Senza tagli né tasse
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Si tratta dunque di fare i conti con la realtà: quel debito pubblico non lo pagheremo mai. Sarebbe più intelligente stipulare nuovi accordi con i creditori per pagare un po’ meno o un po’ più tardi, banche e fondi stranieri in primis, premurandosi magari di salvaguardare i piccoli risparmiatori. Altrimenti finiamo per essere presi in ostaggio dai detentori dei nostri titoli di Stato.
Secondo gli autori dello studio il debito pubblico italiano ha già una scadenza media piuttosto lunga (circa 7 anni contro i 5,7 della Germania o i 5 degli USA) e in tempi normali saremmo tranquillamente in grado di sopportarne il peso per quanto ingente. Ma quelli che stiamo vivendo sono tempi tutt’altro che normali.
“L’obiettivo è quello di guadagnare tempo permettendo alle riforme di produrre i loro effetti sulla crescita economica. Con lo spauracchio di una decisione unilaterale, i creditori andrebbero spinti ad aderire all’offerta. Un effetto intimidatorio reso più credibile dal fatto che l’Italia si trova oggi, cosa rara in Europa, in una condizione di avanzo primario”.
Le caratteristiche del debito italiano sarebbero particolarmente idonee alla ristrutturazione, con buona pace dei creditori. Nel 96% dei casi i titoli sono infatti regolati da leggi italiane e in caso di eventuali contenziosi (che sarebbero giudicati nei nostri tribunali) alcune clausole legislative renderebbero la posizione dello Stato italiano difficilmente attaccabile. E alla fine secondo lo studio gli effetti sarebbero sostenibili anche per il sistema bancario nazionale, nonostante la grande quantità di titoli in possesso dei nostri istituti.
Fonte: Il Fatto Quotidiano 9/7/2012