La pubblicità di per sé la trovo corretta. Gli allevamenti industriali sono dei veri e propri lager e il consumo di latticini e non solo quello della carne, ci rendono in una certa misura responsabili della loro esistenza. Sono d’accordo con Roberto quando dice che negli allevamenti “biologici” gli animali sono trattati un po’ meglio e soffrono di meno, ma è anche vero che si tratta, comunque, di fare affari o anche semplicemente mantenersi, sulla pelle degli altri: la destinazione finale di questi animali è sempre il macello. E questo non è molto “biologico”: “bio” vuol dire vita, e come può essere “bio” un cibo proveniente dallo sfruttamento, dalla sofferenza e infine dall’uccisione di esseri viventi sensibili e così simili a noi?
Detto questo, è anche vero quello che dice Anna: ci sono molti vegani intolleranti, aggressivi e supponenti che con il loro atteggiamento non aiutano molto la causa per cui sentono di “battersi”. Ma questo succede all’essere umano in generale. Quando qualcuno è convinto profondamente di un’ideale, religioso, politico, sociale, animalista ecc., spesso (dico “spesso” non “sempre”) si sente automaticamente dalla parte del giusto e chiunque non sia in linea con il suo ideale viene a ritrovarsi, altrettanto automaticamente, dall’altra parte della barricata: se non un “nemico”, comunque un “diverso da me” e quindi potenzialmente sospettabile e condannabile.
E questo non mi piace. Questo è l’atteggiamento che crea le sette di qualunque natura, genere e fantasia; che crea separazione e violenza, espressa apertamente o anche repressa. E violenza produce altra violenza. La storia ce lo insegna e tanti maestri ce lo hanno insegnato sulla base della loro esperienza.
Non mangio animali da quasi 40 anni. E direi che sono “vegana” da qualche anno, se non fosse che, dopo aver indossato molte etichette e aver vissuto dentro le prigioni che esse ti impongono per buona parte della mia vita, sento il bisogno profondo di vivere al di fuori di esse e delle loro prigioni, per quanto piacevoli o nobili possano apparire.
Ho vissuto sei felici anni, insieme alla mia famiglia, in compagnia di una mucca e una cavalla, morte di vecchiaia sotto le querce secolari dei boschi dove abbiamo la fortuna di vivere, e posso giurare che sono persone come noi, né più e né meno. Ridono, piangono, si divertono, si annoiano, soffrono e gioiscono, proprio come noi.
Tanti dicono: “Non mangerei mai il mio cane” e perché la mucca o la gallina sì?
L’uomo non è un carnivoro e quei quattro canini che abbiamo possono al massimo servirci a masticare vermi, scarafaggi e lumache, come fanno, per necessità, molti popoli “primitivi”, mentre noi ci voltiamo schifati dall’altra parte con la bistecca sanguinante nel piatto.
E nonostante le mie scelte, quando vedo, come mi è capitato di recente, la foto di un bambino sui tre anni, indiano, attaccato alla mammella di una mucca che lo lascia fare tranquilla, capisco che per qualcuno e in certe condizioni speciali (ricordiamoci che la mucca è una delle sette Madri dell’uomo per la cultura indu), un consumo moderato di latticini, nel contesto di una dieta “povera”, di mucche veramente felici e libere, può costituire la sana eccezione alla regola rigida e intransigente, “a ogni cucciolo il suo latte”. E state certi che il latte che succhiava il piccolo indiano è anni-luce diverso da quello che compriamo noi al supermercato.
Non riesco a vedere solo bianco o nero, perché la vita ha molti colori.
Numerosi studi sono stati fatti non solo sull’inutilità, ma sulla dannosità di un’alimentazione basata sulle famigerate proteine animali. Vedi il China study.
Non mi sento migliore di chi mangia gli animali, né mi reputo una “pura”.
Roberto invita a contaminarsi. Ma caro Roberto, dov’è la purezza in questo tipo di non-civiltà in continua decadenza in cui stiamo vivendo? Siamo tutti contaminati, a ogni passo che facciamo, a ogni oggetto che compriamo, anzi meglio “consumiamo”; ma proprio per questo e in accordo ognuno alla propria coscienza, meditiamo sulla nostra vita e le nostre scelte, con la consapevolezza che in realtà niente ci appartiene veramente e usare indiscriminatamente terra, acqua, aria, petrolio e vite altrui, come noi popoli “civili” stiamo facendo da troppo tempo, ha un prezzo altissimo. E in parte stiamo già pagando, ma ancora non sappiamo né quando, né come, ci verrà chiesto di “saldare”.
Nel frattempo svegliamo le nostre coscienze e cerchiamo di vivere, per quello che possiamo, in accordo a principi che trascendano i nostri interessi limitati e miopi. Non cambieremo il mondo, ma forse avremo cambiato un po’ noi stessi. E sarà comunque una grande vittoria.
Maria