Il Popolo Elfico della Valle dei Burroni, sull’appennino pistoiese in Toscana, ha collaborato con gli enti locali per uno «statuto dei luoghi», a tutela del territorio e dei suoi abitanti. Un esempio da imitare.
Abbiamo bisogno della campagna e la campagna ha bisogno di noi, perché la terra va curata, riabitata, vissuta. Questo è diventato un imperativo etico importante della nostra epoca, ma la terra costa e non tutti possono permettersela. Alcuni strumenti giuridici però possono aiutare le comunità a ridefinire nuovi progetti abitativi e di gestione del territorio.
Gli usi civici
Il primo è quello degli «usi civici», un’espressione che sa un po’ di burocratese e di cui pochi conoscono il significato. Tuttavia è utile, oggi più che mai, familiarizzare con il suo significato, se vogliamo contribuire a tutelare il nostro territorio e ritrovare il valore della comunità. L’enciclopedia Treccani definisce gli usi civici come «ogni utilizzazione di beni e servizi da parte di una collettività organizzata e dei suoi componenti (cives)». Si tratta di un diritto sancito con la legge quadro 1766/1927, che dà la possibilità alle comunità di richiedere l’amministrazione separata, istituita con apposite elezioni. In effetti la gestione comunitaria dei terreni, per finalità in genere agro-silvo-pastorali, ebbe particolare diffusione in passato, ma negli anni questo diritto è stato sempre meno esercitato dalle popolazioni locali, vuoi per lo sviluppo della proprietà privata, vuoi per l’eccesso di delega da parte dei cittadini nei processi decisionali riguardanti il dominio collettivo. Nonostante questo oggi esistono numerosi esempi di amministrazioni separate dei beni di uso civico.
L’attuale legge, a cui fanno riferimento le Regioni per la gestione dei beni demaniali, suddivide i territori di uso civico in due classi: una «essenziale», che consiste nell’uso del territorio per il soddisfacimento dei bisogni primari, l’altra «utile», dalla quale è possibile trarre profitto economico in cambio di un corrispettivo canone. In questo contesto s’inserisce l’azione di alcuni ecovillaggi, che nella suddetta legge ritrovano lo spazio per poter esercitare il diritto all’autosussistenza, al di fuori della proprietà privata.
Lo statuto dei luoghi
A completare il quadro si inserisce la sempre maggiore sperimentazione dello statuto dei luoghi (o del territorio) da parte di alcune amministrazioni pubbliche. Questo strumento che ricuce il dialogo tra gli enti territoriali e la cittadinanza poiché le scelte, come prevede la democrazia deliberativa, passano dai cittadini. Lo statuto in questione ha lo scopo di raccogliere le linee guida per la gestione dei beni comuni ad uso della pubblica amministrazione, precedentemente definite dalla popolazione con l’aiuto di professionisti e facilitatori. Questa opportunità è stata colta e sperimentata da due ecovillaggi italiani: i membri di E.V.A. (Eco Villaggio Autocostruito) in Abruzzo, e il Popolo degli Elfi in Toscana. In quest’ultimo caso si tratta di un’esperienza molto particolare, ma nulla vieta che questo percorso possa essere replicato da altri. Vediamone dunque insieme la genesi.
Era il 1980 quando le montagne dell’appennino pistoiese, in Toscana, accolsero il primo nucleo di giovani oggi conosciuto come il Popolo degli Elfi. In opposizione alla deriva consumistica della società contemporanea, i primi «elfi» lasciarono le città per andare ad occupare le case abbandonate nelle zone marginali di montagna nel territorio della Sambuca pistoiese, determinati a vivere in autosufficienza, autoproducendo beni di prima necessità, utilizzando le risorse del bosco e dei terreni incolti e svolgendo lavori saltuari al di fuori della comunità.
Gli immobili privati appartenenti all’ecovillaggio negli anni sono stati ceduti loro a vario titolo dai rispettivi proprietari, mentre i possedimenti demaniali, e in particolare l’area dell’ex azienda agricola di Case Sarti, è stata concessa agli elfi a titolo oneroso mediante la stipulazione di un atto concessorio retroattivo, legittimando la comunità ad usufruire degli immobili fino al 2015. Oggi la comunità è cresciuta, arrivando a contare quasi duecento soggetti, tra residenti fissi e saltuari, e si trova di fronte a due problemi: l’ampliamento degli spazi abitativi e la scadenza della concessione.
Una soluzione partecipata
A seguito della «legalizzazione» nel 1996 della presenza elfica sul territorio, avvalorata dalla costituzione dell’associazione Il Popolo elfico della Valle dei Burroni, è stato possibile aprire un tavolo di confronto fra la pubblica amministrazione e la comunità, che definisse i rapporti per la tutela del territorio e dei suoi abitanti. Nel 2009 Ermanno Baldassarri, dell’ufficio tecnico della Comunità Montana della Sambuca pistoiese, ha condotto un progetto dettagliato, in compartecipazione con gli elfi, sulla loro realtà abitativa. Lo studio descrive tecnicamente lo stato attuale dell’area Casa Sarti, comprendente dodici immobili (tra ruderi, case e abitazioni in legno) e circa novanta ettari circostanti: ne risulta uno scarso approvvigionamento idrico ed emerge lo stato delle strade, definite come «poco più che carrarecce»; risultano inoltre assenti spazi comuni o laboratori attrezzati. Così lo Statuto dei luoghi viene indicato nello studio come mezzo appropriato per ridisegnare il territorio di Case Sarti, una sorta di patto condiviso per trovare soluzioni utili al territorio e alla comunità.
È nata così una forte collaborazione tra elfi, avvocati ed architetti, al fine di trovare un pacifico accordo tra le leggi dello Stato italiano e le leggi non scritte della cultura elfica. Del resto la presenza elfica non può certo essere ignorata. «Il Popolo degli Elfi è una presenza costante da più di trent’anni» racconta Baldassarri. «I bambini nati nei boschi della Sambuca ormai sono grandi e si comincia a porre il problema abitativo per le generazioni future. C’è una crescente realtà di giovani trentenni, che rappresenta circa il 12% della popolazione del comune di Sambuca Pistoiese. Il presidio elfico, inoltre, ha permesso nel corso degli anni il mantenimento del patrimonio agro-silvo-pastorale, edilizio e dei sentieri. E la comunità ha rivestito un importante ruolo nella segnalazione di incendi boschivi».
Abitare i piccoli borghi montani e i caratteristici essiccatoi per le castagne ha evitato il definitivo crollo delle strutture, ma questo non è stato sufficiente per garantirne l’adeguata vivibilità. L’approvazione dello statuto dei luoghi permetterebbe ora all’amministrazione di prendersi cura del territorio e di garantire i servizi fondamentali ai cittadini, semplicemente stilando «una sorta di contratto in cui l’elemento della tutela dei luoghi, del paesaggio e la sostenibilità ambientale degli interventi sono da considerarsi già assolti, o se vogliamo garantiti, dalle attitudini e dalle specificità comportamentali ed etiche degli Elfi».