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Sono una carnivora con i sensi di colpa

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“Ebbene sì, sono carnivora, carnivora con dei sensi di colpa. Sono nata in un contesto in cui la parola vegetariano era un concetto lontano”. La lettera di Angela…
Sono cresciuta in campagna dove ho visto mia madre sgozzare galline e scuoiare conigli e d’inverno l’uccisione del maiale era vissuta quasi come una festa, certamente come un rituale, e fin da piccola ho aiutato in casa a tagliare la carne e a insaccare salsicce. Dalla campagna mi sono trasferita in città e ho vissuto per alcuni anni l’ubriacatura causata dall’infinità dei prodotti reperibili dagli scaffali del
supermercato, ho provato piacere nel riempire il carrello all’inverosimile, sfruttando tutti i 3×2 e gli 1+1, nonostante dovessi sfamare solo due persone.
La consapevolezza verso un modello di consumo diverso è venuta a piccoli passi ed è maturata con la nascita del primo figlio. Oggi sono una consumatrice attenta ma, tornando da dove sono partita, nel mio carrello della spesa c’è pure la carne, anche se in realtà la compro rigorosamente bio da internet. Sono molto attratta dalla dieta vegetariana, non dal vegan, ma questo per abitudine e cultura, perché farei fatica a gestire due diverse diete in casa (mio marito non mi seguirebbe) e poi perché… la carne mi piace. Vivo questa mia «condizione» appunto con i sensi di colpa. Così seguo con un certo interesse il confronto sul veganesimo e sono contenta che dell’argomento si cominci a parlare di più anche nelle trasmissioni televisive. Leggendo la vostra rivista mi sono ritrovata molto nella lettera di Roberto e Anna (TN di maggio, pag 87) soprattutto quando sottolineano che la campagna è anche violenta e la vita del contadino non sempre così romantica.
Ma non è la natura stessa violenta, selvaggia e crudele a volte?
Personalmente trovo assolutamente apprezzabile promuovere lo stile vegan, sottolineando le ragioni etiche ed ecologiche che ne sono alla base, ma non mi scompongo quando accogliete articoli che totalmente vegan non sono (vedi articolo sulla pediculosi di giugno 2012 a pag. 70) perché ritengo che la mono-cultura non sia benefica.
Danno qualche fastidio anche a me (come ad Anna e Roberto) i puritani che si scandalizzano se vedono la pubblicità delle scarpe in cuoio… La ricerca della purezza è sana e lodevole, ma la via per raggiungerla è piena di contaminazioni. Accontentiamoci di fare un passo alla volta e tolleriamo anche le nostre contraddizioni. La nostra ambivalenza è anche l’ambivalenza della natura: creatrice e distruttrice, dolce e violenta, bella e orribile…

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