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I Comuni contro lo spreco di cibo

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Il prossimo 29 settembre verrà siglato un accordo tra 100 amministratori del Nordest per ridurre gli sprechi di cibo, e redistribuire gli alimenti scartati ai cittadini più poveri. Ogni anno sprechiamo 149 kg di cibo a testa
Nord est Spreco zero, questo il nome dell’iniziativa impugnata da 100 amministratori friulani e veneti contro lo spreco di cibo. Gli amministratori si danno appuntamento il 29 settembre alla prima giornata contro lo spreco alimentare, organizzata da Last Minute Market e ospitata da Trieste Next, il salone europeo dell’innovazione e della ricerca scientifica. L’accordo siglato prevede l’impegno nel sostenere tutte le organizzazioni pubbliche e private che recuperano, a livello locale, i prodotti invenduti e scartati lungo la catena agroalimentare per ridistribuirli gratuitamente ai cittadini al di sotto del reddito minimo. L’idea però è anche quella di istituire un osservatorio nazionale per ridurre gli sprechi, traducendo in pratica la risoluzione votata dal Parlamento europeo lo scorso gennaio per dimezzare lo sperpero degli alimenti entro il 2025.
Su scala globale circa un terzo del cibo prodotto viene sprecato lungo la filiera che va dai campi, alla distribuzione fino alle nostre tavole. Secondo i dati diffusi da Last Minute Market, la società nata nove anni fa dall’università di Bologna che si occupa di recuperare cibo e farmaci destinati allo smaltimento, in Italia buttiamo nella spazzatura 149 kg pro capite di cibo. Il sistema del recupero, che viene applicato in oltre 40 città, è a chilometro zero: «Non ci devono essere spostamenti, tutto deve avvenire nel raggio di pochi chilometri, altrimenti il recupero non è più sostenibile» spiega il professor Andrea Segrè: «Non abbiamo né mezzi né magazzini, non siamo noi a ritirare la merce, ma facciamo incontrare chi ha un surplus da smaltire con i consumatori senza potere d’acquisto, le imprese for profit che devono affrontare i costi di smaltimento e gli enti no profit. Il bene recuperato diventa così un bene relazionale. E si dimostra che l’economia può ripararsi da sola».

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