capirla veramente, si renderebbero conto che avrebbe delle ripercussioni gigantesche sul nostro modo di vivere e di pensare quello che facciamo. Se teniamo a mente che viviamo su un pianeta che vive seguendo delle precise regole, capiremmo anche che, quando agiamo al di fuori di quel codice non scritto che assoggetta il funzionamento di tutta la nostra esistenza, stiamo indirettamente preparando la nostra fine. Se ricorderemo che ogni nostra attività ha ripercussioni sull’ambiente e sugli altri allora saremo sul giusto cammino per tentare di sfuggire a un destino altrimenti davvero preoccupante. Come qualcuno ha saggiamente scritto: “Tutto è collegato”. Soprattutto oggi dobbiamo tenere presente che quello che facciamo ha conseguenze che si ripercuotono su tutto il mondo e per questo dobbiamo utilizzare strumenti poveri che interagiscano nel nostro piccolo. Il famoso sociologo Zygmunt Bauman nel suo “Il progresso è finito, al futuro serve l’eco-scienza”, sottolinea che «L’idea di ri-produrre la Natura allo scopo di costringerla a servire meglio le comodità degli uomini (idea audace, insolente, presuntuosa e per molti blasfema) è nata assieme alla modernità. La svolta moderna nella storia umana è stata equivalente, nella sua essenza, a un progetto di ricambio manageriale, ossia l’intenzione di assumere la Natura, creata da Dio benché lasciata dopo la Creazione alle sue proprie vicende, sotto la gestione degli uomini, per assoggettarne l’attività al controllo, alla progettazione e alla programmazione da parte degli uomini». Ecco quindi che dovremmo ricordarci che non siamo noi ad avere il controllo del mondo ma in realtà siamo parte della stessa esistenza. Per questo credo che oggi serva una reale presa di coscienza del fatto che non saranno le tecnologie da noi create a salvarci da uno scenario futuro poco confortante. Qual è a questo punto il tassello mancante che dovrebbe guidarci e che purtroppo nessuno sembra aver sottolineato abbastanza come uno dei punti cruciali del nostro vivere? Dovremmo aver impresso dentro di noi che, quando agiamo al di fuori delle regole del luogo che ci ospita, come è stato appena ricordato, ci mettiamo nella condizione di essere di fronte a delle conseguenze infinite ed enormemente complesse che non siamo in grado di controllare. La complessità che creiamo nel mondo quando mettiamo in campo tecnologie che non provengono dal normale ciclo di vita del nostro pianeta, è totalmente al di fuori del nostro controllo. Solo la natura del pianeta può essere per noi l’unico riparo dal continuare a creare ulteriori disastri. Quando utilizziamo strumenti che non fanno parte del normale ciclo di vita del pianeta ecco che non facciamo altro che alimentare questo meccanismo che non siamo assolutamente in grado di controllare e che ci condanna all’annientamento. Ogni essere vivente dovrebbe essere consapevole che nessuno è in grado di gestire realmente la complessità del nostro mondo e di tutti i suoi meccanismi. Gli animali e la natura ci insegnano queste regole ogni giorno, basta osservarli. Abbiamo ancora alcuni popoli tribali che ci possono insegnare come si può vivere in questo mondo senza distruggerlo mentre noi, popoli “occidentalizzati”, continuiamo invece a utilizzare gli stessi meccanismi e gli stessi mezzi che hanno fatto in modo di portarci dove siamo oggi. Quando ci buttiamo a capofitto in attività che non tengono conto delle conseguenze sulla terra, ecco che immediatamente allarghiamo il nostro raggio di azione ma senza minimamente sapere quello che accadrà e, soprattutto, senza essere minimamente in grado di prevederne i possibili effetti. Questo è uno dei meccanismi che collegano tutto e che è fondamentale per capire la realtà che stiamo vivendo.
Anche uno dei più famosi scienziati come Albert Einstein, ricordava che: «La sottile ricerca e l’attento lavoro scientifico hanno spesso avuto delle tragiche conseguenze per l’umanità, poiché hanno, sì, prodotto, da un lato, invenzioni che hanno liberato l’uomo dalla fatica fisica estenuante, rendendone la vita più facile e più ricca; ma, d’altra parte, hanno introdotto una grave inquietudine, lo hanno reso schiavo del suo mondo tecnologico e, cosa più catastrofica ancora, hanno creato i mezzi per la sua stessa distruzione in massa. In verità, una tragedia spaventosa!». Oggi invece, è ancora fortissima la fede nella tecnologia come mezzo per salvarci da un futuro pieno di previsioni che fanno davvero paura.
Dopo queste premesse cosa abbiamo capito? Che viviamo in un pianeta che ha delle regole ben precise; se non le seguiamo ci troviamo di fronte a un meccanismo infernale, da noi stessi creato, che sfugge al nostro controllo e che mette in azione delle conseguenze che non sappiamo gestire nel loro insieme. Se abbiamo compreso questi concetti ci troveremo a ripensare totalmente il sistema di vita virtuale che abbiamo messo in piedi, soprattutto in questi ultimi duecento anni di cosiddetto “sviluppo”. Non rendersi conto dei propri limiti e agire al di fuori delle regole della terra è la molla che ci ha spinto dove siamo ora. Potremo capire che, un modo di vivere virtuale che non segue le regole del luogo che ci ospita, non potrà per forza riuscire a mantenersi in piedi a lungo e prima o poi sarà destinato al collasso con conseguenze gravissime. Noi esseri umani siamo fatti per occuparci di poche cose, siamo limitati, siamo in grado di interagire direttamente con poche persone, siamo progettati per vivere in piccole comunità e per avere sotto il nostro raggio d’azione poche realtà. Tutto il contrario di quello che oggi sta invece avvenendo. Sono le caratteristiche naturali della terra e di noi esseri umani che ci suggeriscono prepotentemente che ci siamo messi su un binario morto. Ecco allora che dopo aver capito dei concetti semplicissimi come quelli sopra riportati, sapremo che anche i nostri governanti non sono in grado di gestire un pianeta nella sua interezza ma piuttosto, sono inconsapevoli delle conseguenze delle loro decisioni, soprattutto in un sistema di vita che abbiamo costruito che permette di propagare presto gli effetti delle nostre scelte al resto del globo (anche se solo transitoriamente, questo potrebbe essere uno strumento da giocare a nostro vantaggio).
Tutto quello che è al di fuori di queste leggi a cui nessuno può sottrarsi non fa altro che spingere l’acceleratore verso la fine. Non si tratta di tornare indietro, la questione è molto diversa perché oggi abbiamo l’esperienza passata che ci ha fatto capire che siamo progettati per occuparci di poche cose che ci sono vicine e non per controllare la vita di un sistema immenso e complesso come la terra: basta guardare a tutti i disastri che abbiamo creato sia con le nostre azioni dirette che con gli effetti indiretti del nostro modo di vivere. Ecco quindi che dovremmo per prima cosa avere l’umiltà di ammettere i nostri limiti, non come possibilità di agire e di creare grandi cose, ma piuttosto come capacità di tenere a bada e di avere consapevolezza delle illimitate conseguenze concatenate le une con le altre degli effetti del nostro operato.
A questo punto tiriamo i fili del discorso: attenzione a pensare che saranno le energie rinnovabili dei pannelli fotovoltaici oppure ogni altro tipo di tecnologia sul risparmio energetico, o l’agricoltura biologica a salvarci dal disastro globale (ovviamente quelli che cito sono solo degli esempi) perché nessuno sarà in grado di coordinare tutte le azioni degli esseri umani per far sì che non distruggiamo totalmente la madre terra. Solo con una nuova consapevolezza e abbandonando tutto quello che ci porta di nuovo nel sistema virtuale che abbiamo costruito, quello che non tiene conto delle nostre gravi limitazioni e delle conseguenze di quello che facciamo, potremo cercare di guardare al futuro con una speranza nuova, non più basata su utopie che la nostra cultura della produzione e della tecnologia hanno creato. Solo tornando a tessere comunità reali e a vivere insieme con la natura potremo trovare veramente il nostro posto nel mondo. La complessità delle conseguenze delle nostre azioni quando agiamo al di fuori delle regole della natura, sono e saranno per noi esseri umani sempre (e per fortuna) inarrivabili.
Elìa Frigo – Un essere vivente sulla terra. – www.insiemeconlaterra.org

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